Il sacerdote aveva un legame speciale con la giornalista morta di cancro e affronta questo tema, così delicato, nelle ore in cui c’è il pronunciamento della Corte Costituzionale
«Nadia è stata una persona speciale perché, nonostante le sofferenze fisiche e morali causate da un tumore al cervello, non ha mai perso la speranza. E mi sembra giusto ribadirlo in questi giorni in cui si discute di suicidio assistito, un’idea a lei totalmente estranea. Per Nadia, alla quale il Signore è stato certamente vicino, la malattia era un nemico da sconfiggere nella consapevolezza della sacralità della vita».
Don Maurizio Patriciello, 64 anni, sacerdote di Caivano (Napoli), da sempre al fianco delle vittime della Terra dei fuochi, in Campania, e amico di Nadia Toffa, volto noto de Le Iene, morta il 13 agosto scorso a 40 anni, affida a Famiglia Cristiana (25 settembre) una sua riflessione.
L’incontro tra Don Maurizio e Nadia
Nadia conobbe il parroco di Caivano durante un servizio giornalistico sulle tragedie causate dallo smaltimento selvaggio e illegale dei rifiuti tossici nella Terra dei fuochi, tra le zone d’Italia dove si muore maggiormente di tumore.
Da quell’incontro nacque una profonda amicizia, fatta di incontri, messaggi, incoraggiamenti reciproci a combattere le rispettive battaglie contro la diffusione del cancro.
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“Ha taciuto solo quando sono venute meno le forze
Il sacerdote ricorda ammirato il modo in cui la conduttrice ha affrontato il suo calvario, dando coraggio a tanti ammalati. «Sdoganò la parola cancro», dice, «pronunciandola a viso aperto in televisione: una prova di forza e un incoraggiamento alle tante persone affette da questo male che, condizionate da una società spesso superficiale e spietata, ne hanno quasi vergogna, nel timore di essere emarginate. Ha taciuto soltanto quando le sono venute meno le forze, ma nei nostri discorsi e nei messaggi che ci siamo scambiati non si è mai lamentata. Di questo toccante percorso spirituale io sono stato testimone e sento il bisogno di renderlo pubblico ora che si parla di legalizzare il suicidio assistito».
L’articolo 580
La testimonianza di Don Patriciello arriva nelle ore in cui c’è il pronunciamento della Consulta sulla compatibilità con la Costituzione dell’articolo 580 del codice penale, che punisce l’aiuto e l’istigazione al suicidio con la reclusione fino a 12 anni.
A sollevare il caso alla Consulta e’ stata, nel febbraio 2018, la Corte d’assise di Milano nell’ambito del processo all’esponente radicale Marco Cappato per il suicidio assistito di Dj Fabo.
Nella prima giornata dei lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, il 23 settembre, monsignor Mario Meini, vescovo di Fiesole e vicepresidente della Cei, ha detto senza mezze misure: la «centralità della persona per noi si traduce anche nell’impegno a unire la nostra voce a quella di tanti, a partire dalle associazioni laicali, per dire la contrarietà al tentativo di introdurre nell’ordinamento pratiche eutanasiche».
«È difficile non essere profondamente preoccupati rispetto alla possibilità di ammettere il suicidio assistito, promosso come un diritto da assicurare e come un’espressione della libertà del singolo. Anche se ammantate di pietà e di compassione – ha concluso – si tratta di scelte di fatto egoistiche, che finiscono per privilegiare i forti e far sentire il malato come un peso inutile e gravoso per la collettività».
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