Anche l’iperattività può essere sintomo di accidiaIn questo articolo, vorrei parlavi del peccato che ha il triste nome di “pigrizia”.
“Pigrizia” suggerisce mancanza di diligenza, di “occupazione”. Sottolineare eccessivamente questo aspetto di questo peccato può purtroppo mascherare le sue forme più comuni e mortali. Sostituiamo “pigrizia” con il termine greco “acedia” (accidia), che significa “mancanza di cura”, “indifferenza”. Vediamo perché.
Ho osservato degli studenti in biblioteca con i loro computer illuminati, gli schermi pieni di vari programmi di social media, alcuni video in streaming, un gioco iniziato e magari, ma solo a volte, qualcosa di collegato allo studio.
Allo stesso tempo, hanno le cuffie nelle orecchie. Gli occhi e le mani sono concentrati sullo smartphone.
Sono molto attivi, ma in realtà stanno facendo ben poco. Lasceranno la biblioteca stanchi, ma senza il senso di soddisfazione che deriva dall’aver fatto qualcosa. Dicono di essere “multitasking”. Io dico che sono “multi-negligenti”.
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Ma perché considero più o meno allo stesso modo le persone frenetiche e quelle pigre?
Le prime hanno sprecato un’enorme quantità di energia facendo tante piccole cose in modo molto rapido: hanno sparpagliato le proprie cose pur essendo seduti in un posto solo, hanno prestato poca attenzione e investito ancora di meno. Il risultato finale più probabile di tutto quel tempo e quell’energia sprecati è il fatto di trincerarsi in un circolo vizioso di stimoli elettronici mentre sprecavano risorse preziose e fallivano nel compiere il proprio dovere.
Considerano questa dinamica accettabile perché la ritengono inevitabile – semplicemente non vedono altro modo di agire e non hanno cura nei confronti dei loro compiti come allievi. Questa dinamica non riguarda solo gli studenti. Lavoratori di ogni tipo, e perfino religiosi (che dovrebbero sicuramente conoscere meglio il termine “accidia”), coltivano questo modo inquieto e infruttuoso di procedere. Qual è l’impatto spirituale di tutto questo?
L’accidia, secondo Tommaso d’Aquino, è un tipo di tristezza, “una sorta di tristezza in relazione al mondo”. Personalmente la descrivo come un ruminare a livello interiore di malumore di fronte al fatto che fare la cosa giusta (includendo i compiti) è spesso difficile, e non di rado non ha una ricompensa immediata.
Intesa in modo normale, la pigriza è quello che ci porta a premere ripetutamenteil bottone “sonnellino”, o peggio ci porta a rifiutarci di uscire dal letto.
Anche l’inquieto iperattivismo che ho descritto è però accidia, secondo l’Aquinate, perché si impiegano le energie in cose banali anziché nei beni spirituali più esigenti (e che offrono una maggiore ricompensa).
Possiamo impegnarci in molte distrazioni come mezzo per non impegnarci in quello che ci richiede la nostra vocazione.
L’accidia è peggiore della cugina, la procrastinazione (pro-cras, letteralmente “per domani”), che almeno riconosce che c’è qualcosa di buono che va fatto, ma lo rimanda. L’accidia evita invece le esigenze del lavoro e del vero piacere a favore di una distrazione frenetica e inquieta.
Matteo (19, 16-22) descrive il giovane ricco che rifiuta la chiamata di Cristo e se ne va triste perché aveva molti beni. La mia paura è che molti oggi (soprattutto i giovani) respingano la chiamata di Cristo e se ne vadano tristi perché hanno molte distrazioni.
Che fare?
Dobbiamo sostituire il vizio dell’accidia con la virtù della magnanimità. La radice greca di questa parola è megalopsuchia, che può essere intesa come “grandezza dell’anima” o “orientamento dell’anima a fare grandi cose”. È l’abitudine di rifiutare di accontentarsi del bene minore, della via più facile, di quella in cui si incontra meno resistenza.
Non è probabile che si attirino persone a questa virtù dicendo “Il vizio è cattivo e la virtù è buona – e allora inizia a lavorare!” Dobbiamo essere invece più propensi ad avvicinare le persone a questa virtù con l’esempio.
Un donarsi gioioso, una generosità che va al di là delle esigenze del dovere e un’allegria sincera nel vivere in base a standard elevati sono le luci necessarie per aiutare le persone a vedere un’alternativa alla routine che hanno scelto.
Richiamiamo le persone dall’oscurità e dalla disperazione, cominciando da noi stessi.