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Vicente e Rosa si sono sposati sull’orlo della vita eterna

HOSPITAL, MAN, WOMAN

Muanpare Wanpen | Shutterstock

Fraternità San Carlo Borromeo - pubblicato il 04/11/19

Cile, un matrimonio celebrato in terapia intensiva: "per tutta la vita", per un uomo morente e la sua sposa, è significato una settimana. Il banchetto nuziale sarà quello definitivo, che non avrà più fine.

Di Lorenzo Locatelli (viceparroco della parrocchia Beato Pietro Bonilli, a Santiago del Cile)

Mi è capitato di sostituire padre Simone come cappellano dell’ospedale del nostro quartiere per una decina di giorni. Questa possibilità mi ha educato alla disponibilità: il telefono squilla quando meno te lo aspetti ed è sempre chiaro che il Signore ti chiede di lasciare tutto quello che stai facendo per portargli un’anima. Chissà se arriverà il giorno in cui la mia risposta potrà essere immediata e totale, senza un briciolo di resistenza o di lamento! Fatto sta che, come nella parabola dei due fratelli, anche protestando un po’ sono sempre andato. Tutte le volte sono tornato a casa commosso per gli incontri che ho fatto. Vi racconto il più bello.




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Mi chiama una ragazza: suo fratello Vicente, 27 anni, si trova in terapia intensiva, in stato di semi-incoscienza per un tumore al cervello. Lei mi chiede di dargli l’Unzione degli infermi e di sposarlo con la fidanzata. Da qualche anno convivono e avevano deciso di sposarsi in Chiesa, fin da quando vivevano in Venezuela. Poi, la necessità di venire a vivere in Cile, la malattia, le tante difficoltà, avevano ritardato questa scelta. Rimango un po’ perplesso: per sposarsi è necessario che entrambi gli sposi siano coscienti, sono loro che amministrano il sacramento. Così rendo la ragazza partecipe delle mie preoccupazioni mentre mi dirigo in ospedale pensando di amministrare a Vicente la sola Unzione. Quando arrivo, incontro la sposa, Rosa. È una ragazza bellissima, di quella bellezza che viene dalla povertà e dalla purezza del cuore. Ha una grave disabilità che la rende storpia e la fa camminare a fatica. Capisco subito che non ha pretese: si vede che è pronta a ricevere ciò che il Signore deciderà. Ma che speranza! Nella mano, tiene gli anelli nuziali che ha appena comperato. Entriamo in terapia intensiva. Riconosco subito Vicente, è il più giovane. Dietro ai mille tubi e cavi che lo circondano, sembra incosciente. Ci avviciniamo, gli dico ad alta voce: “Ciao Vicente, sono padre Lorenzo. Sono venuto a darti la Santa Unzione. Il Signore non dimentica nessuno e oggi è venuto a vederti”. Vicente apre gli occhi e mi guarda. È vivo e presente ma non riesce a parlare. Allora continuo: “C’è qui anche Rosa, così possiamo celebrare pure il vostro matrimonio!”. Vicente continua a guardarmi e afferra la mano di Rosa. Lo prendo come un sì.
Commossi iniziamo a preparare la cerimonia. Prima di tutto, il vestito nuziale: un camice sterile con guanti e mascherina. Quando siamo pronti, chiamo un’infermiera che sarà la testimone insieme alla sorella di Vicente.


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Comincia la cerimonia. Inizio con l’Unzione degli infermi. Poi, il rito del matrimonio. Al momento del sì, Vicente fissa intensamente la sua sposa, le stringe forte la mano. Allo scambio degli anelli, gli chiedo il permesso di aiutarlo a mettere l’anello a sua moglie. Finito lo scambio, lui lascia la mano di Rosa e afferra la mia. Mi stringe forte, è il suo grazie. Poi mi lascia e riprende quella mano che adesso è sua per sempre. Finita la benedizione, tutto il reparto comincia ad applaudire. Mi giro e vedo che hanno assistito alla cerimonia i parenti dei malati, gli infermieri di turno. Tutti molto commossi. Sussurro alla sorella di Vicente di lasciare da soli gli sposi a godersi la luna di miele. Rosa è raggiante. Non ho mai visto due persone così coscienti del fatto che il matrimonio è un dono che si riceve per potersi amare veramente lungo tutta la vita. Tutta la vita, per Vicente e Rosa, è durata una settimana. Il banchetto nuziale sarà quello definitivo, che non avrà più fine. Così il giorno del funerale, dentro al dolore straziante di Rosa, ho potuto scorgere anche la pace della gratitudine a Dio. Che grande cosa i sacramenti! Ci insegnano che basta il desiderio di ricevere il Signore e di lasciarlo operare nella nostra vita. Poi, Lui ci prende per mano e si occupa di fare il resto.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA FRATERNITA’ SAN CARLO

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