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Tra i primi casi di satanismo accertati: le messe nere alla corte di Luigi XIV

SATANIC MAGIC

By lady_in_red13 | Shutterstock

don Marcello Stanzione - pubblicato il 30/08/19

"Il prete, Étienne Guilbourg, recitò la messa al contrario in onore di Satana e depose sul ventre della donna il calice colmo del sangue tiepido di un bambino appena sacrificato"

Con il termine “Messa nera” si intende la celebrazione al contrario della Santa Messa cattolica trasformandola in tal modo in Messa demoniaca. Nel 1600, la nobile corte del “re sole”, Luigi XIV (1638-1715), chiamata dai posteri “la corte dell’arsenico” perché molti nobili erano stati ammazzati tramite avvelenamento, era assiduamente frequentata da una certa Catherine Deshayes, detta La Voisin, vedova Montvoisin, nata a Parigi nel 1640 e condannata a morte quaranta anni dopo, bruciata viva in un rogo sulla piazza di Greve, giudicata colpevole insieme a 36 complici.

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La donna era intima di numerose dame di corte,in particolare della contessa de Montespan, la favorita del re ed inoltre era clandestinamente nota come chiromante, procuratrice di aborti, preparatrice di veleni e filtri d’amore, ma, soprattutto, la Voisin si dedicava alla celebrazione di messe nere ed infatti vendeva anche ostie consacrate da utilizzare per riti stregonici. Il suo obiettivo insieme ai suoi collaboratori era quello di arricchirsi, mentre per le sue clienti, già ricche, lo scopo era di conseguire il favore del re o di qualche importante personaggio di corte. Il boia di Parigi le forniva grasso di impiccati e molte donne erano pronte ad eseguire ogni suo ordine, parimenti sacerdoti e sicari.

Negli archivi della Bibliothéque Nationale è stata rivenuta una confessione della figlia, Marguerite Monvoisin che dichiarò: “Ho visto mia madre Catherine accompagnare una donna velata nel padiglione in giardino e aiutarla a stendersi nuda di fronte all’altare con le braccia aperte e un cero in ogni mano. Il prete, Étienne Guilbourg, recitò la messa al contrario in onore di Satana e depose sul ventre della donna il calice colmo del sangue tiepido di un bambino appena sacrificato. Terminata la messa, Guilbourg possedette la donna e, dopo essersi bagnato le mani nel calice, lavò il sesso di entrambi.


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”Al tempo del Re Sole, e alla sua corte, le sette sataniche erano diventate ormai di moda: sovente venivano officiate dall’abate Etienne Guibourg, di cui si legge, in un rapporto del prefetto Gabriel Nicolas de La Reynie (1625-1709) incaricato alle indagini: “È un sacerdote di 70 anni, nato a Parigi, che pretende d’essere figlio illegittimo del defunto Monsieur di Mountmorecy; ha viaggiato molto; libertino; ha servito in numerose chiese a Parigi e nei dintorni, praticando continuamente sacrilegi; avvelenatore esperto, e interessato a tutti i generi d’affari malefici, amico della Voisin; ha collaborato con lei per lungo tempo, ha convissuto per più di vent’anni con una concubina (una ragazza di nome Chanfrain), dalla quale ha avuto numerosi figli, alcuni dei quali ha ucciso egli stesso; uomo straordinario, che non può essere paragonato a nessun altro, che ha sgozzato e sacrificato numerosi bambini.


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Questo crimine sembra essergli familiare. Le messe, dette sul ventre ed in altro modo, le consacrazioni, i più empi delitti che ha compiuto nel suo ministero, nulla mai lo ha sconvolto.” Il cerimoniale prevedeva una stanza interamente rivestita di nero; nel fondo un altare egualmente rivestito di nero; dietro l’altare un drappo nero con una gran croce bianca. Nel mezzo dell’altare, un tabernacolo sormontato dalla croce circondata da ceri neri. Questi ceri erano stati impastati con il grasso degli impiccati fornito dall’esecutore delle pene capitali, di cui La Voisin era l’amante. Il prete indossava gli ornamenti sacerdotali, come per la messa comune. Sull’altare, era distesa una donna completamente nuda, le gambe penzoloni, la testa sostenuta da un cuscino. “Il prete poneva la croce sul petto, tra i seni, ed il calice sul ventre. Iniziava allora la messa, e, ogni volta che si genufletteva, baciava il corpo disteso davanti a lui.

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© Heartland Arts / Shutterstock

Al momento della consacrazione, allorché risuonava la campanella, il prete sgozzava un bambino piccolo dicendo: “Nostro Signore Gesù Cristo lasciava venire a séi bambini. Così, io ho voluto che tu venissi, perché io sono un suo sacerdote, e tu vai tramite la mia mano, che debbo benedirti, ed incorporare nel tuo Dio!’”. Secondo le numerose testimonianze sacrificando i bambini o più spesso i feti abortiti l’indegno abate avrebbe usato la formula: “ Astaroth, Asmodeo, principi dell’amicizia, vi scongiuro di accettare il sacrificio che vi offro di questo bambino per le cose che vi chiedo…”.




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Al tempo, gli episodi scandalosi innescati dalla Voisin divennero molto noti in seguito alla diffusione della stampa tramite le gazzette. Addirittura una cinquantina di sacerdoti erano coinvolti a causa dei loro interessi venali nelle squallide e criminali vicende di corte. Il re Luigi XIV, che teme seriamente di essere avvelenato da qualcuna delle sue numerose amanti delusa, istituisce una commissione d’inchiesta la famosa “Commission de l’Arsenal” che era un tribunale speciale denominato popolarmente “Camera ardente” perché teneva le sue sessioni in una stanza buia e nera illuminata da candele ma dopo appena un anno e mezzo il re ordina che il tribunale sia sciolto, perché è impaurito dallo scandalo gravissimo che poteva travolgere una gran parte delle dame della sua corte e addirittura fa bruciare numerosi documenti, ma il sovrano non sa che il prefetto de la Reynie ha fatto fare diversi duplicati di quei verbali grazie alla sopravvivenza dei quali siamo a conoscenza di quegli orribili crimini. In due anni lo zelante prefetto di polizia ha arrestato 319 persone, ma i nobili sono subito rilasciati e le dame di corte sono trattate con somma benevolenza.

Trentasei persone, fra cui Catherine La Voisin nel 1680, sono giustiziate, trentaquattro esiliate e quattro incarcerate a vita. Si sta ancora dibattendo sulla sorte dell’abate Guibourg, in prigione ma che alcuni vogliono mandare alla forca, quando l’indegnissimo prete risolse il problema morendo in carcere nel 1683.


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