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Papa Francesco: via della vera umiltà conduce a comunione con Dio

ANGELUS EPIPHANY

Antoine Mekary | ALETEIA | I.Media

Vatican News - pubblicato il 01/09/19

Riflettendo sull’odierno Vangelo di Luca, Francesco osserva come si assista quotidianamente ad una corsa al primo posto per affermare una “presunta superiorità”: un atteggiamento che, dice, rovina la fraternità e fa male alla comunità civile ed ecclesiale. Il Papa si era affacciato con qualche minuto di ritardo in Piazza San Pietro perché rimasto bloccato in ascensore per 25 minuti

Anche al giorno d’oggi si cerca il primo posto “per affermare una presunta superiorità sugli altri” invece di scegliere la via dell’umiltà mostrataci da Gesù: riconosciamoci dunque “così come siamo”, cioè “piccoli”, e impariamo a gioire “nel donare senza contraccambio”. Questa la riflessione di Papa Francesco all’Angelus domenicale in Piazza San Pietro, recitato con qualche minuto di ritardo – spiega – per essere rimasto bloccato in ascensore per 25 minuti.

Quando il Pontefice si è affacciato dal Palazzo Apostolico con qualche minuto di ritardo ed è stato lui stesso a spiegarne il motivo.

Devo scusarmi del ritardo, ma c’è stato un incidente: sono rimasto chiuso nell’ascensore per 25 minuti! C’è stato un calo di tensione e si è fermato l’ascensore. Grazie a Dio sono venuti i Vigili del Fuoco – li ringrazio tanto! – e dopo 25 minuti di lavoro sono riusciti a farlo andare. Un applauso ai Vigili del Fuoco!

Un atteggiamento diffuso

Quindi si sofferma sull’odierno Vangelo di Luca: Gesù partecipa a un banchetto nella casa di un capo dei farisei e osserva come gli invitati corrano per procurarsi i primi posti. Il pensiero del Pontefice corre al medesimo atteggiamento “piuttosto diffuso” pure ai “nostri giorni”.

Questa corsa ai primi posti fa male alla comunità, sia civile sia ecclesiale, perché rovina la fraternità. Tutti conosciamo queste persone arrampicatori, che sempre si arrampicano per andare su, su… Fanno male alla fraternità, danneggiano la fraternità.

Due parabole

Gesù, ricorda il Papa, al banchetto racconta due brevi parabole, indicando altrettanti atteggiamenti “fondamentali” per la nostra vita: “l’umiltà e la generosità disinteressata”. La prima parabola è rivolta a colui che è invitato ad un convivio: Gesù lo esorta a non mettersi al primo bensì “all’ultimo posto”.

Non dobbiamo cercare di nostra iniziativa l’attenzione e la considerazione altrui, ma semmai lasciare che siano gli altri a darcele. Gesù ci mostra sempre la via dell’umiltà – dobbiamo imparare la via dell’umiltà! – perché è quella più autentica, che permette anche di avere relazioni autentiche. La vera umiltà, non la finta umiltà quella che in Piemonte si chiama “la mugna quacia”: no, quella no. La vera umiltà.

Invitiamo i poveri al nostro banchetto

La seconda parabola si rivolge “a colui che invita”: Gesù lo spinge a far sedere alla propria tavola “poveri, storpi, zoppi, ciechi”.

Gesù va completamente contro-corrente, manifestando come sempre la logica di Dio Padre. E aggiunge anche la chiave per interpretare questo suo discorso. E qual è la chiave? Una promessa: se tu farai così, «riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». Questo significa che chi si comporta così avrà la ricompensa divina, molto superiore al contraccambio umano – io ti faccio questo favore aspettando che tu me ne faccia un altro: no, questo non è cristiano. La generosità umile è cristiana. Il contraccambio umano, infatti, di solito falsa le relazioni, le fa commerciali, introducendo l’interesse personale in un rapporto che dovrebbe essere generoso e gratuito. Invece Gesù invita alla generosità disinteressata, per aprirci la strada verso una gioia molto più grande, la gioia di essere partecipi dell’amore stesso di Dio che ci aspetta, tutti noi, nel banchetto celeste.

Il Tweet

Subito dopo la recita della preghiera mariana, in un Tweet sull’account @Pontifex, il Papa ribadisce che “nel Vangelo di oggi Gesù ci invita alla generosità disinteressata, per aprirci la strada verso una gioia molto più grande: quella di essere partecipi dell’amore stesso di Dio”.

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