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Arriva l’utero artificiale, un bene per i neonati prematuri ma con molti dubbi etici

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Annalisa Teggi - pubblicato il 10/10/19

Il progetto di ricerca olandese ha ottenuto 2,9 milioni di euro dal fondo europeo Horizon e sarà pronto in 5 anni. Nasce dalla premura di aiutare i neonati molto prematuri, ma molti interrogativi etici si pongono, tra cui: la legge di alcuni paesi tratta i feti e i bambini in modo molto diverso, come considerare chi cresce in un utero artificiale?

«Sì, mette il mondo sottosopra» ha dichiarato Guid Oei, professore e ginecologo a capo del team di ricercatori della Eindhoven University of Technology (Olanda) che in 5 anni riusciranno a produrre un utero artificiale. Il progetto ha ottenuto 2, 9 milioni di euro dal fondo europeo Horizon, il cui nome ci porta propria sulla soglia della domanda giusta: quale orizzonte si apre? Cosa significa mettere il mondo sottosopra? Senz’altro ci porta a spalancare uno scenario in cui il servizio della scienza a supporto del bene umano confina vertiginosamente con la prospettiva di un mondo in cui la gestazione rischia di diventare artificiale. Il proverbio dice che non bisogna buttare via il bambino con l’acqua sporca; dunque rimbocchiamoci le maniche e osserviamo i dati a disposizione.


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4 settimane decisive

Nascere prima della 22 settimana comporta per il bambino un rischio molto serio, non essendo ancora i suoi organi (polmoni e intestino soprattutto) completamente sviluppati. È a questi casi che è rivolto il pensiero dei ricercatori olandesi che stanno mettendo a punto una macchina che riproduce l’utero materno e potrebbe sostenere la crescita dei neonati pretermine con vantaggi molto superiori a quelli garantiti dalle incubatrici, anche le più sofisticate.

Il progetto prevede di ospitare i piccolissimi neonati in una sacca artificiale che riproduce le condizioni del grembo materno: il bambino vive sospeso in un liquido e riceve ossigeno da un tubo che funge da cordone ombelicale (da cui possono essere somministrate anche medicine). Per rendere l’ambiente ancora più confortante c’è la possibilità di riprodurre il battito cardiaco della mamma. In pratica, si cerca di agevolare lo sviluppo degli organi ancora incompleti in una condizione il più simile possibile a quella naturale. Questo strumento medico è pensato per una permanenza del neonato di circa 4 settimane; l’obiettivo è raggiungere la 28 settimana, che sancisce una sorta di “traguardo” per la sopravvivenza (la percentuale statistica diventa limitrofa a quella di un bambino nato a termine).

Gli studi per arrivare a elaborare questo progetto sono stati effettuati sugli agnelli.

[…] sei agnelli prematuri sono stati posti in altrettanti uteri artificiali subito dopo il parto cesareo effettuato all’equivalente della 23 settimana di gestazione umana. Entro pochi minuti dalla nascita, gli agnelli sono stati immersi in bio-sacche e collegati alla macchina dello scambio gassoso grazie a un cordone ombelicale, permettendo così al sangue di fare rifornimento di ossigeno e ad altri nutrimenti di essere infusi. In queste bio-sacche, gli agnelli sono rimasti immersi in un sostituto del liquido amniotico contenente nutrienti ed elementi chimici deputati a stimolare la crescita. Mentre galleggiavano in queste sacche di plastica trasparenti – in alcuni casi per 4 settimane – gli agnelli hanno mostrato di svilupparsi normalmente, trasformando la pelle dapprima rosea e liscia in un bianco manto lanuginoso. (da The Guardian)
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Questo è il panorama sul versante virtuoso di questa ricerca scientifica, la neonatologia è una disciplina che va approfondendosi e sono possibili supporti di aiuto alla vita impensabili fino a pochi decenni fa. E anche l’accompagnamento nel caso di gravi patologie può offrire uno spazio sempre più umano di cura, mi viene in mente – solo per vicinanza geografica – il protocollo Giacomo dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna per neonati anencefalici.


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Innegabile è dichiarare a voce alta che quando la mano umana tocca il nervo scoperto del concepimento e della vita arriva a lambire quel limite estremo che c’è tra cura e creazione, tra conoscenza e delirio di onnipotenza.

La creatura

Ci troviamo di fronte a un traguardo medico-scientifico quasi raggiunto, ma siamo provvisti del supporto etico-morale con cui guardarlo e giudicarlo? L’impressione è che si agirà a posteriori, cioè si tenterà di arginare le derive possibili di uso sempre più ampio dell’utero artificiale man mano che si presenteranno. Questa condotta è la peggiore possibile, è proprio il caso del recinto costruito quando i buoi sono scappati. Sarebbe bene procedere nel modo inverso, anteponendo il discernere al fare. Conosciamo noi stessi, conosciamo l’uomo: l’entusiasmo può essere il trampolino della rovina. Viene la tentazione di fare sempre un passo in più, siamo per natura eccedenti come lo fu l’Ulisse dantesco alle Colonne d’Ercole.

Dovremmo rimettere sui nostri comodini (anche simbolicamente) quel testo geniale e profetico che è Frankenstein: il ritratto dell’onnipotente deriva moderna è tutto lì. Uno scienziato innamorato della conoscenza si dedica anima e corpo ad arginare il problema della morte. È sbagliato? No. Lo diventa quando scopre la via per generare la vita, e allora si sente padrone del mistero della nascita e della morte. Conclude il dottor Frankenstein, inebriato dai suoi successi:

I miei tentativi potevano risultare vani e la mia opera alla fine rivelarsi imperfetta ma, considerando i progressi che si verificano ogni giorno in campo scientifico, mi sentivo incoraggiato a tentare; avrei, se non altro, gettato le basi per un successo futuro. Neppure la vastità e la complessità del progetto erano argomentazione sufficienti a farmi considerare inattuabile quanto mi proponevo. Con questi sentimenti intrapresi la creazione di un essere umano. (Mary Shelley, Frankenstein, ed Garzanti)

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Sappiamo che quella creatura nascerà e chiederà conto al dottore dello scopo e del senso della sua vita. Sappiamo che il dottor Frankenstein volterà le spalle al suo “figlio” ottenuto in laboratorio, incapace di reggere il peso di Creatore. L’unica domanda che lo scienziato non si era posto era la più indispensabile. Qual è il mio posto di uomo nel creato?

Diritti e rovesci

Quando un primo esemplare di utero artificiale è stato esposto alla Settimana del Design in Olanda ( … ebbene sì, un capitolo di questo progetto di ricerca riguarda anche il design)

. L’ingegnere che ha curato l’aspetto esteriore di questi strumenti si è trovato tra due fuochi: i neonatologi suggerivano che per il benessere del bimbo l’ambiente interno alla sacca dovesse essere buio, proprio come è nel grembo materno, e perciò auspicavano la scelta di pareti esterne non trasparenti; ma i genitori dei bambini avrebbero desiderato vedere le loro creature durante la permanenza nella biosacca. Che fare? È giusto anteporre un desiderata dei genitori alle necessità del bambino? Chi decide?


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Questa piccola frattura è solo la prima goccia che trabocca dal vaso di Pandora. La creatura all’interno dell’utero artificiale è un neonato o è ancora un feto? Dal punto di vista legale è un problema enorme; pensiamo a quei paesi come lo Stato di New York in cui l’essere umano acquisisce diritti solo alla nascita (è sancito in quella famigerata legge che consente l’aborto fino al nono mese). Da qui lo scenario potrebbe aprirsi fino a contemplare una generazione completamente artificiale, svicolata dal corpo umano. Un sunto di alcuni importanti quesiti è riportato qui:

La tecnologia è destinata a sollevare domande dal punto di vista etico, come ha anticipato Elizabeth Chloe Romanis, avvocato dell’Università di Manchester. Innanzitutto bisognerà vedere su quali bambini verrà testato il prototipo; in secondo luogo, bisognerà fare i conti con le implicazioni a lungo termine della gestazione in un grembo artificiale. “La legge – osserva Romanis – tratta i feti e i bambini in modo molto diverso. Come si inserisce il soggetto che cresce in un utero artificiale? È possibile spegnere l’utero artificiale, e in quali circostanze? ”. E ancora: quali potrebbero essere gli impatti sulla società se l’utero artificiale dovesse diventare un’alternativa a una gravidanza naturale? Domande enormi che impongono una riflessione tempestiva. ”È chiaro che le questioni legali ed etiche emergenti dalla tecnologia devono essere discusse ora, prima che l’utero artificiale diventi una realtà”. (da Huffington Post)

Non possiamo che concordare sull’urgenza di anteporre al “prodotto pronto all’uso” le dovute istruzioni, una carta d’identità che ci trattenga nel regno amabile delle creature e al di qua della soglia oltre cui solo Dio discerne, opera e provvede.

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