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“La missione è stare in strada e uscire da sé”. Il racconto di Padre Kizito

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©Anna Raisa Favale/Aleteia

Anna Raisa Favale - pubblicato il 25/10/19

Da oltre 40 anni missionario comboniano in Africa, giornalista e scrittore, ha fondato la Comunità “Koinonia” e promuove varie attività per il recupero di ex bambini e bambine di strada in Kenya e in Zambia.

Agosto 2019.
L’impatto con Kibera non è facile.
La chiamano “L’Inferno dell’Africa”, e quando si arriva qui si capisce perché. È la baraccopoli più grande del continente africano, a un passo dal centro di Nairobi, in Kenya. Circa due milioni di persone vivono in condizioni impossibili anche solo da immaginare per chi viene dal cosiddetto “Occidente”.

Dopo 10 ore di volo e una notte quasi insonne vengo catapultata in questa realtà coloratissima, ma spietata: le case di lamiera, i bambini che giocano in fiumiciattoli di acqua putrida e fango o tra i chili di spazzatura che ricoprono le strade. Bambini scalzi e sporchi mi seguono, incuriositi dalla camera.

Un senso profondo di miseria, misto a inadeguatezza, mi nasce dentro. Mi trovo qui per un progetto video. La base è il “Kivuli Center”, un centro per bambini di strada fondato da padre Renato Sesana – per tutti Kizito – un missionario che, da anni, salva i bambini dalla strada – di solito sono orfani, abbandonati, maltrattati, denutriti – e li accoglie al “Kivuli Center”. Il nome, in lingua Swahili vuol dire “Rifugio”. Ha due occhi azzurri grandissimi e profondi, padre Kizito: dentro ci puoi vedere tutti i cieli dell’Africa dove, nei lunghi anni di missione, ha portato il suo cuore e la Chiesa di Cristo.

Il giorno dopo il mio arrivo è l’Assunta. Scopro una piccola cappella all’interno del Centro. Un arazzo africano dietro l’altare, delle panche di legno. Silenziosa, umile, bellissima. Inizio a leggere un libro che padre Kizito ha scritto, sulle storie di bambini dell’Africa. Storie di miseria, ma anche di profonda speranza, fede e spiritualità. Lentamente il mio cuore inizia a respirare di aria nuova.

Qualche ora dopo inizia la Messa, animata dai bimbi del Centro. Leggono, cantano i loro canti in lingua Swahili. Un balsamo per il cuore. A un certo punto salta la corrente: rimaniamo con due candele sull’altare e le voci dei bimbi che cantano a celebrare una delle Messe più importanti e gioiose dell’anno. Una Messa intrisa dell’amore materno di Maria per ognuno di noi e ognuno di quei bimbi, che nonostante tutto, non hanno ancora perso la purezza negli occhi, e la gioia nel sorriso.

Balliamo, cantiamo e preghiamo insieme: dentro quella piccola cappella, nel centro dell’inferno dell’Africa, stiamo toccando un pezzo di Paradiso. Maria ci sta prendendo tutti con sé, e ci sta portando in cielo per un momento, per un istante del cuore. Quella sera, lo Spirito di Dio mi ha toccato, forse ancora più profondamente che in ogni altro momento della vita. Quella sera, nel buio, la luce ha brillato più forte che in ogni altra sera.

In padre Kizito e nella sua missione, negli occhi di quei bambini, in quel “Rifugio” dentro il caos, ho visto che la Risurrezione di Cristo è reale, e vince il male. Che come dice San Paolo: né spada, né persecuzione, né morte, potranno separarci dal Suo amore. Papa Benedetto una volta ha detto che l’Africa è “un immenso ‘polmone’ spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza”. In quei brevi, lunghi, dieci giorni a Kibera, ho scoperto che questo è profondamente vero. Questo video è un piccolissimo racconto di quel viaggio.

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