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Cosa pensavano i Padri della Chiesa della magia?

TAROCCHI ESOTERISMO DIAVOLO

Vera Petruk

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 22/08/19

Da San Tommaso a Sant'Ambrogio: quel nesso che lega esoterismo e demonologia

I Padri della Chiesa e la magia. Qual era il loro pensiero? La Chiesa, ha da sempre condannato esplicitamente e incontrovertibilmente la magia e tutte le pratiche magiche, come spiega il libro “La moda dell’occulto” (Tau editrice), di Don Marcello Stanzione.

Un esempio ne è la Didachè o Dottrina dei Dodici Apostoli: «Non prendere auspici dal volo degli uccelli, perché ciò conduce all’idolatria; non fare incantesimi, non darti all’astrologia, né alle purificazioni superstiziose, ed evita di voler vedere e sentire parlare di simili cose, perché da tutti questi atti ha origine l’idolatria»

San Tommaso

Questo testo è in linea con tutto quello che la Sacra Scrittura ha detto al riguardo, e collega alla divinazione, all’astrologia, alla consultazione degli oroscopi, all’osservazione del volo degli uccelli come presagio, a quello che è il problema dell’idolatria.

ŚWIĘTY TOMASZ Z AKWINU
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Filosofo fondamentale del XIII secolo, Tommaso d'Aquino ha composto la Summa Theologiae, ancora oggi un testo fondamentale in molti programmi di Filosofia. Era un esperto di argomentazione, e il suo pensiero non ha eguali nella storia della Chiesa.

San Tommaso d’Aquino – riguardo alla superstizione – nella Summa Theologica cita il grande Sant’Agostino, che afferma:

«è superstizioso […] tutto quello che è consultazione dei demoni, o patto simbolico accettato e concluso con essi […] le fasciature magiche (ligature), ecc.». Le divinazioni e le pratiche di cui si parla appartengono alla superstizione in quanto dipendono da certi interventi dei demoni. Ed è così che si riallacciano a dei patti stabiliti con essi.




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Il maleficio e i peccati mortali

Sembrerebbe proprio lo scenario che abbiamo designato con la definizione di esoterismo e di superstizione, ricavata nel primo capitolo. Come il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna, c’è anche una valenza morale degli atti magici.

Il Doctor Angelicus annovera la pratica del maleficio tra i peccati mortali. Nel Decreto, XXVI, q. 5 (can. Sortes) si legge:

“Le sorti con le quali nei vostri affari decidete ogni cosa, e che i Padri hanno condannato, altro non sono che divinazioni e malefici. Perciò vogliamo che esse siano condannate e che non siano più nominate tra i cristiani: e perché non siano praticate le proibiamo sotto pena di scomunica”.


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Gli idoli

L’Aquinate dice chiaramente di “non nominare” tra i cristiani queste pratiche: oggi, invece, abbiamo – nella nostra società e cultura – l’esatto opposto. Dalla televisione al web, abbiamo una crescente e vertiginosa escalation in questa direzione. Manca la saggezza e la conoscenza dei santi dei primi secoli, manca una spiritualità vissuta che porti a vivere come la vite e i tralci, nella partecipazione della grazia sacramentale e nella vita della Chiesa. Manca insomma una condanna diretta a tali problematiche, cosa che i Padri, nella loro epoca, ci dimostrano.

Non si può scindere l’esoterismo dalla demonologia.

Per questo dalla demonologia nasce l’idea cultuale degli idoli, e il sacrificio ad essi dovuto. In effetti, secondo molti Padri, gli dei altro non sono che i demoni stessi.

Fatta questa breve introduzione al nostro itinerario, cerchiamo ora di dare una serie di flash su quanto i Padri hanno scritto riguardo al nostro tema.

Origene

Vogliamo iniziare nel dare la parola a Origene (scrittore ecclesiastico del III secolo) che scrive riguardo alla tentazione e all’idolatria:

«Dio non vuole costringere al bene: vuole esseri liberi […] La tentazione ha una sua utilità. Tutti, all’infuori di Dio, ignorano ciò che l’anima nostra ha ri- cevuto da Dio; lo ignoriamo perfino noi. Ma la tentazione lo svela, per insegnarci a conoscere noi stessi e, in tal modo, scoprire ai nostri occhi la nostra miseria e per obbligarci a rendere grazie per i beni che la tentazione ci ha messo in grado di riconoscere».




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San Gregorio Magno

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San Gregorio Magno

Bisogna, come dice Origene, ringraziare il Dio della Vita per la tentazione e per la sua utilità. È come se solo in balia di essa riuscissimo a scoprire noi stessi, i nostri difetti e la nostra umanità. È grande opera di Dio l’aprirci gli occhi nella tentazione. Lo rilevava ai suoi fedeli san Gregorio Magno:

«Non è cosa indegna che quel Redentore che venne per essere ucciso, abbia anche permesso di essere tentato. Anzi era cosa giusta che chi era venuto a vincere la nostra morte morendo, vincesse pure la nostra tentazione sopportando di essere tentato».

Sant’Agostino, nella linea delle affermazioni precedenti e riguardo la tentazione di Cristo nel deserto afferma che Gesù «avrebbe potuto tenere lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere quando tu sei tentato».

Sant’Ambrogio

Sant’Ambrogio, per incoraggiare i cristiani a non cedere sotto il peso del peccato e della colpa, scrive:

«Il Signore, che ha cancellato il vostro peccato e ha perdonato le vostre colpe, è in grado di proteggervi e di custodirvi contro le insidie del diavolo che è il vostro avversario, perché il nemico, che suole generare la colpa, non vi sorprenda. Ma chi si affida a Dio, non teme il diavolo. “Se infatti Dio è dalla nostra parte, chi sarà contro di noi?” (Romani 8,3)».




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San Cipriano

Il nemico quindi non deve sorprendere il cristiano. L’unica speranza è in Cristo nella sua protezione e nella sua custodia dai dardi infuocati del Maligno. Al riguardo san Cipriano conclude così il suo commento al Padre Nostro:

«Al demonio è concesso potere su di noi a un duplice scopo: darci la pena se pecchiamo, la gloria se superiamo la prova… Quando chiediamo che non ci induca in tentazione, ci viene quindi ricordata la nostra debolezza e fragilità, perché non abbiamo a insuperbirci e ad assumere atteggiamenti orgogliosi e arroganti, gloriandoci della nostra pietà o del nostro spirito di mortificazione. Il Signore stesso ci richiama all’umiltà quando dice: “Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26,41)».

Atenagora, Tertulliano, Origene, Eusebio e altri ancora avevano insegnato che gli idoli di pietra, di bronzo di legno, di argento e di qualsiasi altro materiale celavano ognuno un demonio, che presiedeva a oracoli, animava le viscere delle vittime, regolava il volo degli uccelli (in quest’ottica nascono gli antichi aruspici).




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