di Silvana Ramos
“Debajo del árbol”, cortometraggio realizzato da César Cepeda per Embryonic Producciones, ci offre una riflessione importante. La vecchiaia è semplicemente la conclusione della vita o ha un senso proprio? Se un povero vecchio riesce a malapena a muoversi e ha perso tutta la sua famiglia, che senso può avere che continui a vivere?
In base a questa domanda, alcuni hanno trovato la giustificazione per porre fine a una vita che apparentemente doveva essere terminata già da tempo. Si vede la vecchiaia come un periodo di attesa, vuoto e tristezza. Nessuno vuole invecchiare! Chi vorrebbe rimanere solo, vedere il proprio corpo riempirsi di rughe, contrarsi e sembrare un foglio stropicciato pronto per essere gettato nella spazzatura?
Che fine triste! Sarebbe meglio morire quando si è ancora in possesso delle proprie facoltà. Se resto solo cosa sarà di me? Finirò sicuramente in un ospizio, se non per strada.
Noi che non siamo ancora vecchi ma non siamo nemmeno più giovani aitanti iniziamo a comprendere che il senso di superiorità e autosufficienza che abbiamo provato un tempo si diluisce di fronte al timore di quello che ci aspetta naturalmente. È come se due nemici stessero iniziando a conoscersi. Iniziamo a renderci conto che le armi non servono per vincere la battaglia e arrendersi di fronte all’evidenza sembra essere l’unica via possibile.
Invecchiare non significa solo diventare statici
Persi tra i ricordi della vita passata, nascondendo una specie di rancore nei confronti dei giovani, provando nostalgia per momenti, forza, compagnia…
Credo che la difficoltà risieda nel modo in cui intendiamo la vecchiaia – sia i “giovani” che gli anziani che già la vivono. Comprendendo il timore che provoca il deterioramento fisico, la vecchiaia ben intesa parte dalla necessità di accettare interiormente il processo dell’invecchiamento, non solo come deterioramento del corpo, ma come una tappa di saggezza ed estrema forza. Non dico che sia facile, assolutamente.