di Andrés D’Angelo
La prossima settimana io e mia moglie festeggeremo 22 anni di fidanzamento, e il 7 novembre, festa di Maria Mediatrice di Tutte le Grazie, 21 anni di matrimonio. Ma il nostro matrimonio è stato “fondato” circa 15 anni fa, quando finalmente “ci siamo arresi”. Sembra complicato, vero? Mi spiego un po’ meglio.
Una storia d’amore come tante altre: completamente unica
Ho conosciuto Mariana a una festa di matrimonio di un’amica comune. Lei non ci doveva andare, e io nemmeno. Siamo stati un po’ costretti, lei da un caro zio, io dalle convenzioni sociali, ma fatto sta che ci siamo andati.
Durante la cena ero seduto con persone simpatiche, alcune delle quali vecchie conoscenze, e mi sono divertito molto. Visto che non sono bravo a ballare pensavo di rimanere fino all’inizio delle danze, per poi tornarmene silenziosamente a casa.
Ma Dio aveva altri progetti. Visto che la mia cultura alcoolica all’epoca era nulla, dopo due bicchieri di champagne ero un po’ su di giri. Quando sono iniziate le danze, mi sono reso conto che c’erano varie single che avevano bisogno di un partner esperto.
Io non lo ero, ma lo champagne (credo che sia un effetto delle bollicine) mi ha fatto credere di esserlo, e quindi ai primi accordi dei valzer viennesi mi sono buttato in pista alla ricerca di donne senza accompagnatore.
Lei (il fiore più bello)
Ho ballato con due o tre di loro (non me lo ricordo bene, le bollicine sono traditrici), e all’improvviso l’ho vista al lato della pista. Piccolina, mora con gli occhi chiari, bella come un mattino e mille tramonti. Mi sono detto letteralmente: “Non me la posso perdere”.
L’ho invitata a ballare e abbiamo danzato finché non hanno interrotto la musica per distribuire la torta. Fino a quel momento non avevamo scambiato quasi neanche una parola. Avevo solo canticchiato qualche canzone che ignoravo quasi totalmente (un altro effetto collaterale delle bollicine).
Il problema è che quando volevo parlare avevo la lingua era impastata. Morivo dalla voglia di conoscere quella ragazza, e quindi mi sono riproposto di bere solo acqua e caffè per il resto della serata. Cosa che ho fatto, e da quel momento le cose sono ben chiare.
Abbiamo iniziato a parlare, le ho raccontato che ero il più piccolo di dodici figli e lei ha detto: “Dodici? Tua madre dev’essere esausta!”. Le ho detto di sì, ma visto che eravamo grandi si dedicava a viaggiare, e in quel momento era a Roma per assistere ai voti perpetui della mia cugina più grande.
Lei ha risposto che sua zia in quel momento era a Roma per i voti perpetui della sua figlia maggiore, ed è risultato che sua zia e mia madre erano lì per la stessa cerimonia e che le due future religiose erano amiche del cuore! Abbiamo continuato a parlare, e io che pensavo di andarmene alle undici o a mezzanotte l’ho lasciata a casa sua alle nove del mattino. Eravamo entrambi esausti ma felici.
L’orco e la strega addormentati
La mano di Dio era in tutto! Ci siamo conosciuti, abbiamo iniziato a uscire insieme ed ero sempre più convinto: quella donna era “osso delle mie ossa e carne della mia carne”. Due settimane dopo esserci conosciuti ci siamo fidanzati. Quattro mesi dopo le ho chiesto di sposarmi, e il matrimonio ha avuto luogo il 7 novembre 1998.
Una favola, vero? Ma in tutte le favole ci sono una strega e un orco che dormono e aspettano il matrimonio per svegliarsi. E si sono svegliati davvero! Poco dopo esserci sposati sono iniziati i conflitti e le discussioni.
Era soprattutto colpa mia, ma in quel momento credevo di essere il marito migliore del mondo e di essermi sposato con un’ingrata che non si rendeva conto dell’immensa fortuna che aveva avuto incontrandomi. Mi incaricavo anche di ricordarle che qualsiasi donna al mondo sarebbe state felice con un marito come me… Dio mio, quanto ero superbo!
Dopo quattro figli, e dopo aver perso la prima poco dopo la nascita, siamo arrivati a un punto del nostro matrimonio in cui pensavamo che non ci fosse più altro da fare. O meglio, che ci fosse un’unica soluzione: separarci, e in caso divorziare.
Come avevamo pensato che avrebbe potuto funzionare? Eravamo così diversi! Lei sembrava progettata apposta per tirar fuori il peggio di me, e io per farla uscire di senno.
Quando si tocca il fondo, si può andare solo in una direzione: verso l’alto
Il momento peggiore del nostro matrimonio è diventato il punto di inflessione. All’improvviso ci siamo resi conto che i nostri figli avevano bisogno di noi, e che avevano bisogno di noi due insieme, e felici.
Ci siamo resi conto che avevamo fatto tutto male, ciascuno pensando a come poter usare l’altro a proprio beneficio.
Abbiamo iniziato a capire che le differenze che ci esasperavano erano la manifestazione di due ricchezze diverse. Abbiamo iniziato a leggere, a interessarci, a cercarci e a scoprirci di nuovo.
Non eravamo chiamati ad essere uguali! Eravamo chiamati proprio perché eravamo diversi! Come avevamo fatto a non rendercene conto? Per quanto si dica, bisogna viverlo per capirlo. Sono cose che vanno imparate con l’esperienza.
La ricchezza sta nella differenza!
Come dice Felipe D’hondt, l’oratore di questo video, parafrasando Papa San Giovanni Paolo II, “ogni differenza tra uomo e donna presuppone un complemento dell’uno per l’altro. Perché quando ci innamoriamo non vediamo ciò che l’altro è davvero e tendiamo a idealizzarlo?”
Dio ci ha creati così, ci sentiamo incompleti, sentiamo che ci manca qualcosa, e in genere ci sentiamo attratti da una persona che ha quello che a noi manca!
Se consideriamo che l’alleanza coniugale è la donazione totale e completa di una persona all’altra, cosa potremmo donare se condividessimo entrambi gli stessi doni? La nostra ricchezza risiede nel fatto che le differenze che abbiamo sono in genere differenze che sono complementari.
Il problema è che per scoprirle bisogna lasciarle agire. E quando le nostre differenze agiscono, quando emergono in modo chiaro, spesso generano conflitti, discussioni, pianto e dolore.
Si possono affrontare queste differenze senza spezzarsi il cuore a vicenda? Direi che è la cosa più probabile. Quasi sempre è il fatto di “toccare il fondo” a permetterci di dare impulso al matrimonio, iniziare a riconoscere le nostre differenze e, riconciliandole, cominciare a valorizzarle.
Ricominciare, fondandosi sulla Roccia che è Cristo
Nel 2005 mia moglie ed io eravamo arrivati al limite della nostra resistenza, ed è stato allora che abbiamo chiesto aiuto a Dio. Maria dell’Himalaya dice che Dio ci porta nel deserto per spezzare il nostro cuore di pietra, e che in questo modo possiamo iniziare ad amare, ad amare davvero con un cuore di carne.
Credo che questa tappa del matrimonio, quell’“inverno” dell’amore, ci prepari a ciò che arriverà. Come dice papa Francesco, il vino migliore è quello che deve ancora arrivare, ma perché arrivi quel vino buono bisogna bere fino in fondo l’altro calice. Bisogna andare al fondo delle nostre miserie e dei nostri risentimenti, bruciare i nostri egoismi nel fuoco della sofferenza.
Felipe amplia il concetto della complementarietà e dice una cosa bella. Parlando degli organi riproduttivi maschile e femminile segnala che “per raggiungere il loro fine devono unirsi”. San Giovanni Paolo II, nella sua catechesi sull’amore umano chiamata “Teologia del Corpo”, intende questa unione come quella della quale la Scrittura parla come del diventare “una sola carne”.
Ciò vuol dire l’uomo e la donna uniti in una stessa azione fisiologica fondata e centrata sulla fecondità. Vorrei soffermarmi un po’ sul significato profondo di tutta la frase, che Nostro Signore ripete nella Genesi e poi San Paolo riferisce a Cristo e alla Chiesa.
L’unione fa la forza. E anche la grazia del Sacramento
Per raggiungere il nostro fine come sposi, dobbiamo unirci! Per unirci, però, dobbiamo riconoscere, celebrare e potenziare le nostre differenze! Se queste sono chiamate ad essere complementari, come potremmo volere che diano frutto se non le riconosciamo e non ne siamo riconoscenti?
Per questo, dopo che è arrivato il momento più oscuro della nostra relazione, abbiamo avuto la possibilità di rifondare il nostro matrimonio, di rilanciarlo. E di iniziare a cercare l’altro, e non nelle nostre similitudini, ma imparando ad accettare le sue ricchezze, ad accettare il dono dell’altro come Dio lo ha fatto e lo ama.
E allora il matrimonio si rivoluziona. Raggiungiamo il nostro scopo perché ci uniamo e facciamo quello che dobbiamo fare. Quando ci accettiamo e doniamo la nostra ricchezza al rapporto, allora il sacramento raggiunge il suo fine: la santificazione degli sposi e l’educazione dei figli.
Cosa accade quando valorizziamo le nostre differenze
Quando impariamo a riconocere e a valorizzare le nostre differenze, succede una cosa splendida, che si sta verificando nel nostro matrimonio: le luci di mia moglie illuminano le mie ombre, e le mie luci illuminano le sue. Le illuminano e le mettono in evidenza, non più in modo aggressivo, ma in un modo che mi permette di avere a disposizione un buon esempio per correggermi. E mia moglie ha un altro buon esempio per fare lo stesso. All’improvviso, quello che prima ci esasperava è diventato un’opportunità di crescita e di miglioramento personale.
Dio lo sa fare: prende un po’ di pane e un po’ di vino e li trasforma in Colui che ha creato tutto. Prende un marito e una moglie e da questo ne esce qualcosa che è infinitamente di più della somma delle parti.
Non sono più due, ma uno. Ma quell’“uno” che nasce dall’unione degli sposi è molto più di due, è un infinito. Perché nei figli e nei frutti del matrimonio consacrato si trova la mano generosa e provvidente di Dio, e se Dio è con noi, chi è contro di noi?
Per pensare in coppia
Quando vediamo che il nostro matrimonio è in difficoltà, quando crediamo di essere arrivati al limite della nostra resistenza, allora è il momento di alzare lo sguardo.
Quando vediamo che il nostro coniuge ci contraddice o che non riusciamo ad arrivare a un accordo, chiediamoci se quel disaccordo non è un’opportunità per vedere nel nostro complemento la ricchezza del nostro matrimonio.
Ogni volta che le nostre differenze ci mortificano, pensiamo che Dio sta arando la terra perché diamo più frutto. Il cento per uno su questa terra, e poi nella vita eterna!