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Lo sguardo, vero barometro della coppia

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Paul Habsburg - pubblicato il 27/09/19

In una coppia, lo sguardo contiene un potere misterioso. Se è pieno di fascino e di ammirazione quando ci si innamora, esso può spegnersi dopo qualche anno di matrimonio. Il suo potere è una lama a doppio taglio, perché è con gli occhi che ci si può accogliere e donare, ma con lo sguardo puniamo, umiliamo e giudichiamo anche… Eppure che felicità c’è, in una coppia, quando lo sguardo diventa luogo di transito dell’amore di Dio, della sua pazienza e della sua gioia!

Amo quando mia madre guarda mio padre che parla. Lo fissa per tutto il tempo con uno sguardo quieto e pieno di ammirazione, uno sguardo che esprime la sua comunione con lui. Si comprende che sa di essere una cosa sola con lui. Prima mio padre lo faceva di meno, ma da qualche anno anche lui guarda mia madre con attenzione mentre quella racconta delle storie. È evidente che l’ama. Forse non lo dice di continuo, ma il suo sguardo lo rivela.




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Quando una coppia si guarda con benevolenza, fa bene a tutti. Lo sguardo contiene un potere misterioso, anzi è un potere vitale per i bambini, quando reclamano l’attenzione dei genitori: «Mamma, guardami!», «Guardami, papà!». E quando lo sguardo del genitore si rivolge verso il bambino, questo prova della gioia. Egli è visto, guardato, compreso. Lo sguardo dei genitori costruisce il bambino, il quale comprende il proprio valore attraverso lo sguardo dei genitori.


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Quando i bambini crescono, lo sguardo dei genitori tende a posarsi di meno su di loro. Quello sguardo – stavolta affascinato e prolungato – torna quando i giovani si innamorano. Spesso torna dolcemente ad assopirsi dopo qualche anno di matrimonio… Sarà perché non ce ne spiegano a sufficienza l’importanza o perché ne sottostimiamo la portata, che lo sguardo si spegne? Non è triste vedere coppie che non si parlano e che neppure si guardano più?

Lo sguardo, una lama a doppio taglio

Nella preparazione al matrimonio, quando parlo ai fidanzati del corpo “come dono e missione”, chiedo loro quale sia ai loro occhi l’atto più nobile che si possa fare. Hanno sempre bisogno di un certo tempo di riflessione insieme, prima di prendere coscienza che l’essere umano, a differenza dell’animale, è portatore di un immenso potere. Un potere a doppio taglio: è con gli occhi che ci si accoglie e ci si dona, che si perdona e si incoraggia. Dopo un solo sguardo prolungato di Gesù… fino a che punto è cambiata la vita di Zaccheo (Lc 19, 1-10) o quella di Maria Maddalena (Gv 7, 53-8, 11)! Ma pensiamo pure a quanto un solo sguardo possa punire, umiliare, giudicare…


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Questa realtà ancipite ci dice molto sulla nostra origine e sulla nostra missione: la capacità di dare la vita con gli occhi ci indica la nostra origine divina. Siamo creati a immagine di Dio, proveniamo da qualcuno che è signore della vita. Questa capacità contiene anche una missione iscritta nella natura propria dello sguardo: imparare a controllare lo sguardo, imparare a guardare per accogliere e per donare la vita.


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Ciò sembra evidente, ma ammettiamo che i nostri sguardi non sono così spesso in modalità “dono di sé” o “accoglienza incondizionata”. Non rivelano piuttosto i nostri dubbi mentre l’altro ci parla, o perfino il disaccordo? Spesso il nostro sguardo è curioso, diciamo pure malsano. Capita che esso si diriga verso quel che è illecito e che ci fa male. Non è che si tratta di cattiveria dentro di noi: diciamo piuttosto che questo scarso dominio dello sguardo non contribuisce a tenere desta la nostra coscienza. È qui che per la coppia si apre un orizzonte nuovo, riempito di benefiche opportunità per l’uno come per l’altra, senza che ciò comporti uno sforzo troppo grande.




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Perché non esercitarsi a imparare a dare la vita con gli occhi, soprattutto nella coppia? Imparare a non prendere ma a dare con gli occhi. A non giudicare bensì a comprendere. A non mostrare impazienza ma piuttosto un’autentica accoglienza. A rinunciare allo sguardo terreo adottandone uno benevolo. Praticando questo non ci si sbaglia mai, anche se si pensa che l’altro non lo meriti. Nulla perdiamo quando ci alleniamo a impedire la nostra tendenza a portare su cose e persone uno sguardo indifferente o impuro, malsano o inquisitorio. Al contrario, rischiamo solamente di diventare campioni di sguardo amabile.




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Mi ricordo di una situazione che ho vissuto quando, prima di trasferirmi in Francia, abitavo in una comunità presbiterale. Uno dei miei confratelli aveva spesso uno sguardo poco gioioso. Da parte sua, lui trovava che il suo sguardo fosse normale. Siccome all’epoca ero il superiore di quella comunità, gli chiesi se potesse fare il piccolo sforzo di fare un sorriso, di tanto in tanto, mentre volgeva lo sguardo. Accettò di provare, dicendomi però che temeva di comportarsi da pagliaccio. Neppure tre giorni e l’ambiente della comunità cambiò considerevolmente: egli stesso ne fu visibilmente felice.

Lo specchio degli sposi è lo sguardo dell’altro

Basta appena un sorrisetto, un rapido sguardo incoraggiante ogni tanto – e il mondo può cambiare. Non dimentichiamo che il nostro viso non ci appartiene, esso appartiene agli altri. Yves Semen, il grande esperto della Teologia del Corpo di Giovanni Paolo II, si spinge perfino oltre dicendo che «lo specchio degli sposi dev’essere unicamente lo sguardo dell’altro» (Yves Semen, Spiritualità coniugale secondo Giovanni Paolo II). Non è del tutto falso, ma non è facile mandarla giù così.




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Nella vita di coppia, nell’intimità di due persone che si sono promesse amore e fedeltà, è così importante poter contare l’uno sull’altra. Secondo Papa Francesco, imparare ad amare in coppia «implica quel gusto della contemplazione e della valorizzazione del bello e della sacralità dell’essere personale, che esiste al di là delle mie necessità» (Amoris lætitia 127). Dunque non è più uno sguardo che cerca l’altro per sentirsi compreso, per non essere solo o per il proprio piacere… in quel preciso istante, l’amore diventa un luogo di gratuità che permette a Dio di agire attraverso i miei occhi. Un luogo che mi permette di toccare e di rassicurare l’altro attraverso il mio sguardo. Quando il mio volto vi si presta, quando esso esprime il dono di sé e l’accoglienza radicale, continuo l’opera di Dio nell’altro.

Lo sguardo, luogo del passaggio dell’amore di Dio

Quale differenza, nel cuore dell’altro, quando il mio sguardo diventa luogo del passaggio dell’amore di Dio, della sua pazienza e della sua gioia! Che felicità, per il mio coniuge, poter contare sul mio sguardo amabile! Che felicità per l’altro nel vedere che mi rallegro della sua presenza, che non lo giudico, che ci sono per lei/lui! Va da sé che tutto questo non basta e non è mai acquisito una volta per tutte. Alle volte i nostri sentimenti possono essere talmente instabili che nemmeno riusciamo a guadare l’altro. È in questo senso che Francesco ci ricorda come «lo sguardo che valorizza ha un’enorme importanza, e di solito lo si rifiuta a torto» (Amoris lætitia 128). Rifiutare lo sguardo dell’altro non fa mai bene.


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Alle volte bisogna fare una piccola pausa e riprendere fiato, per ricordarvi che Dio vuole aver bisogno del vostro sguardo: Egli conta sui vostri occhi. Se vi prestate alla cosa, non resterete senza ricompensa. Osate la sfida di uno sguardo semplicemente più amabile e più accogliente. I frutti sono più visibili di quanto possiate pensare.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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