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Mia nonna è morta da 30 anni, penso a lei ogni giorno: mai avrebbe chiesto di essere uccisa!

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By Galushko Sergey/Shutterstock

Rachele Sagramoso - pubblicato il 24/09/19

Non abbandoniamo i sofferenti. Non abbandoniamo i malati. No all'eutanasia.

La mia dolce nonnina si ammalò quando avevo dieci anni. Il medico si accorse che era piena di metastasi. Era molto giovane e quando seppi che era malata, per me cadde un mondo. Mio nonno, un mutilato di guerra che se l’era sposata e amata tutta la vita, chiese se potevano guarirla. Gli fu risposto che non c’era nulla da fare. Lui se la tenne in casa e siccome tutti amavano la mia nonna, ci fu una serie di amiche che per tutto il periodo della malattia, si susseguirono per prendersene cura.

I dolori erano lancinanti e lei piangeva spesso, ma quando le amiche le tenevano compagnia, lei rifioriva. Una suora di un ordine che si occupa di malati terminali, Suor Soledad, persona abituata alle morti, lo spiegò chiaramente: le persone soffrono perché sono sole, abbandonate, impaurite. E perché, per tutta la vita, hanno pensato che dopo la morte non ci sia più nulla. Mio nonno guardava negli occhi la sua amata, la baciava, l’accarezzava e non la lasciava mai. Quel giorno arrivò e fu Suor Soledad a dire che era finita. L’espressione della mia nonna morta, tra l’amore dei figli e quella del marito, fu quella di una persona che, serenamente, si addormenta tra le coperte rincalzate amorevolmente. Mio nonno s’innamorò talmente di quel viso liscio e abbandonato, che ne fece un dipinto bellissimo.




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Sono certa che mai avrebbe chiesto di essere uccisa, mia nonna, anche solo per l’amore che stava ricevendo da amiche e conoscenti che si susseguivano a parlare con lei, a confortarla, a pregare e persino a ridere. È la solitudine che fa la sofferenza. E la cultura ci vuole sterili e soli, così da richiedere di morire perché nessuno ci ama e ci conforta. Tutti parlano di love, ma è un love cretino e pieno di pailettes luccicanti che prima o poi si staccano una ad una, quando sopraggiunge sofferenza. E allora avremo le persone con le quali avremo intrecciato relazioni d’affetto, che si prenderanno cura di noi, nella gioia e nel dolore. Capovolgiamo questo mondo triste ed edonista, ritorniamo al conforto e alla misericordia. Al vero amore, senza arcobaleni scemi e luccichii penosi.

La mia nonna è morta da trent’anni, ma ogni giorno la penso, il nostro legame è eterno grazie al suo amore. Quello vero e puro. Tanto che una mia figlia si chiama come lei.
Non abbandoniamo i sofferenti.
Non abbandoniamo i malati.
No all’eutanasia.


eutanásia

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QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA RACHELE SAGRAMOSO

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