Come per Adamo ed Eva il peccato ci fa scandalizzare della nostra nudità, vogliamo nasconderla. Invece proprio tutta la nostra fragilità è occasione per vivere un amore somigliante a quello di Dio per noi.
(L’articolo è ispirato dalla catechesi di fra Alessandro Ciamei per la seconda tappa della marcia francescana Lazio-Abruzzo 2019).
Nella catechesi della prima tappa abbiamo raccontato di come l’uomo abbia perso la comunione con Dio e la possibilità di godersi la bellezza di quel giardino donato, rifiutando i suoi limiti e** cedendo a quella bugia che lo vuole convincere che sarà benedetto e felice quando sarà come Dio.**
In questa giornata di marcia, dormiremo in una grande palestra tutti insieme. Finalmente potremo farci una doccia e fare il bucato. Ma la giornata sarà dura: dormiremo da una parte, mangeremo da un’altra, e faremo la catechesi in un altro posto ancora. Mi sento sballottata e instabile. Non ho il controllo della situazione. Dal vangelo di Giovanni 1, 1-14. Dal primo versetto:
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Mentre l’uomo è ramingo nel cammino, dopo che ha perduto il suo posto nel giardino dell’Eden, Dio compie la sua tenerezza di Padre mandando dal suo seno il Figlio Unigenito. Nell’incarnazione, l’amante si è fatto simile all’amato prendendo tutti i limiti della sua condizione (fuorché il peccato) e le debolezze della carne. Ma questo non è un fatto isolato della Storia, ma un processo continuo, attuale oggi, per cui Gesù è pellegrino con noi nella via, con le sue gioie e i suoi dolori. Non è un Dio distante e lontano, ma vicino e intimo perché Egli è stato PRESSO di noi. Presso di te. Il termine “presso” indica un legame d’amore in cui è impossibile non tenere fisso lo sguardo verso l’altro. Così Dio tiene il suo sguardo su di te quando si è incarnato.