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Il peccato dell’avidità – perché il mondo intero non è abbastanza

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padre Robert McTeigue, SJ - pubblicato il 19/09/19

L'avidità è una sorta di follia. Peggio, è una forma di idolatria

“Comprati qualcosa…”, mi sussurra Amazon in modo gentile ogni volta che vi entro. Amazon capisce bene che tutto ciò che abbiamo non è mai abbastanza.

E non è solo Amazon. Quante volte avete cliccato su un link con scritto qualcosa del tipo : “10 COSE DI CUI NON SAPEVATE DI AVERE BISOGNO – FINORA!”

Perché clicchiamo su links di questo tipo? Può avere qualcosa a che fare con l’avidità?

L’avidità (nota anche come “avarizia”) è uno dei sette peccati capitali. Non esiste una definizione semplice di avarizia. San Tommaso d’Aquino ha scritto che “l’avidità è un peccato contro Dio, proprio come tutti i peccati mortali, in quanto l’uomo condanna le cose eterne per il bene delle cose temporali”. Non c’è dubbio sul fatto che sia mortale. Esprime bene l’idea dell’Aquinate il fatto che nel Purgatorio di Dante i penitenti siano legati e gettati faccia a terra per essersi concentrati troppo sui pensieri terreni. Forse un esempio può essere d’aiuto.

Conosco una famiglia la cui bambina di due anni non capiva cosa succedesse la mattina di Natale. Sapeva solo che si era svegliata prima della solita ora. Si è alzata rimanendo però con la testa sul materasso e ripetendo “Tanto, tanto stanca…” Poi il padre ha detto: “Tesoro, guarda questo!” La bambina si è stropicciata gli occhi e ha guardato stupita il pacchetto davanti a lei. “È mio?”,ha chiesto meravigliata.

Quel processo si è ripetuto varie volte, ma qualcosa era cambiato. Nell’arco di venti minuti, la bambina era diventata quasi ferina, circondata da carta da pacchi stracciata e con moltissimi giocattoli ai piedi, mentre gridava: “ALTRI! ALTRI!”

Questa è avidità.

Magari ci viene da sorridere quando un bambino che non ha ancora raggiunto l’età della ragione grida “Altri!”

Tra gli adulti può essere brutto, e mortale. Considerate questo avvertimento di San Giovanni Maria Vianney:

“L’avarizia è un amore disordinato dei beni di questo mondo. Sì, figli miei, è un amore regolato in modo malato, un amore fatale, che ci fa dimenticare il buon Dio, la preghiera, i sacramenti, per amare i beni di questo mondo – oro, argento e terre. L’uomo avido è come un maiale, che cerca il cibo nel fango senza curarsi della sua provenienza. Chinandosi al suolo, non pensa ad altro che alla terra; non guarda più il Cielo, la sua felicità non è più lì. L’uomo avaro non fa del bene fino alla morte. Guardate con che avidità raduna ricchezze, con quanta ansia le mantiene, quanto è afflitto se le perde… In mezzo alle ricchezze, non ne gode; è come se fosse immerso in un fiume e tuttavia morisse di sete; sdraiato su un letto di grano, muore di fame; ha tutto, figli miei, e non osa toccare nulla; il suo oro è per lui sacro, lo rende la sua divinità, lo adora…”

Anche la Scrittura è piena di avvertimenti. Dall’Antico Testamento:

“L’occhio dell’avaro non si accontenta di una parte, l’insana cupidigia inaridisce l’anima sua” (Siracide 14, 9).

Allo stesso modo, il Nuovo Testamento avverte:

“E disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni»” (Luca 12, 15).

L’avidità è una sorta di follia. Peggio, è una forma di idolatria. Attraverso il profeta Isaia Dio ha chiesto: “Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia?” (Isaia 55, 2). L’etimologia della parola “soddisfare” è significativa: satis e facere. Essere soddisfatti vuol dire essere riempiti. Le nostre anime immateriali sono fatte per le infinite realtà della Verità, della Bontà e della Bellezza. Non importa quanto infiliamo nel portafogli, in bocca, in casa o quanto assomigliamo a un bambino piccolo che grida “ALTRI!”, il mondo non può soddisfarci. Il mondo intero non è abbastanza per noi. Tutto il creato non è sufficiente per noi. Siamo stati creati per un tesoro incommensurabile e infinito, che è Dio stesso. Agiamo di conseguenza prima che sia troppo tardi!

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