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Allarme: sempre più neonati nascono in crisi d’astinenza

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MIA Studio | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 11/11/19

Casi sempre più frequenti negli ospedali di tutta la penisola e a monte di questa tragedia un dato allarmante: da gennaio nei porti italiani sono state sequestrate 5 tonnellate di cocaina, il 168% in più del 2018.

Un episodio preoccupante, ma purtroppo non unico in Italia. Al Policlinico Casilino di Roma sono venuti alla luce quattro neonati. Ora sono ricoverati presso il reparto di terapia intensiva neonatale con evidenti sintomi di astinenza da cocaina. La particolarità è che questi bimbi sono nati a poca distanza l’uno dall’altro. (da Notizie Roma)

Questa notizia del 4 novembre ha fatto esplodere un caso mediatico, che è in realtà una piaga umana. La nascita ravvicinata di quattro neonati già affetti da sintomi da crisi di astinenza segnala un’evidenza: il sempre più capillare abuso di sostanze stupefancenti nel mondo “normale” degli adulti e dei giovani, in particolare di cocaina. La droga non è più relegata ai ghetti di un’umanità border line o della gioventù perduta; non è neppure più solo il vizio di certi vip. La droga abita nel salotto di casa, nella cameretta degli adolescenti e, come estrema ma implicita conseguenza, è arrivata a bussare alla porta dei reparti di ostetricia e neonatologia. Come un veleno infiltrato e bevuto dalle radici, si è propagato fino alle gemme.


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L’immagine delle radici è voluta. Che l’uomo sia una creatura dipendente è un’evidenza molto positiva, il suo nutrimento è il legame vivo con il Padre. Svicolato da questa dipendenza originaria, l’uomo si è illuso di guadagnarci in libertà; ci ha perso e si è ridotto a raccattare versioni deformi di dipendenza da sostanze che deturpano l’intera pianta fin nei getti più piccoli e verdi.

Latte e metadone

La nascita è di per sé una crisi, ma ereditare la dipendenza dai genitori significa per i neonati patire una sofferenza drammatica ed essere esposti a rischi gravi: tremano, piangono, si agitano, hanno tachicardia, mostrano sudorazioni o pallori improvvisi. Ad aggravare la situazione c’è spesso l’omertà, senz’altro colpevole ma non sempre per forza lucida nel suo cinismo, dei genitori: confessare di fare uso di droga in gravidanza è fonte di vergogna, a maggior ragione dichiararlo quando si arriva in sala parto.

E così, il mondo dei bimbi nati già tossicodipendenti è una realtà sommersa, sia durante la degenza in ospedale sia come evidenza clinica. Infatti non esistono molti “censimenti” di questo tipo perché per poter approfondire e schedare il caso di ogni bambino occorre il consenso della mamma e del papà (evidentemente difficile da ottenere).

Capita dunque che, non appena un caso eclatante come quello accaduto al Casilino di Roma faccia breccia nella cronaca, anche altri a grappolo emergano all’improvviso, lasciando intendere che il vaso di Pandora contenga un numero impressionante di scenari umani preoccupanti:

A Grosseto, ospedale non grande di una città medio-piccola, negli ultimi tre mesi i neonati positivi alla cocaina sono stati tre. A Milano, tra metà settembre e metà ottobre, è stata trovata droga nelle urine di sei bambini appena nati e ieri l’arresto di un uomo di 44 anni che picchiava la compagna ha riportato alla luce il caso di uno dei figli di lei, nato con un’astinenza alla cannabis. A Padova il 20 settembre un bimbo è stato tolto ai genitori perché appena dopo il parto si è scoperto che era sotto effetto di sostanze stupefacenti. (da Repubblica)

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Alle ostetriche e ai dottori spetta il ruolo di veri e propri detective: la crisi di astinenza nel neonato si manifesta non immediatamente, diventa perciò indispensabile giocare d’anticipo e cogliere segnali sospetti nel comportamento dei genitori. Le domande dirette non sempre sortiscono risposte veritiere, ma gestire i sintomi di una dipendenza del neonato solo a nascita avvenuta è molto più complesso oltre che pericoloso; oltre ai disturbi immediati che il bambino presenta, potrebbero anche insorgere più avanti dei ritardi neurologici. Come si gestiscono queste emergenze? Lo spiega, ad esempio, la dottoressa Giovanna Mangili, direttore del reparto di Patologia neonatale dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo:

“Utilizziamo la scala di Finnegan, una scala di parametri in base ai quali valutiamo l’opportunità di avviare un trattamento”, illustra la responsabile dell’ospedale. In pratica, osservano il paziente per cinque minuti, poi attribuiscono un punteggio per ognuno dei segni di astinenza da oppiacei.  “In alcuni casi – aggiunge – utilizziamo la morfina per far passare la crisi, in altri il metadone o le benzodiazepine. Dipende dall’entità della sindrome di astinenza”. (da BergamoNews)
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Oltre all’intervento medico si apre anche il percorso di tutela, segnalando il caso alle autorità: la sospensione della patria potestà è una scelta estrema che si tenta di evitare il più possibile. Questa informazione sia di incoraggiamento a quei genitori che sanno di avere un brutto segreto nel cassetto, nasconderlo peggiorerà solo il quadro complessivo della situazione.

Emergenza cocaina

Evidentemente le notizie allarmanti che giungono dai reparti maternità di molte città italiane sono l’onda finale di uno tsunami che si genera altrove. Leggendo certi dati risulta nient’affatto esagerato affermare che la vera invasione di cui è oggetto la nostra penisola è quella che immette fiumi di cocaina per le nostre strade. A esprimersi in questi termini è proprio un documento pubblicato su L’espresso una manciata di giorni fa e intitolato, appunto, Italia ed Europa sommerse dalla cocaina. Questa è la vera invasione, altro che migranti:

Mentre la politica e l’opinione pubblica si concentrano sugli sbarchi dei migranti, i carichi di cocaina bloccati nelle dogane del Vecchio Continente hanno fatto segnare un aumento senza precedenti: quest’anno il conto complessivo potrebbe sfiorare le 200 tonnellate, contro le 150 del 2018. […] Nei soli porti italiani, dal primo gennaio al 31 ottobre, ne sono state sequestrate più di cinque tonnellate. Il 168 per cento in più rispetto al 2018.Da Roma a Berlino, da Zurigo a Parigi e Londra il consumo di droga è d’altronde in continua crescita e aumentano di conseguenza anche gli affari delle organizzazioni criminali. In base alle stime dell’Europol, su scala globale il business della cocaina vale ricavi per almeno 300 miliardi di euro l’anno per una produzione complessiva stimata intorno alle 2 mila tonnellate, di cui 700 finiscono in Europa, mentre il resto va quasi per intero a rifornire il mercato Nordamericano. (da L’espresso)

Anche i meno esperti conoscono la legge su domanda e offerta. Il prodotto arriva dove è richiesto in modo direttamente proporzionale al bisogno. Allora: quale voragine di vuoto esiste nella nostra società, viene da chiedersi, se c’è una dipendenza così clamorosa dalle droghe?


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Sappiamo che c’è chi si limita a ripetere il famoso ritornello della legalizzazione, puntando tutta la resposabilità di questo disastro umano sulla criminalità organizzata. Tra le mille repliche possibili alla fallacia ipocrita di una tale posizione, scegliamo un dato concreto: il Canada, stato all’avanguardia nella legalizzazione della cannabis, è diventato «uno dei paesi preferiti dalle narcomafie per le loro attività di riciclaggio».

Agli slogan astratti di chi ha solo un’ideologia nefasta da urlare ai megafoni mediatici, preferiamo guardare in faccia i dati tremendi che ci circodano. Oltre ai neonati vittime delle dipendenze dei genitori, oltre ai numeri impressionanti di tonnellate di cocaina che arrivano nei nostri porti dal Sudamerica, l’altro dato che fa tremare è la soglia sempre più bassa dell’età in cui i giovani entrano nel tunnel delle droghe: 12 anni. Colle, solventi, poi eroina: questa è la spirale che per moltissimi diventa senza via d’uscita. Si arriva alla maggiore età come si fosse già al capolinea di un incubo:

In tutta Italia – secondo i dati elaborati dal Dipartimento per la giustizia minorile del ministero della Giustizia – i minori e i giovani adulti (dai 18 ai 25 anni) attualmente in carico agli uffici di servizio sociale per i minorenni sono 20.466, di cui oltre 7 mila nuovi arrivi solo nell’ultimo anno. (da L’espresso)

Aridi, senz’acqua

Volendo uscire dal cappio di una prospettiva puramente allarmistica e cupa, ritorno alla domanda che preme sotto la crosta di questa emergenza sociale. Quale vuoto riempiono queste tonnellate di stupefacenti che arrivano a tonnellate nei porti, deturpano l’anima dei giovanissimi e stravolgono il volto della famiglia, neonati compresi? Lo disse bene il poeta Eliot: “L’essere umano non può sopportare troppa realtà”. Soli, staccati dalla nostra Origine, siamo incapaci di reggere il peso di un vivere vuoto di un senso.


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Siamo dipendenti dal Padre perché la sua acqua è l’unica che ci fa essere rigogliosi sulla terra. Possiamo togliere la seconda parte della frase e rimarrà solo: siamo dipendenti. Se togliamo il Padre, ci aggrapperemo ad altro. Il salmo 62 descrive ancora perfettamente la nostra natura e lo fa seguendo un ordine logico:

O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua.

La sfida sotto i nostri occhi è percorrere a ritroso queste righe. Siamo nel deserto. Siamo circondati da acque velenose che ci affogano lasciandoci aridi; a noi la forza di ricordare ai nostri quotidiani compagni di viaggio che esiste, è raggiungibile, la sorgente che placa tutte le ferite, le vertigini, i vuoti che lacerano i cuori.

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