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Preghiera: come capire quando “è troppa”?

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Tom Hoopes - pubblicato il 25/09/19

Nella Bibbia, più volte Gesù ci mette in guardia contro l’eccesso di zelo: «Non chi mi dice “Signore, Signore!”, ma chi fa la volontà del Padre mio…». Così ci dice. Ci avverte anche che i più zelanti in realtà commettono il male (Mt 7, 21-22). Allora, come schivare questi scogli contro cui Cristo stesso ci mette in guardia?

Gesù è particolarmente severo riguardo a quelli che si nascondono dietro false apparenze. E allora come fare a sapere quando anche noi ostentiamo eccesso di zelo ma non siamo sinceri?

Quando il nostro stato di vita confligge con la pratica religiosa

La messa domenicale è obbligatoria, ma quella settimanale non lo è. Dio preferisce che adempiamo agli obblighi che appartengono al nostro stato di vita, piuttosto che vi deroghiamo per andare alla messa quotidiana, ai vespri o all’adorazione. Se siete studenti, lo studio è compatibile con la messa serale; se siete genitori, la famiglia e il lavoro hanno la priorità.

Quando la nostra pietà torna a nostra gloria e non a gloria di Dio

Giovanni Battista aveva una folla numerosa che lo seguiva, ma quando venne il momento fece un passo indietro dicendo: «Bisogna che egli cresca e che io diminuisca» (Gv 3, 30). San Benedetto Labre, anche noto come “il Vagabondo di Dio”, è un altro esempio di umiltà. Questo santo mendicante del XVIII secolo poteva passare ore inginocchiato in preghiera, ma quando sentiva qualcuno che arrivava in cappella si sedeva immediatamente. Non voleva che lo si vedesse in una posa devota perché temeva che questo lo incitasse a pregare per le apparenze e non per Dio.

San Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei, scrive:

Non voler assomigliare al segnavento dorato di quel grande edificio; per quanto sia brillante e alto, nulla ha della solidità dello stabile. Sii piuttosto come la vecchia grossa pietra, nascosta nelle fondamenta, sotto terra, là dove nessuno ti vedrà: grazie a te la casa non crollerà.

Quando preghiamo più in pubblico che in privato

Gesù ci ha detto:

Quando preghi, raccogliti nella tua stanza, chiudi la porta e prega il tuo Padre, che vede nel segreto; e il tuo Padre, che vede nel segreto, ti ricompenserà

Mt 6, 6

È facile pregare in gruppo, durante grandi eventi, alla messa… Accordiamo del tempo anche alla preghiera personale? Preghiamo nel segreto?


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Prendiamo esempio da Giovanni Paolo II. Certamente, tutti l’abbiamo visto pregare pubblicamente. Mons. Slawomir Oder, però, che fu il postulatore della sua causa di canonizzazione, rivelò questo dettaglio della vita del santo pontefice polacco: molto spesso, Giovanni Paolo II dormiva per terra nella sua camera, come esercizio di mortificazione, ma sgualciva le lenzuola per dare l’impressione di aver dormito nel suo letto. Faceva questo per Dio solo, senza che nessun altro lo sapesse. È così che dobbiamo vivere la nostra vita spirituale.

Quando i nostri gesti devoti non hanno più un vero senso

Come cattolici, c’inginocchiamo davanti al tabernacolo, che è lo scrigno della presenza reale di Gesù Cristo, nostro Re e Signore. Per la maggior parte di noi, questo significa che facciamo una genuflessione indirizzata all’abside prima di andare a sederci al nostro posto.




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Per quest’abitudine, la maggior parte delle persone s’inginocchiano prima di sedersi anche se il tabernacolo è collocato altrove, e se dunque non c’è ragione di effettuare quel gesto in quel momento. Lo fanno per abitudine, senza riflettere. Diffidiamo di questi gesti, quando li svolgiamo dimenticando il senso che comportano. Altrimenti diventano malli vuoti, oppure rituali superstiziosi.

Quando la pratica religiosa ci sfianca

Se osserviamo i movimenti ereticali attraverso la storia, notiamo che seguono un medesimo schema: un gruppo di persone scopre una via che permette di accedere a un’espressione più pura e più intensa della fede. Tale gruppo è più esigente, nei confronti dei correligionari, di quanto non lo sia la Chiesa. Spesso, questi fenomeni conoscono una pronta fioritura, che si rivela effimera e svanisce quando le persone si rendono conto che la disciplina esatta non è sostenibile.


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Alcuni pensano che si sia dei cattivi cattolici se non si va quotidianamente a messa, se non si prega la liturgia delle ore e se non si consacra quotidianamente del tempo all’adorazione. C’è però chi si sfianca nel fare tutto questo senza trarne più alcun beneficio né alcuna gioia.

Diffidiamo di quanti prendono dei semplici consigli per obblighi, o giungono a proibire le cose che la Chiesa autorizza.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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