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“Se sei grassa sei un peso per la famiglia e per lo Stato e sei sgradevole alla vista”

DONNA, MARE, SORRISO

Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 30/08/19

Brutta uscita della conduttrice egiziana Reham Saeed, immediatamente sospesa. Ma non basta criticare queste parole, occorre proporre a un mondo "obeso" di apparenza il progetto divino di bene che c'è nella nostra creaturalità.

Voleva essere un incentivo alle donne ad avere cura del proprio corpo, in sostegno al presidente egiziano Al Sisi che recentemente ha promosso un’iniziativa nazionale anti obesità. Quanto esternato dalla conduttrice televisiva egiziana Reham Saeed è suonato invece come un pesante insulto, tanto da procurarle un’immediata sospensione dal servizio per un anno con l’accusa di aver “violato gli standard nazionali”. Durante la sua trasmissione Sabaya  sul canale TV  al-Hayah la Saeed ha detto:

La gente grassa è un peso per la famiglia, per la società e per lo Stato. Sono anche sgradevoli alla vista. (da Egypt Indipendent)

Avrebbe aggiunto anche che l’obesità, a causa delle tossine in circolo nel corpo, impedisce al soggetto di essere felice e che il peso in eccesso manda in frantumi le relazioni amorose.


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Insomma, non c’è nulla da interpretare o ipotizzare. Il caso ha suscitato un grande clamore mediatico, però vorrei innanzitutto dichiarare che io non sono riuscita ad ascoltare l’intero discorso della Saeed perché non conosco la sua lingua. Mi chiedo se tutti quelli che l’hanno messa alla gogna lo abbiamo ascoltato. Prima di fare qualche osservazione critica sulle brutte parole della conduttrice, metto sul tavolo il mio limite, che è lo stesso limite della scelta frequente di diffondere intercettazioni come fossero la verità intera. Frasi estrapolate da un discorso rischiano sempre di distorcere il pensiero complessivo di una persona; non sono false, ma sono incomplete.

La stessa Saeed ha diffuso un video su Instagram in cui annuncia il suo ritiro dalle scene proprio perché si sente offesa dall’immagine parziale che è stata diffusa e si sente attaccata dai media. Vero è che la sua condotta ha altre criticità da annoverare: nel 2015 violò la privacy di una donna pubblicando foto dal suo telefono senza permesso, diffuse l’audio di una conversazione privata tra una donna e il suo amante; i media egiziani – oggi nient’affatto teneri con lei – citano persino un ipotetico caso di rapimento infantile nel 2018.

Cosa vedi?

Sullo schermo, perfettamente illuminata e truccata, Reham Saeed è bellissima, lo è secondo gli standard impliciti delle logiche imperanti: labbra turgidissime e zigomi scolpiti.




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Non credo di sbagliarmi di molto se intuisco la scelta di un pesante ricorso alla chirurgia estetica. Ed è “pesante” qui la parola che conta, perché l’obesità oggigiorno non è solo una faccenda di molti chili in più. Non siamo forse assediati da innaturali labbra obese, seni obesi, zigomi obesi? Ci si può “abbuffare” di interventi chirurgici per sfamare il desiderio di esse belle come-moda-comanda.

REHAM SAAED
Reham Saeed | Youtube

Attorno a noi c’è questa schizofrenia, non poi così subdola. Perché questa venerazione del fisico scheletrico e del rigonfiamento di certe zone? La pancia piattissima, ma le guance grandi e sferiche. Le gambe filiformi, ma il seno abbondante. E’ questa visione alterata a dimostrare che nel mondo è assente una coscienza del fatto che il nostro corpo è santo. O lo adoriamo o lo schifiamo. O è un dio da adorare, o è una svilente carcassa.

Assente l’ideale, proliferano mille idoli. Dunque, il caso generato dalle pessime esternazioni della Saeed ha suscitato una marea di reazioni istintive e superficiali che si possono sintetizzare con lo slogan «grasso è bello». Ma non è “vero”, o meglio: non è il punto. E’ tremendo e fuorviante voler per forza associare la questione del peso corporeo al tema della bellezza come apparenza. E, poi, non sempre è un bene: quando il sovrappeso arriva all’obesità è davvero un problema per chi vive questa condizione, un problema di salute e non meramente di immagine.


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Perciò le reazioni a suon di slogan semplicistici sulla bellezza del sovrappeso non escono di molto dal cortocircuito dell’insulto. Chi vive sulla sua pelle la difficoltà di vedersi allo specchio anche solo un po’ più formoso del dovuto viene ulteriormente ferito da tutte le varie declinazioni del “ma tu hai una bellezza interiore che è splendida”.

L’obesità ha delle componenti mediche che vanno trattate con estrema serietà e soprattutto accompagnando la persona coinvolta con fermezza e molte premurose rassicurazioni (con mio padre il percorso è stato duro, la compagnia accanto a lui altrettanto indispensabile). Quanto al grande tema del sovrappeso, c’è una componente emotiva su cui possiamo spendere qualche parola mirata senza scendere nello specialistico.

Imperfette creature splendenti

Credo in un solo Dio creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Sulla base di tale logica, nell’ambito della luce che proviene da Dio, anche il corpo umano conserva il suo splendore e la sua dignità. Se lo si stacca da tale dimensione, diventa in certo modo un oggetto, che molto facilmente viene svilito, poiché soltanto dinanzi agli occhi di Dio il corpo umano può rimanere nudo e scoperto e conservare intatto il suo splendore e la sua bellezza – San Giovanni Paolo II

Era il 1994 quando il Papa allora in carica pronunciava queste parole al cospetto del restaurato Giudizio Universale nella Cappella Sistina. Ci ricordò che il corpo non è un oggetto ma un progetto, di Dio peraltro. Solo l’ipotesi cristiana della creaturalità può tenere insieme il bello e l’imperfetto, evitando la caduta nel vizio della vanità o nel pericolo della malattia. Creatura significa essere carnale, ma anche figlio. All’origine della nostra presenza corporea non c’è indifferenza cosmica ma un Amore paterno che ci chiama alla vita. Non abbiamo bisogno di lodarci e venerarci da soli, Dio stesso si è compiaciuto di noi. Il suo sguardo e il suo progetto mitiga la tentazione di idolatrarci da soli.


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Dovrebbe mitigare anche la brama di chiedere la felicità alle cose, tra cui il cibo. Non è il seno abbondante a farmi sentire gratificata; non è neppure l’ingordigia sfrenata a farmi sentire soddisfatta. La bellezza – come dato di valore e immensa dignità –  è una certezza a priori, che Dio sparge senza canoni estetici stretti. E’ la nostra presenza la nostra bellezza, l’essere nella sua nuda meraviglia.

E contemporaneamente l’essere figli e creature è una chiamata. La corporeità è la forma necessaria per essere presenti e attivi nel mondo, non è solo una gabbia: col corpo diamo testimonianza della presenza del Bene incarnato che ci ha salvato. Questo orizzonte che lega il carnale e lo spirituale tampona lo spettro deformante delle imperfezioni. Lo scopo della nostra presenza non è l’apparenza, ma la testimonianza e la collaborazione al creato: l’entusiasmo di questo compito può farci serenamente chiudere un occhio sulla cellulite e sul giro vita un po’ più abbondante del dovuto per lo stesso motivo per cui se passeggiamo in compagnia della persona che amiamo alla follia non badiamo se cade qualche goccia d’acqua.

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