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6 brevi riflessioni sulla felicità, il vuoto esistenziale e la sete di Dio

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Shutterstock | Rido

Catholic Link - pubblicato il 19/11/19

Una panoramica sulla cosiddetta “scienza della felicità”: sei riflessioni che ci permetteranno di metterci in discussione.

di Pablo Perazzo

I progressi e gli sviluppi scientifici degli ultimi anni in relazione alla felicità sono molto significativi. Per avere un’idea più chiara di quella che molti chiamano “scienza della felicità”, vedremo un panorama della situazione, senza un ordine di priorità o importanza. Sei riflessioni che ci permetteranno di metterci in dicussione.

1. La “scienza della felicità”

È la psicologia positiva, fondata da Martin Seilgman nei primi anni del terzo millennio. Scoperte sempre più elaborate delle neuroscienze, per comprendere meglio il funzionamento del nostro cervello. Studi scientifici di anni, in università come Harvard, MIT, Yale e altre.

Scommesse a livello di politiche governative, come ad esempio la Repubblica del Bhutan, dove non si parla più di prodotto interno lordo come indice di sviluppo della Nazione ma di “esperienza di felicità”, per sviluppare politiche pubbliche per raggiungere la felicità della maggior parte della popolazione.

L’Inghilterra ha creato alcuni anni fa il Ministero della Solitudine per combattere il flagello dell’indifferenza, che porta ad esempio a far sì che più di due milioni di anziani siano praticamente abbandonati nelle case di riposo.

Un progresso sempre più significativo nell’importanza di un’altra corrente com la logoterapia fondata da Victor Frankl, che propone ragioni molto concrete e incarnate per spiegare il preoccupante fenomeno dell’aumento percentuale significativo dei casi di depressione.

Una ricerca più accentuata, in molte persone, su esercizi come il mindfulness, lo yoga, il reiki e altri modi di meditazione – molti di origine orientale – per raggiungere pace e tranquillità. Come vediamo, c’è una preoccupazione sempre più intensa per aiutare da far sì che le persone siano felici.

2. La colpa, il dolore e la morte

Non constatiamo, tuttavia, una crescita consistente del livello di felicità della popolazione, il che sembrerebbe confutare tutti i progressi menzionati al paragrafo precedente. Piuttosto, quello a cui assistiamo è un aumento della depressione.

Victor Frankl diceva che la malattia dell’epoca moderna sarebbe stata la depressione, e non ha sbagliato, visto che i dati dell’OMS confermano la sua visione e rivelano che in effetti la malattia di cui soffrono più persone è la mancanza di senso, che dà origine a una patologia, alla depressione.

Possiamo constatare come nelle società avanzate del primo mondo che apparentemente hanno tutto il necessario per una vita comoda e senza problemi ci sia un aumento dei casi di suicidio. Non sono mai stati venduti tanti farmaci per malattie psicologiche e psichiatriche come oggi.

Allo stesso modo, è sempre più comune la necessità delle persone di ricorrere a uno psicologo. Parlando con giovani, sposati e gente adulta, è comune che non sappiano cosa fare della loro vita, che senso dare all’esistenza. Come scoprire un proposito che offra loro felicità nell’esperienza quotidiana.

La colpa, il dolore e la morte – che per Frankl costituiscono la “triade tragica” della vita – sono visti dalla maggior parte delle persone in modo leggero, o talmente negativo che si opta per fuggire per non affrontarlo, motivo per il quale sempre meno persone sono in grado di assumere la propria vita in modo responsabile.

Queste tre realtà fanno indiscutibilmente parte della nostra vita. Non viverle o non imparare ad affrontarle significa fuggire dalla propria esistenza.

3. Quali sono i temi di fondo per essere felici?

Con quanto detto, mi sembra che sia chiara l’esistenza di un’opposizione netta tra quello che si conosce e i progressi nella “scienza della felicità” e quello che vive un’alta percentuale della popolazione. Il motivo principale di tutto questo è che anche se c’è un grande sviluppo e ci sono molte scoperte per aiutarci ad essere più felici non si affrontano aspetti o dimensioni della nostra vita umana che sono stati e continuano ad essere punti essenziali per rispondere e dare soluzioni indispensabili alla nostra vita. Menzionerò di seguito alcune di queste realtà.

In primo luogo, quello che è alla base di tutti i nostri mali: il peccato. È impressionante e meraviglioso tutto ciò che accade negli studi scientifici, ma il problema radicale nella nostra
condizione di fragilità e vulnerabilità personale è fondamentalmente il danno che il peccato provoca nella nostra esistenza.

Senza un approccio profondo e diretto in questo senso, quello della vita cristiana, non possiamo proporre un cammino con basi solide per offrirci una vita con fondamenta salde. Senza la vita che ci offre la fede cristiana non si può uscire dall’oscurità in cui ci getta il peccato.

In secondo luogo, vediamo sempre più come in tutte queste proposte si parli – ed è una cosa molto positiva – dell’importanza di una vita spirituale. Non si menziona, però, la necessità di avere una spiritualità aperta alla relazione.

Vivere una spiritualità senza comunicazione con Colui che ci ha creati e conosce le nostre necessità più profonde può essere un semplice palliativo, che ci permette di sentirci bene e di camminare con un po’ più di sicurezza.

Senza questo rapporto con le nostre origini, però, questa spiritualità finisce per disorientarsi, e ci porta ancor più verso quella mancanza di senso da cui cerchiamo di fuggire.

4. Abitudini per avere una vita più felice

Alcune di queste abitudini potrebbero essere rapporti più profondi e autentici con gli amici, scrivere un diario della gratitudine, avere sempre un sorriso, essere persone positive, imparare a vivere il momento, non essere ansiosi per problemi futuri che magari non si verificheranno mai né angosciarsi per cose già successe, fare spesso esercizio per liberare sostanze come il cortisolo che alleviano le tensioni e lo stress quotidiano.

Tutto questo è molto positivo, ma se ci mettiamo a pensare in modo un po’ più approfondito vedremo che sono “strumenti” che fungono da palliativi per i sintomi, frutto di ragioni che sono alla base della nostra esperienza di infelicità.

Queste abitudini che dobbiamo vivere ci insegnano ad avere uno stile di vita che favorisca un’esperienza positiva dell’esistenza, ma non risolvono i problemi di fondo. L’amicizia, la positività o la gratitudine sono modi d’essere necessari, ma secondo chi? Quale dev’essere il modello?

Se Cristo, come modello per noi autentico, non è presente nel panorama, ciascuno si reggerà sul proprio modo soggettivo di intendere le cose, il che spesso, anziché portarci verso la felicità, ci porta a un’oscurità maggiore, a una maggiore mancanza di senso, a più frustrazione e disperazione.

5. Qual è il motivo dello sconcerto e della mancanza di senso della vita?

Un aspetto principale è il vuoto che tutti abbiamo dentro. È naturale, nasciamo con quel vuoto esistenziale che ci obbliga a cercare risposte che soddisfino la necessità che viviamo. Il grande problema è che cerchiamo di riempire il vuoto con i falsi idoli del mondo, che sono il piacere sfrenato, il consumismo esacerbato e la ricerca del potere illimitato.

È come mettere un tappo anziché riempire il bisogno spirituale che abbiamo. E poi c’è un altro punto importantissimo, ovvero come dare un senso autentico alla nostra vita. Senza una vita spirituale che ci rimandi a Dio non scopriremo la felicità infinita, né le risposte alle nostre domande fondamentali, come l’origine e il fine della nostra vita e la nostra identità personale.

Per non stilare una lista molto lunga, voglio menzionare quanto sia imprescindibile imparare a vivere con responsabilità la nostra libertà. Attualmente, si crede che la persona libera sia quella che fa ciò che vuole e che ha il diritto che nessuno imponga alcun tipo di limite a questa “libertà”, che finisce per essere in realtà una schiavitù, visto che se non è illuminata dalla Verità è come una persona cieca, che non sa come orientarsi verso la sua felicità.

6. Cosa possiamo concludere?

Tutte le scoperte e i progressi necessari perché siamo sempre più felici mi sembrano eccellenti. Sono punti di incontro con la fede che devono essere tenuti in considerazione per stabilire vie di dialogo tra la vita cristiana e quello che offre il mondo, come mezzi per la nostra felicità.

Se non rispondono alle necessità essenziali che ho menzionato, però, le proposizioni attuali non potranno dare la risposta di cui abbiamo bisogno per scoprire le risposte che ci aprano alla Via, alla Verità e alla Vita che sono il Signore Gesù (Giovanni 14, 6).

Abbiamo lo stesso problema di sempre: la chiusura dell’uomo nei confronti delle realtà più essenziali della fede in Gesù Cristo, nostro Signore. Per questo bisogna aprire il cuore, sforzarsi di portare amore e perdono nei luoghi in cui sembra non esserci nulla, preoccuparci di più di chi ci circonda e chiedere a Dio di riempirci di forza e allegria!

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link

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