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Le dure sofferenze fisiche e spirituali a cui fu sottoposta Maria Valtorta

WEB MARIA VALTORTA WRITER ITALY © maria-valtorta.org

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 27/11/19

La mistica fu scambiata per pazza. Ma i suoi scritti, i dolori violenti, e quello che le accadde raccontano una storia diversa

La mistica di origini casertane Maria Valtorta (1897-1961) non ha scritto solo l’ “Autobiografia” e “L’Evangelo come mi è stato rivelato“, ma molte altre opere, per un totale di oltre 13mila pagine.

Tutto questo è riuscito a farlo tra sofferenze indicibili fisiche e spirituali. Ne parla in “Il Cielo in una stanza – Vita di Maria Valtorta” (edizioni Fede e Cultura), l’autore don Ernesto Zucchini.

Maria è un caso unico. Trauma e malattia l’afflissero sin dagli anni del collegio, ma non mollò. Un’aggressione di un delinquente, da giovanissima, le causò lesioni al rene, che non tornò mai a funzionare.

Maria Valtorta
© Public Domain

Il venerdì santo del 1930 segnò un’altra tappa della gravità delle sue malattie. Un attacco di angina pectoris la colse nelle primissime ore dell’agonia di Gesù. «Ho creduto morire proprio», ricordò con enfasi nei suoi scritti. Dovette quasi spogliarsi in chiesa perché il calore la soffocava ed era preda di un sudore freddo. Per Maria tutto questo non era altro che «il regalo di Gesù morente alla piccola vittima».

“Ho sofferto nel fisico…”

Molti si convinsero che Maria non fosse malata, ma solo fissata, ipocondriaca, psicopatica o isterica. Insomma “una matta”, come diceva sua madre. Iniziarono così anni di sofferenze anche sul piano spirituale.

«Ho sofferto nel fisico con uno scatenarsi di mali uno più tremendo dell’altro, e non è ancora finita la serie… – scriveva Maria – Tutti i dolori ho provato nel mio corpo divenuto un compendio di infermità! E, quel che è peggio, questi mali non hanno lasciato immune la parte spirituale, ma l’hanno turbata con uno scatenarsi di sensazioni che per sé sole sono un martirio…».

tomba di maria valtorta
Sailko

La tomba di Maria Valtorta

Per più volte i medici sbagliarono cura, e più volte Maria arrivò ad essere in fin di vita. Proprio in queste occasioni, nonostante il suo passato di infermiera, cominciò a capire il dramma dei malati e delle malattie.

Sempre nel 1930, il primo venerdì di giugno, visse un’ora di terribile agonia e vide profeticamente un frammento di quello che sarebbe successo anche in Italia durante la Seconda Guerra mondiali: “guerre, fame, morti, stragi… e disperazioni a non finire”.

Giovanna D’Arco

Il 18 dicembre 1932 – quasi una premonizione – tenne una conferenza su Santa Giovanna d’Arco. Iniziò a parlare in piedi, ma nonostante sforzi feroci a un certo punto dovette sedersi e poi ebbe una crisi di cuore. La soccorsero e ci mise due ore per riprendersi.

Venne poi il venerdì santo del 1934, il 1° aprile. E in quel giorno ha raccontato d’essere stata «trapassata dall’amore nel contemplare il mio Gesù sulla croce»; «Due giorni dopo quel momento di estasi e dopo quel grido di desiderio che mi squarciò il petto, io fui confitta in Croce».




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“Spine di ogni genere”

Dal 1934, venerdì santo, restò bloccata nel letto di una piccola stanza; fino al 23 aprile 1943 le visite erano ridotte, proprio a causa della sua infermità; successivamente, dopo che anche il Cielo le chiese estrema clausura e in conseguenza della negata visita del vescovo di Lucca (da Caserta, si era trasferita con la famiglia a Viareggio), lei stessa si chiuse ancora di più rispetto all’esterno. Viene da chiedersi che cosa avrebbe potuto mai fare di socialmente rilevante e di politico in queste condizioni.

In quegli anni ebbe dolori gravi delle più varia natura: “Creda, Padre [Migliorini] – confessò al suo direttore spirituale – che soffro tanto […] sono fra le spine di ogni genere, perché il buon Gesù mi svela orizzonti di sangue e fuoco, e Lucifero tenta sconvolgermi prospettandomi che presto resterò sola (senza il Maestro) e che Egli è già stanco di me».




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La lettera a Madre Teresa Maria

La lettera dell’8 aprile 1947 a madre Teresa Maria, la religiosa che le stava accanto, è un grido di gioia: «Dopo avere in nove giorni scritto un quaderno di 408 facciate (!) e aver sofferto la mia passione dal mezzogiorno del venerdì a ieri (per quanto ieri fosse giubilo, ma 1914 anni fa era il Venerdì fatale, e Gesù volle lo commemorassi con Lui) posso oggi prendere in mano la penna e… fare vacanza».

Tra queste sofferenze Maria si spense in un giorno d’ottobre del 1961. Fino all’ultimo i dolori fisici e spirituali la tormentarono. Ma il suo addio da questo mondo fu lieve per un’altra ragione: perché finalmente, dopo tanto tempo, riusciva ad abbracciare il Signore.




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