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Dramma in Nicaragua: prete in ostaggio in una chiesa con i prigionieri politici

masaya nicaragua

Screenshot Google Maps

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 20/11/19

Padre Edwing Roman costretto ad officiare la messa a porte chiuse. Le forze speciali assediano l'edificio

Continuano l’assedio e le minacce della Polizia di Daniel Ortega a padre Edwing Román, parroco della chiesa di San Michele, a Masaya, in Nicaragua, e alle mamme dei prigionieri politici, alle quali è stato impedito di partecipare alla messa per pregare per i loro cari.

Assedio alla chiesa

Il 19 novembre la messa è stata celebrata, come ha rivelato lo stesso padre Román, a porte chiuse, nella cappella del Santissimo sacramento della parrocchia, mentre permane l’assedio delle forze dell’ordine, che hanno staccato acqua ed elettricità alle mamme che si sono rifugiate nella parrocchia (agensir.it, 19 novembre).

“Rubinetti a secco e senza elettricità”

«Al mondo chiediamo di non lasciarci soli. Per favore, non dimenticatevi che siamo qui. Padre Edwin è malato. Non abbiamo acqua. Ci minacciano di continuo. Rischiamo di morire, se non ci ammazzano prima». Le parole, strazianti, arrivano ad Avvenire (20 novembre) da Yonarquis Mártinez. Da una settimana, l’avvocatessa per i diritti umani, il parroco – Edwin Román – nove madri di giovani incarcerati negli ultimi mesi dal governo di Ortega e due ragazzi rilasciati di recente, Santiago Fajardo e Marlon Powell, sono prigionieri nell’edificio sacro. Con i rubinetti a secco e senza elettricità, dopo il taglio dei servizi da parte delle autorità.




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Arrestati nelle scale della chiesa

Dato il cordone di polizia, dalla chiesa è impossibile uscire. E nemmeno entrare. Chiunque abbia cercato di avvicinarsi a San Miguel per portare acqua e soprattutto insulina per padre Edwin, diabetico, è stato bloccato o peggio. Tredici esponenti dell’opposizione – riuniti nell’Unidad nacional azul y blanco (Unab) – sono stati addirittura arrestati sulle scale della chiesa, rinchiusi nel penitenziario di El Chipote e accusati di terrorismo.

È salito così a 158 il numero di fermati per ragioni politiche: negli ultimi cinque mesi, dopo la liberazione di 700 attivisti prima dell’estate, le celle si sono riempite di nuovo. Proprio per chiedere la liberazione dei figli, nove mamme di Masaya avevano annunciato, giovedì, uno sciopero della fame.

In prima linea per i diritti umani

Padre Edwin, da sempre in prima linea per la difesa dei diritti umani, aveva offerto loro di restare in chiesa, per evitare rappresaglie. Nessuno immaginava che quel gesto avrebbe riportato la cittadina alle porte di Managua al centro della ribalta globale.

Dalla Spagna al Costa Rica sono intervenuti sul caso San Miguel. Il governo, preoccupato dall’evoluzione della crisi boliviana, ha evitato qualunque risposta. Subito dopo l’annuncio dello sciopero della fame, la polizia ha circondato la parrocchia. Intrappolando dentro anche il sacerdote, l’avvocatessa Martínez e i due ex detenuti politici che si trovavano là per esprimere solidarietà alle madri.


NICARAGUA PRETI PALLOTTOLE

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“Papa Francesco è stato informato”

Da quel momento, il blocco è stato totale. Tanto che domenica, il sacerdote ha dovuto celebrare la Messa a “porte chiuse”. L’assedio di San Miguel è stato condannato con forza dal cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, il quale ha espresso «vicinanza, preghiera e sostegno» a padre Edwin e ai fedeli. Il cardinal Brenes ha dichiarato, inoltre, che papa Francesco è stato informato dei fatti di Masaya e «posso dire che, in forma privata ha chiesto di far arrivare un suo messaggio alle autorità per mediare in questa situazione».

Sciopero della fame

Una sollecitudine non nuova quella di Bergoglio, il quale ha seguito da vicino la crisi nicaraguense e ha rivolto numerosi appelli per la pace e il dialogo. Stavolta, il Santo Padre – secondo quanto detto dall’arcivescovo di Managua – avrebbe sollecitato un gesto di buona volontà dalle autorità, con il rilascio degli attivisti arrestati entro Natale. Sull’esempio di Masaya, intanto, alte madri sono scese in campo: sempre il 19 novembre un gruppo ha iniziato uno sciopero della fame nella cattedrale di Managua.


MANAGUA

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