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Se il diavolo era un angelo, perché viene rappresentato come un mostro?

DEVIL

Fra Angelico | Public Domain

Daniel R. Esparza - pubblicato il 05/12/19

Un'occhiata ad alcuni aspetti della storia occidentale della nozione della bellezza potrebbe spiegare alcuni degli elementi principali dell'iconografia demoniaca

Fin dall’inizio, il cristianesimo ha ritenuto che sia possibile conoscere Dio, come origine e fine dell’universo, contemplando il movimento, l’ordine e la bellezza nella natura: “Poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità” (Romani 1, 19-20).

Ogni possibile perfezione che si ritrova in una creatura non è altro che un riflesso dell’infinita perfezione di Dio, perché “dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore” (Sapienza 13, 5). È anche vero, però, che Dio trascende ogni creatura, ed è necessario non fondere Dio e il creato, o Dio e qualsiasi rappresentazione che possiamo fare di Lui, visto che le immagini che si riferiscono ai più grandi misteri della fede (siano essi immagini, diagrammi o perfino idee) non riescono a superare l’ordine delle cose sensibili. Dio stesso, hanno sottolineato alcune delle grandi voci della tradizione, sarebbe in qualche modo “il grande iconoclasta”. I modi in cui la divinità viene rappresentata dovrà sempre basarsi su riferimenti a ciò che c’è di più elevato nelle creature, ma a livello solo metaforico, figurativo.

Nel capitolo 46 della sua Prima Apologia, San Giustino (ca. 100-165) spiegava: “Ci è stato insegnato che Cristo è il primogenito di Dio, ed abbiamo già dimostrato che Egli è il Logos di cui fu partecipe tutto il genere umano. E coloro che vissero secondo il Logos sono cristiani, anche se furono giudicati atei, come, tra i Greci, Socrate ed Eraclito ed altri come loro; tra i barbari, Abramo ed Anania ed Azaria e Misaele ed altri molti, l’elenco delle cui opere e dei cui nomi ora tralasciamo, sapendo che è troppo lungo”.

Come molti dei Padri, Giustino favoriva e incoraggiava la comunione del cristianesimo con l’antichità classica. Seguendo questa tradizione, il Medioevo cristiano ha attinto sia alle immagini più nobili ed eroiche ereditate dal suo passato greco-romano che alla ricca diversità del suo mondo mitico, popolato da esseri con corpi eterogenei e zoomorfi. Come ha indicato l’antropologo e storico dell’arte Vladimir Acosta nel suo testo Prodigious Humanity, “quando l’arte medievale attraversa un periodo ‘classico’, cerca le basi di un’armonia […]. Nei periodi in cui questa stabilità viene alterata […], ritroviamo il mostro e la bestia”. È in questa alternanza tra armonia e mostruosità che troviamo una delle fonti da cui derivano le rappresentazioni dell’Inferno e dei demoni, offrendo le immagini di esseri favolosi e deformati compilate nei bestiari, usate come decorazione in sculture, arazzi e minature, e illustrando i margini e le maiuscole dei manoscritti gotici.

La concezione più o meno medievale del mondo come campo di battaglia tra virtù e peccato, che circolava specialmente in monasteri e circoli eremitici e ascetici, ha favorito al comparsa di molte figure appositamente orrende, in grado di sintetizzare il male in immagini. Com’è ben noto, il cristiano lotta costantemente contro gli attacchi del maligno. Nella vita dei santi ascetici come i Padri del Deserto, infatti, i demoni sorgono ovunque, presentandosi non solo come figure animali e mostruose, ma anche come angeli raggianti o splendide donne. Se la bellezza è considerata un attributo positivo, esserne orgogliosi non è coerente con i principi della bellezza spirituale. Dalla lettura del libro del profeta Ezechiele (Ez 28, 11-19) in cui si narra la caduta del principe di Tiro, l’esegesi trova un’immagine di colui che sarebbe stato l’angelo più bello in Paradiso ed è poi diventato il grande caduto:

“Tu eri un modello di perfezione, pieno di sapienza, perfetto in bellezza; in Eden, giardino di Dio, tu eri coperto d’ogni pietra preziosa (…) Eri come un cherubino ad ali spiegate a difesa; io ti posi sul monte santo di Dio (…) Perfetto tu eri nella tua condotta, da quando sei stato creato, finché fu trovata in te l’iniquità. Crescendo i tuoi commerci ti sei riempito di violenza e di peccati; io ti ho scacciato dal monte di Dio e ti ho fatto perire, cherubino protettore, in mezzo alle pietre di fuoco. Il tuo cuore si era inorgoglito per la tua bellezza, la tua saggezza si era corrotta a causa del tuo splendore: ti ho gettato a terra (…) Con la gravità dei tuoi delitti, con la disonestà del tuo commercio hai profanato i tuoi santuari; perciò in mezzo a te ho fatto sprigionare un fuoco per divorarti. Ti ho ridotto in cenere sulla terra sotto gli occhi di quanti ti guardano. Quanti fra i popoli ti hanno conosciuto sono rimasti attoniti per te, sei divenuto oggetto di terrore, finito per sempre”.

Attraverso questa asimmetria, si può delineare facilmente l’iconografia demoniaca. Inizialmente i demoni venivano rappresentati come qualsiasi altro angelo, ma con un colore diverso: verdi, neri o pallidi come se fossero morti. Il modello bizantino del diavolo è quello di una figura piccola, scura, pelosa, agile e derisoria che era già stata usata per rappresentare popoli selvaggi, pagani, mostruosi e leggendari. La distruzione del mostruoso è intesa anche come conseguenza della predicazione cristiana (come nel caso di San Cristoforo, e varie storie apocrife della vita degli apostoli Pietro e Paolo).

L’immagine del male come composto da combinazioni antropomorfe e animali non è solo un’eredità greca. Questo tipo di creature si ritrova anche nelle religioni persiane ed egiziane. Le creature persiane dovrebbero essere l’origine non solo delle bestie a più teste del libro dell’Apocalisse e del drago bizantino, ma anche di alcune delle immagini del libro di Ezechiele (il che ha senso, considerando che il profeta ha vissuto durante il periodo della cattività babilonese). Fu solo in seguito, soprattutto nel IX secolo, che il diavolo assunse forme umane, ma con molti aspetti zoomorfi: mancanza di mani o piedi, sostituiti da zampe e zoccoli. La sua schiena termina con una coda di rettile, sicuramente una traccia dei primi tempi in cui veniva rappresentato come un serpente o un drago. In questo periodo apparve una novità importante e spesso sottovalutata, che ha un interessante e unico insegnamento morale: in genere il diavolo ha tratti mostruosi e deformati, se non animaleschi, ripetuti sul petto, all’inguine e sulla schiena. È un modo particolarmente curioso di implicare che i poteri superiori di quella creatura (della mente, situati simbolicamente nella testa) sono stati messi al servizio di appetiti e impulsi più bassi; l’istmo del collo, che separa il cervello dagli altri organi, è improvvisamente scomparso! Per questo motivo, è anche comune vedere Satana rappresentato come un essere “gastrocefalico”, con un unico volto che occupa tutto il tronco.

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