Nel Medioevo provocò migliaia di morti. Era chiamata anche “male di Sant'Antonio”
Nei documenti medievali viene menzionata la morte di migliaia di persone a causa di quello che veniva descritto come “male del fuoco dell’inferno”. In altri scritti, la stessa condizione è chiamata “fuoco di Sant’Antonio”. Non parliamo della peste nera che seminò la morte nell’Europa del XIV secolo. Di cosa si trattava allora?
Morte e amputazioni
Si tratta di una malattia i cui sintomi terrorizzavano la popolazione nell’XI secolo. Le persone che ne soffrivano subivano convulsioni e vomitavano. Si verificavano delle necrosi soprattutto alle estremità, cosa che portava in breve alla cancrena. L’epilogo era nella maggior parte dei casi mortale, o quantomeno prevedeva l’amputazione di braccia e gambe.

La sostanza responsabile della malattia erano le microtossine, tossine prodotte da funghi parassiti che giungevano alla popolazione attraverso l’ingestione di prodotti contaminati; quasi sempre il problema era la presenza di ergotina nei cereali, soprattutto nella segale.
Avvelenamento
L’ergotina attaccava i campi di segale (e in misura minore il grano e l’orzo), e quel fungo finiva per trasferirsi agli esseri umani con l’ingestione del pane o di animali che si erano nutriti della segale contaminata. Era un avvelenamento, letale in un’epoca in cui era difficile combattere situazioni di quel tipo.
Le persone colpite dal male del “fuoco dell’inferno” avevano forti dolori addominali che le facevano gridare, e questo, unito alle convulsioni e agli spasmi, faceva sembrare che soffrissero i mali del fuoco eterno, da cui il nome.
L’arte aveva già parlato dell’inferno
In Medicina, il “fuoco dell’inferno”, o “fuoco di Sant’Antonio”, è noto come ergotismo.
A causa di questa situazione, la Chiesa corse in aiuto di tante persone malate, assistendo gli infettati e i moribondi.