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Per chi è curioso di sapere com’è la vita monastica, un monastero trappista offre il programma “Monaco per un Mese”

TRAPPIST MONK
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John Burger - pubblicato il 04/10/19
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Il programma dell’abbazia di Mepkin invita gli uomini a vivere un periodo di preghiera e lavoroIl cambiamento climatico è stato solo l’inizio per Christopher L. Webber, che è passato dalla nebbiosa e fresca San Francisco al semi-tropicale South Carolina.

E c’è di più. Webber, rimasto da poco vedovo, è passato da “una comunità di più di un centinaio di anziani, per la maggior parte donne, centrata sul divertimento, sull’esercizio fisico e sulla ben poca quiete a una comunità molto più piccola di uomini centrata sulla contemplazione e gli esercizi religiosi, e quasi sempre completamente silenziosa tranne che nella preghiera”.

“Avevo pensato di alzarmi presto, alle 5.30, due ore prima del resto della comunità”, ha affermato. “Ora dovrei alzarmi quasi tre ore prima di quell’ora se dovessi continuare i miei soliti esercizi fisici prima dell’inizio della giornata monastica”.

Webber è stato accolto nell’abbazia di Mepkin in base al suo Monastic Guest Program, il programma che fa seguire agli ospiti la vita dei monaci.

L’abbazia è stata fondata nel 1949 a nord di Charleston, in South Carolina, dai monaci del Getsemani del Kentucky. Come comunità dell’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza, noti come Trappisti, i monaci seguono la Regola di San Bendetto, dedicando la loro vita alla preghiera, allo studio spirituale, al lavoro e all’ospitalità. Per sostenersi, i monaci piantano funghi e vendono torte alla frutta.

Da molti anni accolgono gli ospiti anche a lungo termine – principalmente uomini interessati alla vita monastica ma che non sono ancora pronti ad assumere questo impegno. “Chi partecipa a questo programma vive nella comunità monastica per un periodo di 30 giorni”, spiega Mepkin sul suo sito web. “Su richiesta del partecipante, questo periodo può essere rinnovato a seguito di una valutazione dei monaci. Agli ospiti viene offerta una camera con bagno privato all’interno della comunità monastica, e devono partecipare a tutte le attività e ai doveri dei monaci – dalla preghiera alle 3.20 alla Compieta alle 19.30. Come i monaci, si vedono assegnato un lavoro”.

Whilden Nettles dice di essersi recato a Mepkin “per dare un senso alla mia vita e a me stesso”. Ricorda il suo primo giorno, quando è entrato in chiesa ben prima dell’alba. “Era troppo presto per qualsiasi cosa”, ha detto. “Il pomeriggio mi sembrava di stare al monastero già da anni… Continuavo a voler controllare il cellulare, ma lo avevo messo via per evitare la tentazione… Mi chiedevo se sarei riuscito a sopportare altri 29 giorni così. Non mi sentivo a mio agio”.

Presto si è reso conto che stava uscendo da un mondo multi-tasking per entrare in un luogo in cui la vita segue uno schema più naturale. “Si doveva spesso cambiare punto focale, ma bisognava concentrarsi su qualsiasi compito si stesse svolgendo in quel momento, che fosse cantare, lavorare o mangiare. Non c’erano distrazioni”.

“Il secondo o terzo giorno, la mia mente ha finalmente rallentato fino a raggiungere il giusto ritmo. Non mi sentivo più confuso, e mi sono rallegrato per la semplicità di quel programma e di quello stile di vita”.

James P. Leahy ha scoperto qualcosa di simile, soprattutto nella vita di preghiera della comunità. “Spesso una singola frase di un salmo cantata molte volte prima di quel momento può sciogliere fino alle lacrime. Non lacrime di dolore, ma di purificazione”, ha osservato.

Leahy e altri non fingono che Mepkin sia un paradiso senza pecche. “Dopo qualche visita, una persona riesce a conoscere i monaci, che hanno tutti i pregi e i difetti che si riscontrano anche nelle nostre famiglie. Ciascuno sta compiendo un percorso di vita condividendo la strada con gli altri. Alcuni risentono degli effetti fisici dell’invecchiamento, altri diventano scontrosi quando sono stanchi. Alcuni di tanto in tanto rompono il silenzio, come le persone fuori dal chiostro. Detto questo, tutti guidano con l’esempio, e sembrano avere una pazienza infinita con i visitatori occasionali”.

Webber, sacerdote ritirato della Chiesa episcopale, ha affermato che alla fine del mese a Mepkin ha iniziato a sentirsi “davvero conquistato dal silenzio del luogo e della comunità”.

“Mi sono ricordato di aver letto anni fa un libro di Chaim Potok in cui uno dei protagonisti diceva: ‘Ho iniziato a rendermi conto che si può ascoltare il silenzio e imparare da questo. Ha una qualità e una dimensione tutta sua. A volte mi parla. Mi sento vivo. Mi parla. E riesco a sentirlo’. Alla fine del mese, avevo iniziato a sperimentare quell’aspetto del silenzio e a sentirmici veramente ‘vivo’”.