Il racconto di una confessione speciale!Brescia, una chiesa moderna in cui non ero mai entrata. Poco prima della messa feriale, entra da una porta laterale un anziano. Si avvia verso l’altare, cui si accede salendo tre gradini. Ha molta difficoltà con gli scalini, e si aggrappa a tre grandi ceri posti provvidenzialmente – o appositamente – in corrispondenza dei gradini.
Comincia a trafficare col messale, col lezionario. Deduco che sia un sacerdote.
Scende, con altrettanta difficoltà, e si mette a scambiare quattro parole con una delle poche vecchiette presenti. Mi avvicino, chiedendo se è possibile confessarsi. Subito si raddrizza, sorride, mi circonda la spalla con il suo braccio e dice: “Eccomi!”. Si avvia verso il confessionale con un passo diverso da prima, più veloce ed agile – un passo felice.
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Si rivela pieno di humour e di dolcezza, una persona cui non si fa fatica a raccontare le proprie debolezze e i propri limiti. Mi dice:
Ci sono due sentimenti che a noi sono proprio connaturati, e ci vengono spontanei. Ma sono due sentimenti che Dio proprio non conosce. Si tratta dell’illusione e della delusione. Dio non si illude su di noi, ci conosce troppo bene. Ma non resta neanche mai deluso da noi. Semplicemente ci ama come siamo. E la sua bontà è tale che è molto prossima a ciò che chiamiamo ingenuità.
Bellissime queste due immagini, che sintetizzano uno dei tanti paradossi di Dio. Ci conosce tanto bene da non farsi alcuna illusione, eppure si fida di noi con una quasi ingenuità. Un Dio come un bambino che si fida di noi ponendo la sua mano nella nostra. E un Dio davanti al quale siamo bambini, che Egli ama con i nostri limiti, dentro i nostri limiti, senza preoccuparsi dei nostri limiti.
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