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Dio ci aspetta nella normalità del nostro quotidiano

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Fizkes|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 14/11/19

Non nella tempesta, ma nella brezza leggera: Gesù ci ricorda il profeta Elia, quando sconvolge la nostra immagine spesso sbagliata di un Dio che sta nelle cose grandi. Dio non fa rumore quando entra nelle nostre vite, abbraccia la bassezza della nostra quotidianità per camminare al nostro fianco.

In quel tempo, interrogato dai farisei: «Quando verrà il regno di Dio?», Gesù rispose:
«Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse ancora ai discepoli: «Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete.
Vi diranno: eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli.
Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno.
Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione».

(Luca 17,20-25)

«Quando verrà il regno di Dio?», rispose: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!»”.

Quando è deludente e allo stesso tempo straordinaria la precisazione che Gesù fa nel Vangelo di oggi. Noi che andiamo sempre alla ricerca del sensazionale, che cerchiamo certezze incontrovertibili, e evidenze inoppugnabili, ci ritroviamo davanti all’affermazione di Gesù che il regno di Dio, cioè la cosa più certa della nostra fede, non viene in modo da attirare l’attenzione. Ciò sta a significare che questo regno viene nella più disarmante normalità, anzi che è già qui, in questo momento, in quella stessa normalità che molto spesso vorremmo evadere, cambiare, buttare via. La buona notizia che stiamo aspettando per la nostra vita non arriverà nel futuro, ma ci viene incontro in questo presente. In questo senso il tempo presente è il tempo di Dio ed è il tempo in cui si gioca la nostra eternità. È come se il Vangelo di oggi ci stesse suggerendo di leggere sempre ogni istante, ogni circostanza, ogni relazione, ogni volto, sempre in un fondale di eternità. Noi tocchiamo Dio quando prendiamo sul serio quello che c’è. Ciò non significa che Dio è tutto qui, ma che Egli se è tutto è anche qui. Per troppo tempo abbiamo diviso e contrapposto la nostra vita tra le cose che viviamo e le cose che aspettiamo. Gesù ha riconciliato queste due dimensioni. Non viviamo più divisi, alienati, protesi verso un futuro che non esiste, ma viviamo protesi in un futuro che affonda le sue radici più prossime nell’istante che stiamo vivendo. Così anche la cosa più semplice della vita letta in questa maniera è già un’anticipazione di quella vita eterna che verrà definitivamente alla fine della nostra storia. Ma è soprattutto negli ultimi che quella vita eterna è più presente. Chi più si sente lontano, fallito, perdente, più di tutti gli altri è nel cuore stesso di quel regno che ti dice che in quanto ultimo tu sei il primo di tutti.

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