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Sono volontarie e aiutano le malate di cancro nelle faccende domestiche

CLEANING, REASON, TEAM

Cleaning for reason | Youtube

Annalisa Teggi - pubblicato il 25/10/19

Debbie Sardone, la fondatrice di Cleaning for a reason, racconta: "Nel mondo degli affari si deve crescere, ma io rispondo a Dio e come cristiana so che il mio lavoro deve essere un servizio all'altro".

Quante cose meravigliose cominciano da occasioni perdute, treni in ritardo e telefonate interrotte. È quando saltano gli impegni in agenda che ci si può chiedere se vogliamo stare solo sui binari costruiti da noi o se le deviazioni incidentali possono essere una chiamata.

Debbie Sardone è, oggi, a capo di un progetto che si chiama Cleaning For a Reason (pulire con uno scopo), nato nel 2005 e che ad oggi ha prestato gratuitamente servizio nelle case di 37 mila malate di cancro. Si offre a queste persone la pulizia di casa, il sostegno nelle incombenze quotidiane che chi è sottoposto a cure prostranti come la chemioterapia non riuscirebbe a svolgere. Visto che siamo negli USA c’è anche l’aggravante dei costi sanitari: in moltissimi casi la cura di un tumore manda sul lastrico anche famiglie non indigenti, e non ci si può permettere – proprio quando sarebbe necessario – un aiuto domestico.


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Una chiamata persa

Sarebbe da annoverare tra le ammirabili intuizioni umane, ma la nascita di questa bellissima impresa è nata da quell’emblematico contenitore che troppo superficialmente chiamiamo “caso”. Debbie Sardone gestiva un’impresa di pulizie e nel 2005 ricevette una delle tante telefonate in cui una possibile cliente si informava sui costi dei servizi offerti. Ricevute le informazioni, la sconosciuta dall’altra parte della cornetta disse a Debbie che essendo malata di tumore non poteva permettersi nulla perché spendeva tutto nella cura, e buttò giù. A Debbie rimase sulle labbra quello che aveva già pensato di dirle: “Potremmo venire gratuitamente“. La donna non lasciò nessun recapito, impossibile contattarla.

Un messaggio però era arrivato forte e chiaro, Debbie intuì che si poteva dare forma a qualcosa che aiutasse concretamente le persone malate e perciò forzate a trascurare la casa (per debilitazione e mancanza di soldi). Propose ad altre aziende del settore di creare un’associazione di volontarie in grado di offrire un aiuto non poi così marginale: avere una casa pulita e in ordine durante la malattia. La proposta incontrò l’entusiasmo di altre colleghe e oggi è sotto i nostri occhi la realtà di questa grossa azienda non-profit, ancora in crescita. Il motto è: “We clean because we care” (è sempre difficile tradurre in italiano la forza di “care”, sciogliamo il concetto: puliamo la casa perché ci curiamo della persona).


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Incrocerete questa notizia su altri giornali, è un contenuto edificante già fin qui. E ho notato che lo si racconta fin qui, appunto. Chissà come mai altre testate si premurano di eliminare il dettaglio che l’intuizione buona di Debbie Sardone nasca dalla sua fede cristiana.

Quando sei nel mondo degli affari, naturalmente dedichi le tue giornate a far crescere la tua impresa. Ma io rispondo anche Dio e alla sua chiamata. Come cristiana credo che ci sia qualcosa di cui noi dobbiamo tenere conto tanto nella nostra vita quanto negli affari, ed è servire gli altri e rendere migliore la loro vita. (da
)
DEBBIE SARDONE
Cleaning for a reason | Youtube

È proprio questo tassello della storia che fa la differenza, e non per campanilismo (“lo vedi, i bravi sono tutti cristiani?”) ma per il tipo di esperienza che è quest’opera: non c’è una persona che offre e una che riceve; ci sono due persone che s’incontrano e ricevono entrambe qualcosa.

Pulisco io a casa tua

Sono personalmente arricchita dalla premura di far sì che queste donne non debbano tornare a casa dall’ospedale in una casa sporca. Con alcune nasce un’amicizia molto personale, e diventa anche un rapporto emotivo e spirituale: io le aiuto in un momento di difficoltà e la loro pura e semplice presenza nutre la mia anima. (da
)

Così Debbie Sardone ci introduce davvero in una bella casa da abitare. Quando suonano il campanello io vado in tachicardia, all’idea che un perfetto sconosciuto entri in casa e veda quanto è in disordine. Aprire la porta della propria abitazione non è mai facile. Lasciare che qualcuno entri con lo scopo dichiarato di andare a vedere dove c’è la polvere, dove ci sono le macchie, dove i vestiti sono alla rinfusa, dove c’è puzza è difficile. (Sì, sto anche parlando di quella dimora non proprio fisica che è la nostra anima e ha altrettante stanze indecorose).

Immagino una di queste donne, dopo una lunga giornata di chemioterapia. Che cosa significa tornare a casa e vedere tutto lindo e profumato? Salvare le apparenze? Tutt’altro. Salvare l’anima. Tutelarla e custodirla dall’ipotesi che la malattia deturpa: il tuo valore enorme va accolto al meglio. C’è la tentazione di annichilirsi e mandare tutto all’aria quando la sofferenza debilita mente e corpo. Siamo tentati a svilirci anche quando siamo feriti molto meno che da una malattia mortale.


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Quando pensiamo a un eroe lo pensiamo armato di spada, non di spruzzino lavavetri. Eppure il canto della speranza può arrivare sulle note dell’aspirapolvere. Ho seguito di recente un’intervista in cui Malika Ayane dice di chiedere molto a se stessa, perché siamo in un mondo esigente che vuole solo il meglio delle persone. Ho pensato a quanto sarebbe tragico se questa fosse l’unica verità. Sarebbe tragico se dovessimo spalancare le porte di noi solo per mostrare castelli con lampadari di cristallo lucidati; e sarebbe orribile se non ci fosse nessuno a farci compagnia quando è esploso lo scarico del water. E c’è qualcosa di estremamente vero a tutti i livelli dell’umano nel dire che lo sporco può trovarci amici, mentre l’idolo dell’essere impeccabili può lasciarci soli e disperati. Adoro questa citazione di Chesterton:

Strana idea pensare che la pulizia sia una specie di cosa timida e delicata, quando invece è una fatica da giganti. Non si può pulire niente senza sporcarsi, guardate i miei pantaloni! Lo sapete no? Avete mai fatto le pulizie di primavera? (Uomovivo)

È quando pulisci che ti immedesimi con lo sporco (tuo e altrui); non c’è modo di toglierlo senza toccarlo. Il pulito che portano queste volontarie è un punto di arrivo, richiede la fatica del lavoro. Mentre loro stanno dentro casa a strofinare, lavare e sbattere, qualcuno è in ospedale ad affrontare un carico grosso di prova. Su fronti diversi è come se fossero insieme a dire che, per quanto sia impegnativo, bisogna grattare via l’ombra nera … bisogna patire e faticare per riportare alla luce il valore più brillante e intoccabile di noi. Da sempre, poi, il confessionale è la sede della migliore impresa di pulizie; è Dio stesso che dice: “Oggi vengo a pulire a casa tua”.

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