Raccontare la storia del primo presepe, quello di Greccio, ai nostri bambini, per ricordare l’importanza di quella che non è solo una bella tradizione, ma un gesto carico di senso, che sprigiona la vera essenza del nostro rapporto con Dio.
“…e lo deposero in una mangiatoia”.
Quel primo 25 dicembre furono Maria e Giuseppe a farlo, ad adagiare un Gesù avvolto in fasce in un lettino di fieno. Un gesto che chi ha tenuto almeno una volta in braccio un bimbo così piccolo ricorderà come pieno di cura, attenzione, dolcezza. Niente ci sembra più fragile di quella vita appena nata che abbiamo tra le mani. Niente ci fa sentire così inadeguati e impreparati. Niente suscita così tante domande. Niente è così debole e allo stesso tempo potente come la vita in quel suo inizio.
Francesco aveva capito che quel gesto andava non solo raccontato, ma ripetuto, vissuto, ogni Natale. Perché in quel gesto, c’è nascosto tutto il nostro rapporto con Dio.
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Quel gesto semplice, che facciamo ogni anno, dopo la messa di Mezzanotte della Vigilia, di deporlo nella mangiatoia. Ecco con quanta cura, con quanto stupore e senso di inadeguatezza dovremmo accogliere Dio nel nostro cuore!
In un cuore, dove forse, non riuscirò a farti trovare niente di più che un po’ di paglia pulita, ma dove ti adagio piano, con l’attenzione speciale che si riserva alle cose fragili, con la testa piena di domande e incertezze, con la consapevolezza di non essere degno, di non essere pronto come quei papà e quelle mamme che stringono per la prima volta il loro miracolo.
Ogni Natale, Signore, è per me la prima volta che ti tengo in braccio.
Ogni Natale, le paure, i dubbi, i perché tacciono di fronte allo sguardo di Te bambino, che posso solo contemplare, nella sua infinita bellezza.
Ogni Natale, sperimento la gioia di essere madre o padre del mio Signore, di farlo nascere nel mio cuore e nella mia casa, di trovare per Lui uno spazio che solo io posso dare, di riservargli quelle cure, quelle attenzioni che a volte, nelle giornate piene, non riesco a trovare.
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Francesco aveva capito la potenza di quel gesto semplice, di quanto abbiamo bisogno di vedere, di stringere tra le braccia quella vita che inizia, per arrivare in fondo al mistero del Natale.
Eccolo, il senso del presepe: non una bella storia da raccontare ai nostri bambini, ma un evento da vivere, in cui tutti noi dobbiamo prendere posto, come quei frati e quei cittadini di Greccio venuti alla grotta del Poverello.
Siamo noi, duemila anni dopo, a deporlo nella mangiatoia, a dargli un luogo caldo in una notte gelida, in quel mondo che continua a non accoglierLo.