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Ti lamenti spesso? Hai una buona occasione per essere santo!

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HBRH/Shutterstock

Catholic Link - pubblicato il 02/11/19

di María Belén Andrada

Nel mio Paese, il Paraguay, quando una persona si lamenta molto si dice che “se plaguea” o che è molto “plagueona”. Ho pensato che questo termine derivi forse dalla parola “plaga”, “piaga”, e ho riflettuto sul fatto che c’è davvero una grande somiglianza tra le lamentele e le piaghe.

Ad esempio, quando vediamo una formichina che passeggia sul tavolo di cucina non ci facciamo troppo caso, ma se vediamo una fila di questi animaletti cerchiamo subito l’insetticida. Non è neanche raro sentire qualcuno che si lamenta del caldo, ma quando il “Che caldo!” diventa un “Non funziona l’aria condizionata, il ventilatore non è sufficiente e nel freezr non si è ancora formato il ghiaccio”, la compagnia della persona che si lamenta inizia ad essere un po’ fastidiosa, e cerchiamo di porre fine alla conversazione e di allontanarci un po’. E se siamo noi a lamentarci, spesso non ci sopportiamo.

Continuando con questo parallelismo, con l’insetticida riusciamo a eliminare la fila delle formiche, ma se non cerchiamo l’origine di questa mini-invasione, presto riapparirà nello stesso posto o in un altro. Credo che con le lamentele accada lo stesso: se non scopriamo perché abbiamo la tendenza a cercare l’aspetto negativo, questo modo di parlare diventerà naturale. Innanzitutto risulteremo scomodi per gli altri, e in secondo luogo, senza rendercene conto, retrocederemo nella vita interiore.

1. Scoprire l’origine

Credo che sia importante farlo, perché in base al motivo per cui ci lamentiamo tanto potremo applicare l’una o l’altra medicina. Se il problema è ascetico o spirituale possiamo esercitarci nella preghiera, per avere un rapporto più intimo con Dio che ci mostri che possiamo confidare in Lui. Che vale la pena di sperare in Lui, che sa quello che fa.

L’origine può però essere umana, semplicemente perché abbiamo acquisito la cattiva abitudine di parlare lamentandoci, forse senza cattive intenzioni. In questo caso, possiamo provare a “morderci la lingua” o a praticare la virtù della discrezione o della prudenza nel parlare, esercitandoci un po’, magari cercando un aspetto specifico (come sport, clima, compiti universitari o lavorativi…) di cui non lamentarci.

Ricordiamo che le virtù umane sono la base per quelle soprannaturali, per cui acquisendo abitudini positive forgiamo virtù che ci aiuteranno poi nell’ambito spirituale. Come ho detto, la fede, la speranza o la carità.

Ci può essere tuttavia anche un terzo motivo, quello psicologico. Quando vediamo tutto nero (o grigio scuro), può essere che stiamo attraversando qualche momento di ansia o depressione. In questo caso, anche se possiamo mettere in atto i mezzi per sforzarci per trovare un po’ di luce, è necessario ricorrere a un terapeuta o a personale specializzato perché ci dia una mano.

2. La scusa della naturalezza

Bisogna ammetterlo: lamentarsi dà anche un po’ di piacere! O no? Non vi siete mai visti tra amici ed è iniziata la serie di lamentele? Un momento in cui le lamentele non sono fastidiose, ma ci si diverte a trovare motivi per cui lamentarsi? O si arriva anche a inventarli?

Credo che in qualche momento, con certe persone, le lamentele vengano considerate necessarie per intavolare conversazioni, per scaricarsi… Senza questo sembri una contraddizione, bisogna dire chiaramente che lamentarsi tutto il tempo può diventare molto fastidioso, ma farlo di tanto in tanto può darci anche un certo sollievo.

Dobbiamo però ricordare che come cristiani possiamo essere del mondo ma senza essere mondani. Possiamo agire con naturalezza, ma la cosa naturale non dev’essere necessariamente viziata. Il fine dei cristiani coerenti è rendere sante tutte le cose, mettere Cristo in tutte le realtà quotidiane.

Immaginate Gesù che si lamenta perché l’autobus ha ritardato un po’ o perché è finito il latte, perché ha vinto le elezioni un partito politico che non gli piace, ecc.? In conversazioni di questo tipo me lo immagino a placare gli animi, cercando di riscattare i motivi per i quali potremmo acquisire una maggiore o migliore visione soprannaturale dei fatti. E noi possiamo fare lo stesso.

3. C’è un motivo apostolico

Al di fuori dell’ambito della catarsi che possiamo realizzare con qualche amico, come nel caso che ho commentato al punto precedente, c’è un’altra faccia della moneta, del tutto opposta: non c’è nulla di più molesto che ascoltare solo lamentele.

Ho detto che come cristiani dobbiamo lottare per renderci santi, ed è nostro dovere di cristiani cercare la santità facendo molto apostolato. Ma come saremo apostoli se gli altri non vogliono stare al nostro fianco? Che tipo di apostolo è quello che non smette di lamentarsi, che borbotta sempre?

Ciò che caratterizzava i primi cristiani, e che dev’essere una prova chiara del fatto che vogliamo imitare Cristo, dev’essere la gioia, e la gioia è ottimista. Non è sciocca, non nega che una situazione possa essere difficile o fastidiosa, ma sa affrontarla in modo maturo. Non solo con rassegnazione, che San Josemaría prendeva per poca generosità, perché bisogna puntare ad accettare, a desiderare e infine ad amare i progetti di Dio.

4. Praticare nelle piccole cose

L’esempio iniziale che ho fatto, quello del caldo, è tipico del mio Paese. Viviamo in un inferno in cui in inverno si raggiunge la temperatura minima di 20º C. Ci sono forse un paio di giorni in cui si scende al di sotto. È quindi molto comune salutarsi dicendo “Che caldo!”, come sorprendendoci del nostro clima e lamentandoci un po’.

Allo stesso modo, credo che in tutti i Paesi accada che quando fa caldo ci si lamenti del caldo e quando fa freddo del freddo, quando piove della pioggia e così via. Lamentarsi diventa una cosa abituale.

Poco fa ho letto tuttavia nel libro “Il Santo Abbandono” un riferimento al Trium Puerorum, o cantico dei tre giovani: durante questa preghiera, i giovani che sono stati gettati nel fuoco lodavano il Signore dicendo: “Benedite il Signore, tutta la pioggia e la rugiada; tutti i venti, benedite il Signore. Benedite il Signore fuoco e calore, freddo e caldo, benedite il Signore”.

Ricordando questo possiamo pensare una cosa: se tutta la natura dà gloria a Dio e Lo benedice, perché non cambiare questa lamentela piccola ma socialmente accettata trasformandola in un’opportunità per ringraziare Dio? E visto che è innegabile il malessere che si può sperimentare in certe condizioni climatiche, si può prendere come una piccola mortificazione che ci aiuti ad avere una maggiore presenza di Dio.

Uso l’esempio del tempo, ma il mio suggerimento è usare le cose più piccole e insignificanti, quello che non infastidisce neanche, per cominciare a crescere nella virtù della pazienza, nell’abbandono e nell’amorevole rassegnazione alla Provvidenza.

5. La libertà di scegliere quello che non dipende da noi

Dopo il piccolo sforzo di mortificare la lingua per evitare qualsiasi minima lamentela, come ho detto, anche quella che non richiama l’attenzione dell’altro o che quasi non sembra una lamentela, saremo preparati a poter accettare con uguale rassegnazione altre circostanze più pesanti, fino ad arrivare ad amarle perché si è capaci di vedervi la Mano di Dio.

Egli, che veste le margherite del campo e non lascia che un solo capello cada senza il Suo permesso, non ordina tutte le cose, anche quelle scomode, perfino quelle dolorose o quelle che potrebbero scandalizzarci, per un bene maggiore?

La pratica dell’accettazione gioiosa ci porterà a comprendere la libertà, che appare non solo quando prendiamo una decisione, ma anche quando optiamo per quello che ci è stato dato, che non è stato frutto di una nostra scelta.

È così che anche in una disgrazia, di fronte a una morte, alla disoccupazione o a un rovescio economico potremo sentire che non perdiamo neanche un pizzico della nostra libertà. Al contrario, la guadagniamo e diventiamo più liberi che mai.

6. Come guadagniamo in libertà, guadagniamo in santità

Agli inizi del catechismo impariamo che siamo chiamati alla santità, che per questo Dio ci ha creati liberi, e che nella misura in cui optiamo per il bene saremo più liberi. Essendo più liberi possederemo di più Dio, diventeremo suoi amici, diventeremo santi.

È così che, imparando a non protestare quando le cose non vanno come speravamo, progrediamo nelle nostre lotte interiori. Cresciamo nella vita interiore, diventiamo più grati e ampliamo la nostra anima, il nostro cuore.

7. Senza scoraggiarsi!

Prima di concludere, devo ammettere che a me personalmente costa molto eliminare le lamentele. Forse è così anche per voi, ma non preoccupatevi! Credo che sia un’occasione opportuna per trovare un punto su cui concentrare il vostro esame, un proposito su cui lavorare a livello settimanale o mensile per acquisire qualche virtù.

Allo stesso modo, quando ci rendiamo conto del fatto che ci siamo lamentati, possiamo (come possiamo fare sempre quando si tratta di lotte interiori) ridere un po’ di noi stessi, della nostra debolezza, e ringraziare Dio per il fatto di essere pieni di miserie. Visto che questo significa che dovrà aiutarci ancor di più, dovrà concentrarsi sui Suoi figli più piccoli e bisognosi, che Lo potranno ringraziare per il fatto di poterlo avere tanto vicino.

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link 

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