Due sfilate, diversissime, a confronto. Quella di Gucci, cosiddetta orgasmica, e quella delle modelle “fenici” che risorgono dalle proprie ceneri e mostrano una bellezza diversa.
«Seguire la moda è da pervertiti. È evidente che non c’è senso», dice ridendo Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci.
E dopo aver aperto la sfilata del brand più iconico di sempre (forse) in un modo che non era né originale né provocatorio, ma solo irrispettoso (e forse banale: ancora siamo qui a dire che bisogna liberarsi, superare i confini, trasgredire? Ma se siamo oltre qualsiasi argine anche solo pensabile!) ha offerto al suo pubblico ben 90 look in un crescendo dallo stesso definito orgasmico; che viene meglio in francese, lingua definita licenziosa per antonomasia su IlSole24ore. E allora eccoci serviti: Gucci orgasmicque.
Prima del quasi centinaio di outfit infatti sono sfilate tutte le modelle vestite con un camice bianco da ricovero in psichiatria – forse nei film- come a dire (sbadiglio) che la moda arriva e ci libera, ma una tra loro ha protestato. Per Yaya Bones c’è poco da ridere, anzi niente. “Mental health is not fashion”, si leggeva sul palmo delle mani che ha sollevato. Ci sono persone che patiscono pene lancinanti proprio nell’ambito della salute mentale e usare questa immagine non fa ridere.
[protected-iframe id=”a6617105ede75805273543cd6c57b482-95521288-119775105″ info=”//www.instagram.com/embed.js” class=”instagram-media”]
Dopo l’operosa Milano raccoglie il testimone la Ville Lumiere e nella sua fashion week vanta anche uno stilista valdostano. Che d’oltralpe sembra rispondere al direttore creativo di Gucci. Si tratta di Fabio Porliod.
Ha fatto sfilare solo modelle con amputazioni: che fosse alla ricerca di una trasgressione estrema o di facile commozione?
Non sembra, in ogni caso è bello guardare questi uomini e donne menomati che si mostrano così integri; e ricordare per contrasto le teste mozzate (finte) portate in braccio dai modelli Gucci in un’altra occasione. O in un’altra ancora, più recente, assistere alla celebrazione dell’utero vuoto come emblema della donna liberata, sempre sulle passerelle Gucci.
Leggi anche:
Gucci “difende” le donne celebrando l’utero vuoto
In questo evento, dal titolo Phoenix alternative models, hanno sfilato 13 donne, 2 italiane e 11 francesi, e un uomo:
Agathe Milliem, Nelia Keciri, Béatrice Duran, Aurélie Garcia, Mélanie Sambres, Sandrine Catucci, Marlène Grodjean, Cynthia Gonzales, Salome Homont, Andreea Lozinka, Chantal Piscelli Mcland e Cécile Saboureau, paratleta francese, madrina della serata insieme all’unico uomo, Alessandro Assola, atleta italiano amputato e modello. Nel gruppo anche Fabienne Sava Pelosse, sportiva con all’attivo gare in territori estremi e presidentessa dall’associazione Osa (Objectif sport adapté) di Genay (Lione) che promuove il progetto. (La Stampa)
«Volevamo che si vedesse la donna e non l’amputazione e a giudicare dal coinvolgimento e dai commenti del pubblico, 240 persone, molte più del previsto, e dalla gioia delle modelle ci siamo riusciti», commenta Fabio Porliod (Ibidem).
L’evento si è svolto nella cornice dell’Hotel des Invalides, prima ospedale per la cura degli invalidi militari e ora museo delle protesi. Vi è sepolto anche Napoleone Bonaparte.
La sfida era proprio quella di far emergere la bellezza profonda delle persone, che rimane integra anche se il corpo è offeso. L’essere umano sa davvero risollevarsi come un gigante dalle prove più incredibili. Restare interi anche nel corpo è un bene desiderabilissimo, non c’è dubbio; ma queste mutilazioni sono occasioni preziose perché l’anima si estrofletta e si mostri senza vergogna ad occhi a rischio distrazione e assuefazione. Ci basti pensare a Giusy Versace o a Bebe Vio e al giovanissimo Manuel Bortuzzo: sarebbero ben felici di avere ancora i propri arti e funzioni integre ma non rinuncerebbero tanto volentieri al tesoro che hanno scoperto in se stessi.
abbiamo dimostrato che si può essere sempre bellissime e desiderabili – sottolinea Porliod -, perché la vera bellezza risiede nella potenza dell’anima. È stata la sfilata più emozionante che abbia mai fatto, difficile trattenere le lacrime. Queste donne avevano un’energia e una positività incredibile. Mi hanno stupito alcuni spettatori che mi hanno detto di non aver visto le amputazione perché distratti dalla bellezza, non credevo fosse possibile (Ibidem, La Stampa).