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Perché ho smesso di gridare ai miei figli

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By cosmaa | Shutterstock

Calah Alexander - pubblicato il 12/08/19

Non sapevo cosa fosse l'abuso emotivo, e men che meno che lo stessi infliggendo alle persone che amo di più

Lo confesso: gridavo ai miei figli. Molto.

A volte era solo il risultato della frustrazione di dover ripetere continuamente le stesse istruzioni. La mia voce si alzava a livello sia di volume che di intensità, finché non mi sono ritrovata a strillare letteralmente contro i bambini. Non ero fiera di quei momenti, ma mi sentivo anche in qualche modo giustificata – dopo tutto, cos’altro potevo fare per farmi ascoltare?

Altre volte era una manifestazione del mio stato emotivo turbato. Arrabbiata per qualcosa del tutto scollegato dai miei figli, potevo rispondere alla più semplice delle richieste con rabbia e ostilità. Questo spaventava i bambini, e spesso li faceva scoppiare in lacrime – e a essere sinceri spaventava anche me. Venivo subito sopraffatta dal rimorso, e provavo orrore per il fatto che il mio accesso d’ira infantile che aveva terrorizzato i bambini al punto da farli piangere. Chiedevo scusa e mi ripromettevo di non farlo più, ma inevitabilmente qualche settimana dopo infrangevo quella promessa…




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Solo quando ho iniziato a frequentare una terapia e a imparare il danno reale e misurabile che l’abuso emotivo infligge alle persone – adulti e bambini – ho smesso di gridare ai miei figli. Affrontare la verità sui miei “accessi d’ira infantili” è stata una delle cose più difficili che io abbia mai fatto. Non erano accessi d’ira infantili – i bambini hanno scatti perché non sanno come gestire le emozioni intense, e la loro corteccia prefrontale non è abbastanza sviluppata da collegarsi con l’amigdala (il centro di risposta emotiva del cervello) e gestirla.

Io, però, sono un adulto. La mia corteccia prefrontale è pienamente sviluppata – il che non significa necessariamente che all’epoca sapessi come gestire emozioni intense, ma ero capace di cogliere il concetto. E invece sceglievo – in modo consapevole o meno – di riversare le mie emozioni sui miei bambini vulnerabili.

Amo i miei figli, e non ho mai avuto l’intenzione di provocare loro un dolore o una ferita a livello emotivo, eppure lo stavo facendo. Si trattava di abuso emotivo, indipendentemente dalle mie intenzioni o dalla mia consapevolezza. Il giorno in cui l’ho capito è stato quello in cui ho smesso di gridare ai miei figli.




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Non è stato facile – ho dovuto trovare altri modi per gestire le mie emozioni. L’esercizio quotidiano è diventato assolutamente essenziale come forma principale di regolamentazione emotiva, ed è stato importante anche continuare ad andare alla terapia e trovare nuove tecniche per la gestione dello stress. Nei primi giorni, però, ho dovuto trattarmi letteralmente come una bambina. Quando ero arrabbiata, mi concedevo una pausa. Mi assicuravo che i bambini fossero al sicuro davanti alla televisione e poi mi chiudevo in camera fino a quando non avevo ritrovato uno stato emotivo normale. A volte ci volevano dieci minuti, altre volte trenta (e non preoccupatevi, il baby monitor che tenevo con me mi dava la certezza che i bambini stessero bene), ma non mi permettevo di tornare fuori finché non avevo riacquistato la calma e il controllo.

Nel corso del tempo sono migliorata e ho reso il processo più rapido, e oggi è difficile che mi debba prendere una pausa. Tengo sempre però quell’opzione in tasca, come soluzione di back-up nel caso in cui le cose sembrino troppo difficili, perché riversare le mie emozioni sui bambini non è un’opzione praticabile.

Ero così arrabbiata per quello che avevo fatto che ho assunto una mentalità che esclude totalmente il fatto di gridare – ho eliminato tutte le forme di farlo, non solo per quanto riguarda lo scoppio emotivo. Ho smesso di darmi il permesso di alzare la voce per la frustrazione, e ho deciso di cercare nuovi modi per attirare l’attenzione dei miei figli.




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È stato allora che ho scoperto una cosa molto interessante: i miei figli erano diventati “sordi ai genitori”. Erano così abituati a non ascoltarmi finché non alzavo la voce che non mi sentivano letteralmente. L’ho scoperto quando anziché gridare ho deciso di mettermi al livello dei loro occhi ogni volta che volevo che facessero qualcosa, dal mettersi le scarpe a riordinare i giochi.

Non mi ignoravano, né opponevano resistenza. Semplicemente, obbedivano.

All’inizio è stato magico – soprattutto perché era un cambiamento così drastico. Da allora ho avuto qualche ricaduta nel gridare quando sono distratta o nell’alzare la voce per la frustrazione, ma in genere mi accorgo abbastanza rapidamente di questi mezzi di comunicazione errati e inverto la tendenza.




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Non sto dicendo che chiunque gridi ai propri figli stia abusando emotivamente di loro. Non è così, e non lo è stato nemmeno tutte le volte in cui ho gridato io. Ma a volte era vero.

Imparare a regolare le mie emozioni mi ha offerto anche un beneficio inaspettato: mi ha dato delle strategie per aiutarmi a insegnare ai miei figli come regolare le proprie. Mio figlio di sei anni a volte viene ancora da me quando è arrabbiato e mi chiede di aiutarlo a calmarsi. Ci sediamo tranquillamente e facciamo dei respiri profondi, faccia a faccia, fin quando non si calma. Poi mi dà un abbraccio e scappa di nuovo a giocare.

Se gridate ai vostri figli, dovreste chiedervi perché lo fate. È per la frustrazione perché non vi ascoltano? Se è così, provate a trovare una nuova strategia per ottenere la loro attenzione. È il risultato di un vostro stato emotivo turbato? In questo caso vi incoraggio a trovare un modo per gestire le vostre emozioni prima di parlare ai vostri figli. Richiederà un po’ di lavoro, ma alla fine i vostri figli avranno un genitore che è un vero riflesso dell’amore paziente e incondizionato di Cristo per tutti noi.

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