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L’errore nella vita spirituale su cui ci mette in guardia San Tommaso d’Aquino

SAINT THOMAS AQUINAS
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Nicholas Senz - pubblicato il 25/10/19
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Vi sta impedendo di raggiungere Dio?Un elemento importante della vita morale è che nessuno scegliere di fare del male per il proprio bene. Ogni volta che pecchiamo, lo facciamo perché ci siamo convinti che la nostra scelta è davvero positiva – che la nostra è una circostanza speciale, che il fine giustifica i mezzi, che meritiamo quello che vogliamo. Qualunque cosa perseguiamo, lo facciamo perché pensiamo sia giusta.

Un altro aspetto di questa verità è che a volte scegliamo beni inferiori rispetto a beni superiori. In questo caso non stiamo scegliando qualcosa che è del tutto sbagliato, ma stiamo favorendo qualcosa di inferiore, o lo stiamo trattando come se fosse superiore. Cadiamo in questo errore quando valorizziamo la creazione rispetto al Creatore, permettendo che i nostri desideri si concentrino sui beni di questo mondo piuttosto che sul Dio buono che ce li ha donati.

Possiamo compiere questo errore anche in questioni di fede! Prendiamo delle parti della nostra religione o tradizione e ci concentriamo su di loro, tenendole davanti agli occhi e oscurando Dio, che dovrebbe essere il nostro tutto.

San Tommaso d’Aquino lo sottolinea quando parla del rapporto tra la nostra conoscenza di Dio e l’amore che proviamo nei Suoi confronti. Da un lato i medievali affermavano tutti che la conoscenza porta all’amore. Le due cose dovrebbero nutrirsi a vicenda in una spirale di crescita nella santità: la conoscenza di Dio aumenta il nostro amore per Lui, e il nostro amore stimola il desiderio di conoscerlo di più.

Per l’Aquinate, però, è fin troppo facile per noi concentrarci sulla nostra conoscenza di Dio piuttosto che su Dio stesso. Visto che arriviamo a conoscerlo non direttamente, ma attraverso la mediazione dei sensi e dell’intelletto, possiamo finire per essere attirati “a volte per amore della cosa vista, a volte per amore della conoscenza che si acquisisce mediante l’osservazione” (ST II-II, q. 180, a.1, c.).

Attirati dal desiderio di unione con il divino e cercando a questo scopo una maggiore conoscenza possiamo allontanarci da Dio, sviluppando un amore per lo studio di Dio, o delle cose divine, piuttosto che un amore per Dio in e di per Sé.

Nella nostra epoca, fortemente caratterizzata più dall’immagine che dalla ricerca erudita, potremmo dire che questo si traduce in un amore per i segni di Dio – meme e citazioni sui social media, o perfino statue spirituali che adornano la nostra casa o gioielli – più che per Dio stesso e una vera vita spirituale.

Questa tendenza è esemplificata da una vecchia barzelletta. Un teologo muore e si ritrova davanti a San Pietro. Pietro gli offre una scelta: a destra ci sono le porte del Paradiso, e all’interno il teologo sperimenterà la visione beatifica, vedendo Dio faccia a faccia e vedendo realizzato in modo perfetto ed eterno ogni suo desiderio, a sinistra c’è una sala di lettura, in cui il teologo troverà una conferenza sulla visione beatifica, completa di intervento, contestazioni e una discussione finale.

Senza un attimo di esitazione, il teologo sceglie la sala conferenze.

Riscontriamo questa tendenza in molti aspetti della nostra vita. Preferiamo guardare una partita di calcio in televisione che andare a giocarla noi. Preferiamo guardare un programma di cucina piuttosto che preparare un piatto elaborato. Preferiamo leggere una citazione ispiratrice di un santo sul Rosario piuttosto che prendere il nostro rosario e recitarlo.

Dobbiamo resistere alla tentazione di accontentarci. Dobbiamo seguire la chiamata di Dio a entrare in comunione con Lui fino a trovarlo. Se ci innamoriamo della mappa non raggiungeremo mai la destinazione, né potremo aiutare gli altri a farlo. Leggere, studiare e crescere nella conoscenza delle cose sante è importante, come anche comprare i testi dei santi e leggere i commenti alla Scrittura, ma non fermiamoci qui. Terminiamo la corsa.