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5 idee di Benedetto XVI che Francesco applica venendo tacciato di “comunismo”

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AFP / L'Osservatore Romano

Ary Waldir Ramos Díaz - pubblicato il 06/12/19

Anniversario dell'enciclica “Caritas in veritate”, sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità

A dieci anni dalla sua pubblicazione, l’enciclica “Caritas in veritate” di Benedetto XVI è più attuale che mai, ed è fondamentale per il pensiero sociale di Papa Francesco, che cita il suo predecessore in ogni occasione e tuttavia viene criticato da acerrimi nemici e definito “Papa comunista”.

Benedetto XVI ha esortato allo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità, anche denunciando l’immoralità della speculazione finanziaria dopo la crisi del 2008, e ha invitato a una globalizzazione aperta alla trascendenza, al rispetto dei migranti e all’uso delle energie rinnovabili, fondamentali anche nel discorso di Papa Francesco.

Ad esempio, ascoltiamo l’angosciata denuncia di un’“economia che uccide” e che contraddice il vero sviluppo, come Benedetto XVI ha esortato a far sì che la carità sia “la via maestra della dottrina sociale della Chiesa”. Sorprenderà, ma è stato il Papa a proporre una riforma agraria, indicando anche che la sussidiarietà “è l’antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista” e può umanizzare la globalizzazione.

Il Pontefice tedesco esplorava l’azione morale che segue i criteri del bene comune e della giustizia, dicendo che “ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella pólis”.

Dal canto suo, Francesco riceve critiche perché con i suoi messaggi tocca i nervi scoperti della cattiva politica o dell’attività amorale dei Governi europei che vendono armi, perché un pastore, secondo i suoi oppositori, dovrebbe vivere marginalmente alla polis citata da Benedetto XVI e predicare le realtà celesti, senza incidenza concreta.

La “Populorum progressio” di Paolo VI influenzava Ratzinger come influenza Bergoglio, e viene ribadita nella “Caritas in veritate”, che torna sulla “imprescindibile importanza del Vangelo per la costruzione della società secondo libertà e giustizia”.

Per questo, quando Benedetto XVI esortava gli Stati ricchi a “destinare maggiori quote del loro prodotto interno lordo per gli aiuti allo sviluppo” e ad abbandonare il relativismo che condanna il povero ad essere più povero, non si trattava di socialismo, ma di Dottrina Sociale della Chiesa.

È la stessa fonte a cui attinge anche Papa Francesco, e fa sì che le sue parole siano in sintonia con il suo predecessore quando denuncia ad esempio lo sviluppo umano disuguale e che promuove anche il fenomeno perverso del turismo sessuale. “È doloroso constatare – diceva Benedetto XVI – che ciò si svolge spesso con l’avallo dei governi locali”.

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Shutterstock | Goodmorning3am

Energie rinnovabili e sviluppo pensato in funzione della persona

“La fede cristiana si occupa dello sviluppo non contando su privilegi o su posizioni di potere (…), ma solo su Cristo”, spiegava il Papa emerito, osservando che “ le cause del sottosviluppo non sono primariamente di ordine materiale”, ma vanno ritrovate nella “mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli”. Francesco, dal canto suo, prosegue denunciando la “globalizzazione dell’indifferenza”.

Benedetto XVI rifletteva anche sulle problematiche energetiche: “L’accaparramento delle risorse energetiche non rinnovabili da parte di alcuni Stati, gruppi di potere e imprese costituisce, infatti, un grave impedimento per lo sviluppo dei Paesi poveri”; “le società tecnologicamente avanzate possono e devono diminuire il proprio fabbisogno energetico”, e “finanziare la ricerca di fonti nuove e alternative”.

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Alexander Mils/Unsplash | CC0

L’attività finanziaria speculativa

La “Caritas in veritate” espone le mancanze dello sviluppo umano nella nostra epoca cominciando dall’attività finanziaria, a cui per Francesco manca l’“anima”. Il suo predecessore denunciava l’attività finanziaria in buona parte speculativa dicendo che “l’esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare povertà”.

Allo stesso modo, chiedeva la “riforma sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale”, auspicando un’“autorità politica mondiale” che godesse di “potere effettivo”.

Flussi migratori, nuove povertà

Benedetto XVI ha ricordato nella “Caritas in veritate” anche i flussi migratori, “spesso solo provocati e non poi adeguatamente gestiti”, e “lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra”, temi che anche Papa Francesco ha presentato nella sua enciclica “Laudato si’” e nei suoi appelli internazionali alla cura della casa comune e alla fraternità nei confronti degli ultimi.

Si tratta di una connessione di problemi che secondo il Papa emerito richiede “una nuova sintesi umanistica”, verificando che “cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità. Nei Paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà”.

Papa Benedetto affrontava il fenomeno delle migrazioni con la stessa determinazione di Francesco, sostenendo che ogni migrante è “una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione”.

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L’omologazione culturale e la riforma agraria

Papa Francesco denuncia l’omologazione culturale di una globalizzazione che anziché essere un poliedro è una sfera, in cui la ricchezza della diversità dei popoli e delle persone non trova spazio.

In questo senso, Papa Benedetto XVI denunciava il rischio di “un eclettismo culturale assunto spesso spesso acriticamente”, in cui “le culture vengono semplicemente accostate e considerate come sostanzialmente equivalenti e tra loro interscambiabili”. In questo contesto esiste il pericolo costituito “dall’appiattimento culturale e dall’omologazione dei comportamenti e degli stili di vita”. Il Papa rimarcava poi lo scandalo della fame, esortando a realizzare “ un’equa riforma agraria nei Paesi in via di sviluppo”.

Circa la globalizzazione, Benedetto XVI diceva che non dev’essere intesa solo come “un processo socio-economico”, ma bisogna “favorire un orientamento culturale personalista e comunitario, aperto alla trascendenza”, e “correggerne le disfunzioni”.

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Civiltà dell’economia

Benedetto XVI chiede anche il rispetto della vita, che non può essere separata dalle questioni collegate allo sviluppo dei popoli. “L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona”.

Il Papa emerito insisteva sulla fraternità, come il suo successore parla della necessità di riscoprire la gratuità. Il terzo capitolo della Caritas in veritate inizia del resto con un elogio dell’esperienza del dono, non riconosciuta nel mondo materialista ed egoista “a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza”. “Lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità”.

La logica mercantilista dev’essere ordinata al conseguimento del bene comune, che è responsabilità soprattutto della comunità politica. Benedetto XVI citava Giovanni Paolo II nella sua enciclica “Centesimus annus”, che segnalava “la necessità di un sistema a tre soggetti: il mercato, lo Stato e la società civile”.

I Papi abbracciano la Dottrina Sociale della Chiesa ispirata al Vangelo, perché la “bandiera dei poveri”, come ha detto una volta il Papa latinoamericano, non può essere rubata da un’ideologia.

Benedetto XVI sottolineava la necessità di forme di economia solidale e che sia al mercato che alla politica servono persone aperte al dono reciproco. Per questo, Francesco ritiene che la politica sia la forma più alta di carità e non debba piegarsi alla logica del “dio denaro”.

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