Già nel 1929 Chesterton evidenziava un grande abbaglio del pensiero moderno: ridurre tutto ciò si fa dentro casa a tristi mansioni modeste e idolatrare la presunta superiorità del lavoro fuori casa. di G. K Chesterton
Sembra che il signor Henry Ford, l’incarnazione stessa del rapido progresso e dell’industrialismo pratico, vada dicendo che il solo posto della Donna è la Casa. E sembra che il signor Bertrand Russell, il campione stesso del Femminismo, vada dicendo che la civiltà americana è iper-femminilizzata. Nel resoconto in questione egli riassume la sua opinione dicendo che “le donne americane sono iper-romantiche, e che la famiglia americana si sta disintegrando in conseguenza di ciò, poiché essa è considerata innanzitutto come il veicolo della compatibilità sentimentale e non come una unità di allevamento bambini”. Il linguaggio è un poco pedante; ma nell’insieme serve a mostrare che chiunque ha un punto sano da qualche parte, perfino i filosofi di Cambridge e i milionari scientifici.
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Ma il filosofo è più filosofico del milionario, perché è il modo sbagliato di metter giù la cosa dire che la Donna dovrebbe essere confinata nella Casa, come se fosse una Casa per Incurabili. La Casa non è una prigione, e nemmeno un manicomio; né è un argomento a favore della Casa l’idea che certe persone vi dovrebbero esser chiuse dentro perché sono deboli di mente o incapaci. Coloro che credono nella dignità della tradizione domestica, e capita che siano la stragrande maggioranza dell’umanità, considerano la casa come un ambito di ampia importanza sociale e di supremo significato spirituale; e parlare di esserci confinati dentro è come parlare di essere incatenati a un trono o di essere messi sullo scranno del giudice come se fosse la gogna. Noi non possiamo accettare come principio primo che un uomo sia scelto come giudice perché è un pazzo. E non possiamo assumere, come entrambe le parti in questa curiosa controversia assumono tanto spesso, che dare alla luce e allevare e governare le creature viventi del futuro sia compito adatto a una persona sciocca. Questo è, comunque, un esempio curioso del modo in cui una tendenza moderna spesso si impicca da sola.
Certuni cominciano col dire che è un’antiquata tirannia chiedere alle donne di far parte di una “unità di allevamento bambini”. Le incoraggiano a fare della psicologia da farsa a proposito di compatibilità e affinità e tutto il resto, con il risultato, come osserva il signor Bertrand Russell, che la visione dell’intera faccenda diventa sentimentale in una maniera pestifera. Dopodiché scoprono che, nel proporre la Donna Nuova che sarà allettante per la posterità, hanno di fatto proposto una sorta di donna assai vecchio stile, tanto schizzinosa, isterica e irresponsabile quanto qualunque sciocca zitella in un romanzo vittoriano; e soprattutto che, per quanto la riguarda, non ci sarà nessuna posterità da allettare.
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Hanno cominciato col dire che solo le donne sciocche fanno vita domestica; poi se la sono filata con le donne sensate e le hanno guardate mentre diventavano sciocche; e adesso non riescono a trovarne nessuna che entri a far parte di ciò che in origine vituperarono come una sciocchezza. È come se avessero sputato su ogni sorta di lavoro come fosse lavoro da schiavi, creato un’intera generazione che non sa fare alcun lavoro e poi reclamato invano che qualcuno faccia il lavoro anche se è servile.
Quanto a me, non ho mai capito come sia nata questa superstizione: l’idea che una donna svolga una parte più modesta nella sua casa e una più nobile fuori dalla sua casa. Può esserci ogni sorta di ragioni eccellenti perché individualmente si faccia o non faccia una delle due cose; ma io non riesco a capire come la cosa domestica possa essere considerata di natura inferiore. Molto del lavoro fatto nel mondo esterno è un lavoro piuttosto meccanico; una certa parte è lavoro decisamente sporco. Non si vede alcun possibile senso in cui sia di per sé superiore al lavoro domestico. Nove volte su dieci, la sola differenza è che una persona sgobba per persone a cui tiene e l’altra sgobba per persone alle quali non tiene. Ma concedendo che in entrambi i casi si tratti di sgobbare, nel caso domestico c’è un maggior elemento di distinzione, e perfino di dittatura. Il più fidato dei funzionari deve agire in gran parte secondo regole e regolamenti stabiliti dai suoi superiori. La madre di una famiglia fa le sue proprie regole e regolamenti; e non sono regole puramente meccaniche, ma spesso sono regole morali davvero fondamentali. E nemmeno sono puramente monotone nella loro applicazione. Secondo il signor Ford, giusta o sbagliata che sia la citazione, la donna non dovrebbe entrare negli affari del mondo esterno perché la gente d’affari deve prendere decisioni. Io direi che le madri devono prendere molte più decisioni.
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Il bambino è peculiare: non può essere aggiustato con pezzi che avanzano da un altro bambino. La madre non può ordinare un altro bambino alla stessa officina e far funzionare l’esperimento. La donna che fa vita domestica è veramente chiamata a prendere decisioni, concrete o morali, e lo fa proprio bene. Alcuni si sono perfino lagnati che le sue decisioni siano troppo decise.
Da G. K Chesterton, La famiglia, regno della libertà (libro distribuito dal Centro Missionario Francescano, per richiederlo: laperlapreziosa@libero.it )