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Abbiamo il diritto di piangere, ma anche il dovere di scegliere

CRY

Alessandro de Leo|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 21/11/19

Gesù piange. Questo fatto così umano e che associamo alla nostra debolezza ci spiazza e ci apre un nuovo orizzonte: il dolore, l'ingiustizia, la perdita ci danno diritto al pianto, che non sia solo un "piangersi addosso" fine a sé stesso, ma una presa di coscienza per trovare il coraggio e la consapevolezza di andare fino in fondo alla nostra missione.

In quel tempo Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.
Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;
abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

Luca 19,41-44

“Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa”

Se di Gesù ci impressionano i miracoli, la misericordia, i segni, le parole, non può passare sotto silenzio anche il pianto del Vangelo di oggi. Poche volte il Vangelo sottolinea il pianto di Gesù, ma anche solo il fatto di menzionarlo lo riempie di una luce nuova. Abbiamo diritto di piangere perché anche Gesù piangeva. Abbiamo diritto di piangere quando ci manca qualcuno, quando lo perdiamo come capitò a Lui con Lazzaro. Abbiamo diritto di piangere quando vediamo a chi vogliamo bene ridursi alla totale infelicità come il racconto della pagina del Vangelo di oggi. Abbiamo diritto di piangere quando la vita ci fa incontrare le sue contraddizioni e la sua ingiustizia come capitò un giorno a Gesù incrociando a Nain il corteo funebre di un ragazzo figlio unico di una madre vedova. Prima di essere le anticamere di grandi miracoli, questi racconti menzionano il pianto come qualcosa che faceva parte di Gesù. Due gravi malattie invece affliggono la nostra vita: o non piangere mai, o piangere sempre. Non piangere mai, molto spesso nasce da un estremo tentativo di proteggersi dal troppo dolore. Si diventa duri e cinici non per cattiveria ma per reazione nei confronti di una vita che è stata troppo difficile. Ma in quella durezza non solo viene schermato il dolore ma anche la gioia. Allo stesso tempo piangere sempre non è indice di libertà ma di incapacità a tenere gli argini degli eventi affinché ci conducano da qualche parte. Non è tanto il pianto in sé, ma è il pianto che non arriva mai a una decisione, a una scelta, a una postura interiore diversa dal vittimismo. Gesù pare dirci che ci sono cose che ci danno il diritto di piangere, come capita a Lui nel Vangelo di oggi nello scorgere Gerusalemme sorda alla conversione. Ma il suo pianto non è fine a sé stesso, non è fuga, ma è al contrario entrarvi dentro, decidersi fino alle estreme conseguenze. Gesù non scappa da Gerusalemme, ma è proprio lì che accoglie il Suo destino ultimo.


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