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Per tutelare davvero l’ambiente dobbiamo onorare l’uomo

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Foto di Martin Péchy di Pexels

Paola Belletti - pubblicato il 08/08/19

Ciò che ha da dire la Chiesa sul nostro rapporto con il Creato è l'unica proposta che tiene conto di tutti e di tutto. Ecologia integrale significa che se l'uomo non fa la sua parte sarà infelice e con lui anche le creature che lo circondano. Esattamente il contrario dell'ecologismo antiumano che ci vuole estirpare come erbaccia. Noi siamo i giardinieri

Come spesso mi capita, per trovare chiarezza su tematiche che sono sia complesse in sé sia occasione di conflitto “per i tempi che corrono”, vado a chiedere aiuto al pensiero di Benedetto XVI.  Chiaro, disteso, profondo. Niente affatto in polemica con il Santo Padre Francesco, anzi forse addirittura per alleggerire il Papa regnante del peso di certe accuse, nella consapevolezza di una continuità sostanziale del magistero. Siamo nel solco ben tracciato dello sviluppo integrale dell’uomo.


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Uno di questi temi, roventi come il surriscaldamento globale (paventato come apocalisse ecologica inevitabile di origine antropica o negato ostinatamente a priori come minaccia al libero pensiero), è proprio il rapporto tra noi uomini e l’ambiente naturale.

Personalmente mi addolora constatare come questa “porzione di mura” non sia presidiata e manutenuta proprio dai cristiani. Non ci siamo fatti spodestare da un pensiero misantropico che ha trasformato questo terreno di gioco in un campo di battaglia dove sono proprio gli esseri umani il solo nemico da abbattere?

Il paralogismo da cui prende le mosse e continua a diffondersi questa ideologia che vede nell’animale-uomo (ridotto proprio così) il cancro del pianeta (“creato” non si dice tanto volentieri, in certi ambienti) prende le mosse dal fatto che, poiché l’uomo è in grado di danneggiare l’ambiente e di turbare l’intero ecosistema, allora è proprio lui il male da estirpare, la specie più nociva, la più piccola e tossica che ci sia.

E così spiega tutta la potenza di fuoco la concezione per cui l’uomo non avrebbe proprio nulla di speciale, se non qualche complicazione di sviluppo che lo rende più glabro, debole alla nascita ma in qualche modo più astuto di altri mammiferi.

Un aspetto che di solito rende difficile discutere serenamente su questi temi è che quello ecologico venga “venduto a pacchetto” (nella versione deformata) con altri prodotti del pensiero dominante: lotta per cosiddetti diritti civili negati, femminismo estremo, difesa di minoranze vessate che invece risultano aggressive nei confronti della maggioranza della popolazione.




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Insomma sotto questo sole cocente delle discussioni su quanto vada male il mondo e di chi sia la colpa ho trovato refrigerio all’ombra larga del Messaggio di Benedetto XVI per la XLIII Giornata della Pace del 2010. Il documento si intitola emblematicamente e forse per tanti sorprendentemente Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato.

Parto quasi dal fondo perché nelle conclusioni sono racchiusi gli elementi essenziali e il criterio che riesce a rimettere ordine nel caos di un ecologismo disordinato e disgregante (i grassetti nella citazione sono miei, Ndr)

Non va infine dimenticato il fatto, altamente indicativo, che tanti trovano tranquillità e pace, si sentono rinnovati e rinvigoriti quando sono a stretto contatto con la bellezza e l’armonia della natura. Vi è pertanto una sorta di reciprocità: nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi. D’altra parte, una corretta concezione del rapporto dell’uomo con l’ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona. Se il Magistero della Chiesa esprime perplessità dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo, lo fa perché tale concezione elimina la differenza ontologica e assiologica tra la persona umana e gli altri esseri viventi. In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l’identità e il ruolo superiore dell’uomo, favorendo una visione egualitaristica della «dignità» di tutti gli esseri viventi. Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo. [Messaggio XLIII Giornata per la Pace].

Anche in casa funziona un po’ allo stesso modo, checché ne dicano i mariti (disordine? dove? per me è tutto a posto – dicono all’incirca, inciampando nelle scarpe lasciate in mezzo al soggiorno). Tenerla in ordine, bella, pulita e vivibile fa stare bene noi e gli ospiti.

E’ vero, siamo noi i soli responsabili della confusione, ma se ce ne andiamo presto o tardi cadrà a pezzi! Perché siamo anche i soli in grado di tenerla viva, funzionale, accogliente e soprattutto casa. Altrimenti si chiamerebbe museo, invece è una dimora. Mi spiace per i duri e puri dell’uomo origine di tutti i mali ma l’etimologia è dalla nostra parte anche questa volta: ecologia significa legge, studio zelante, ordine della casa. Una casa che funziona, insomma e di solito c’è dietro l’opera di un’eccellente ‘zdora.

La Chiesa invita, invece, ad impostare la questione in modo equilibrato, nel rispetto della «grammatica» che il Creatore ha inscritto nella sua opera, affidando all’uomo il ruolo di custode e amministratore responsabile del creato, ruolo di cui non deve certo abusare, ma da cui non può nemmeno abdicare. Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana. (Ibidem)

Il creato ci precede e la relazione con esso ci costituisce. Noi cristiani, soprattutto noi, non dobbiamo abdicare a questo compito poiché più dei nostri fratelli che ancora non hanno ricevuto la grazia della rivelazione, conosciamo il valore della Creazione e del suo rapporto con noi. Non solo la Creazione media, ci instrada nella relazione con Dio ma soprattutto la nostra relazione con Dio ci permette di abitare l’umana dimora che è il mondo sapendo come muoverci, dove intervenire, a cosa guardare tenendo conto del bene di tutti i coinquilini.

Al punto 1. Benedetto XVII ricorda quel che ci dice il Catechismo della Chiesa Cattolica e su di esso costruisce l’edificio solido di questa benefica riflessione:

Il rispetto del creato riveste grande rilevanza, anche perché «la creazione è l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio» [1] e la sua salvaguardia diventa oggi essenziale per la pacifica convivenza dell’umanità. Se, infatti, a causa della crudeltà dell’uomo sull’uomo, numerose sono le minacce che incombono sulla pace e sull’autentico sviluppo umano integrale – guerre, conflitti internazionali e regionali, atti terroristici e violazioni dei diritti umani –, non meno preoccupanti sono le minacce originate dalla noncuranza – se non addirittura dall’abuso – nei confronti della terra e dei beni naturali che Dio ha elargito. Per tale motivo è indispensabile che l’umanità rinnovi e rafforzi «quell’alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino»  (Ibidem).



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Quel che l’ecologismo violento, assoluto e antiumano ci ha strappato è la dimensione profonda del nostro rapporto con la natura. Non c’è più trascendenza, nessuna interdipendenza spirituale, ma solo una piatta e angosciante cronaca di disastri incombenti dei quali siamo unica causa e ai quali Qualcuno ci avrebbe abbandonato, perché in realtà non c’è nessuno oltre a noi e la Natura.

Dobbiamo spostare le maiuscole al posto giusto e soprattutto avere il coraggio di ricollocare noi, fiore all’occhiello di tutta la creazione, al posto che ci è stato assegnato. Se non lo faremo allora sì che la catastrofe sarà totale, in ogni ordine di cose, naturale e soprannaturale. Evenienza praticamente impossibile poiché Dio è Provvidenza e ci ha lasciati alla deriva una volta avviati i motori della nave.

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