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Benedetto XVI ultimo Papa. Cosa pensa Ratzinger della Profezia di Malachia?

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TIZIANA FABI / AFP

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 10/10/19 - aggiornato il 30/11/22

Il Papa emerito ha risposto in modo sorprendente, facendo riferimento a San Filippo Neri e ai protestanti "inquieti"

Benedetto XVI ultimo Papa: parola di Malachia, abate e arcivescovo cattolico irlandese, titolare dell’arcidiocesi di Armagh. Malachia visse tra il 1095 e il 1148, e fu proclamato santo da papa Clemente III, il 6 luglio 1190.

La devozione dei fedeli gli attribuisce diversi miracoli e una visione riguardante l’identità degli ultimi papi, le cosiddette Profezie sui papi, raccolte (sulla base di un manoscritto attribuito, appunto, a Malachia) nell’omonimo volume, pubblicato nel 1595, a Venezia, dal monaco benedettino Arnold Wion.

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Wikipedia - Malachia

Cosa dicono le profezie

Le profezie sarebbero la conseguenza di una visione avuta da Malachia a Roma nel corso del pellegrinaggio che aveva compiuto al soglio di San Pietro.

Si tratta di 111 descrizioni sintetiche di altrettanti pontefici, fatte con brevi frasi latine. Dopo le 111 frasi, ecco che l’autore del testo conclude la sua esplorazione del futuro con questa ulteriore e ultima profezia, secondo cui:

“durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro Romano, che pascerà il suo gregge fra molte tribolazioni; quando queste saranno passate, la città dai sette colli sarà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo”.

La gloria dell’ulivo

Scorrendo l’elenco dei papi descritti da Malachia, ci accorgiamo che i 111 papi da lui descritti sono trascorsi. Benedetto XVI corrisponderebbe all’ultimo, contrassegnato come De gloria olivae, la gloria dell’ulivo, che richiama un simbolo benedettino.

POPE BENEDICT XVI
VINCENZO PINTO | AFP

<p”>Siamo dunque arrivati a «Petrus Romanus»? È papa Francesco, il vescovo arrivato dalla «fine del mondo», come ebbe egli a definirsi la sera dell’elezione parlando alla folla di piazza San Pietro, l’ultimo vicario di Cristo? E ora cosa succederà? La fine del mondo e dei tempi, o forse «soltanto» la fine della Chiesa? Il tutto, naturalmente, se prendiamo in considerazione che le profezie di Malachia siano attendibili.

Si è molto discusso sull’autenticità di questo testo, e molti sono i misteri che lo circondano. Una delle indagini più approfondite, l’ha compiuta Paolo Gulisano in “Malachia, tra storia e misteri” (Ancora editrice).

Il contesto della profezia

La perdita della libertà, la persecuzione religiosa, la devastazione materiale che si abbatterono sulla Chiesa nelle isole Britanniche, in Inghilterra prima e poi in Irlanda e in Scozia, possono essere all’origine delle Profezie sui papi attribuite a Malachia.

È questa l’ipotesi sorprendente e suggestiva che è stata fatta proprio dal 111° pontefice della lista, Benedetto XVI. Nel libro-intervista Ultime conversazioni, il giornalista e scrittore tedesco Peter Seewald pone al Papa emerito questa domanda:

«Lei conosce la profezia di Malachia, che nel medioevo compilò una lista di futuri pontefici prevedendo anche la fine del mondo, o almeno la fine della Chiesa. Secondo tale lista il papato terminerebbe con il suo pontificato. E se lei fosse effettivamente l’ultimo a rappresentare la figura del papa come l’abbiamo conosciuto finora?».

Tra ironia e San Filippo Neri

La risposta di papa Ratzinger è sorprendente:

«Tutto può essere. Probabilmente questa profezia è nata nei circoli attorno a Filippo Neri. A quell’epoca i protestanti sostenevano che il papato fosse finito, e lui voleva solo dimostrare, con una lista lunghissima di papi, che invece non era così. Non per questo, però, si deve dedurre che finirà davvero. Piuttosto che la sua lista non era ancora abbastanza lunga!».

Benedetto XVI, non senza una certa ironia, sembra dare la sua risposta all’enigma sul quale si sono arrovellati a lungo gli studiosi.

Dopo un possibilista «tutto può essere», ecco l’ipotesi che non era mai stata avanzata da nessuno: la profezia verrebbe da san Filippo Neri o da quelli che il papa chiama «circoli» che erano attorno al santo dell’allegria. Una ipotesi originale e suggestiva, mai formulata prima. Le profezie dunque sarebbero di san Filippo, e della sua compagnia, e non di san Malachia?

Il fondatore della Congregazione dell’oratorio

San Filippo, diventato sacerdote a trentuno anni, diede vita a Roma ad una comunità, che più tardi – per volere delle autorità ecclesiastiche e dei suoi stessi amici e discepoli – divenne una congregazione religiosa. Nacque così, senza un progetto preordinato, la «Congregazione dell’oratorio»: la comunità dei preti che nell’oratorio avevano non solo il centro della loro vita spirituale, ma anche il più fecondo campo di apostolato.

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PD

Nei «circoli» attorno a san Filippo, come li definisce Ratzinger, c’era fin dagli inizi un giovane di nome Cesare Baronio, un nome che ritornerà più avanti. Sarebbe diventato anch’egli sacerdote e membro della Congregazione dell’oratorio. Sarebbe poi divenuto il primo successore di san Filippo come Superiore della comunità. Uomo di grande fede e pietà, si dedicò con grande intensità agli studi. Divenne uno dei più grandi studiosi della storia della Chiesa.


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Le provocazioni dei protestanti

Torniamo alle dichiarazioni di Benedetto XVI: il Papa emerito suppone che la pubblicazione delle profezie fosse una sorta di risposta alle provocazioni di parte protestante che davano il papato come finito. Quali protestanti? In quel momento storico la parte del variegato mondo protestante più aggressiva era quella inglese. In Francia l’anno prima il re protestante Enrico IV si era appena riconciliato con la Chiesa («Parigi val bene una messa»), grazie all’azione di un ecclesiastico di grande cultura e prestigio che era stato inviato presso di lui per riconciliarlo con la Chiesa e mettere fine alla guerra tra cattolici e calvinisti: Cesare Baronio. Si ancora lui, l’allievo prediletto di San Filippo Neri.

In Inghilterra invece regnava trionfalmente Elisabetta I, che in quegli anni aveva fatto dell’Inghilterra un impero che dominava pressoché in tutti i continenti. Una regina che odiava profondamente la Chiesa, che l’aveva perseguitata con un odio implacabile, che aveva dichiarato guerra senza pietà alla principale potenza cattolica, la Spagna. Una donna che formalmente era protestante, ma che nei fatti si circondava di alchimisti, di maghi, come il celebre John Dee, e che aveva promosso una sorta di culto idolatrico della sua persona. I cattolici inglesi perseguitati erano bollati col nome di «papisti», tanto era l’odio della sovrana per coloro che riconoscevano nel successore di Pietro la guida della vera Chiesa di Cristo.


PAPIEŻ FRANCISZEK, KONKLAWE

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Ecco allora che le sibilline frasi di Benedetto XVI – che non hanno mai avuto un ulteriore chiarificazione – ci possono suggerire almeno tre ipotesi.

1) I circoli di San Filippo Neri

In primo luogo nei circoli attorno a san Filippo Neri si sviluppa un interesse di tipo apologetico per il papato, che produce un documento in cui si elencano ben centoundici pontefici.

Una risposta agli stregoni della corte elisabettiana che predicevano l’imminente fine di Roma, la «nuova Babilonia». Il risultato però è quello di centoundici enigmatiche definizioni, che si concludono con una visione tragica, drammatica: la fine di Roma, la fine del papato. Esattamente quello che sognavano i protestanti.

2) Cesare Baronio

Un’altra ipotesi è quella che Cesare Baronio fosse venuto effettivamente in possesso – magari in Francia, dove si recava di frequente – di un manoscritto rimasto fino a quel momento inedito, le profezie di Malachia.

Il manoscritto potrebbe essere rimasto per secoli tra le mura silenziose di Clairvaux. Possiamo immaginare che Malachia lo avesse con sé durante il suo ultimo viaggio, terminato anzi tempo a Clairvaux.

E poi Baronio, una volta avuto tra le mani il manoscritto, lo avrebbe portato a Roma e diffuso nei “circoli” di San Filippo.

3) Falso storico

Per molto tempo gli storici hanno sostenuto anche l’ipotesi di un falso. A sostenere questa ipotesi il sospetto che la profezia di Malachia potrebbe rientrare nella consuetudine di usare sedicenti testi profetici come armi psicologiche, per influenzare gli eventi, prospettando come sicuri e inevitabili gli sviluppi più congeniali a chi aveva elaborato il testo. L’ironico commento di Ratzinger potrebbe anche far pensare che il Papa emerito suffraghi questa ipotesi.

Tuttavia sembra strano che abbia voluto rivelarla proprio in quello che potrebbe essere il suo ultimo scritto, una sorta di testamento spirituale.




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