Non ero affatto preparata a essere madre, quando nacque il mio primo figlio. Voglio dire: lo desideravo, avevo fatto un corso con le ostetriche, avevo ascoltato i consigli di mamma, suocera e nonna ma niente poté attutire la botta dello tsunami che arrivò. Sei madre nel momento in cui un figlio ti cresce in grembo, lo sei in un modo ancora più nuovo e totalizzante alla nascita del bambino; eppure lo devi anche diventare. Sei incontestabilmente madre mentre cambi pannolini, allatti, culli e ami; eppure sotto sotto è in corso un’altra gestazione. Dolorosa, necessaria e infine benedetta. In questo senso dico che non ero preparata, e forse non lo si deve essere … ma va detto ad alta voce che c’è questo guado da attraversare, un altro travaglio a tutti gli effetti. Più lungo, meno visibile. È riaccaduto anche con la nascita dei figli che sono venuti dopo, ma per il primogenito è stata un’esperienza dall’impatto fortissimo. È stato come trovarsi a costruire da capo se stessi con mattoni e alfabeti nuovi; molti giorni sono passati in un balbettio confuso.
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Potrei sintetizzare tutto con un ricordo nitidissimo, sebbene mi piacerebbe ricordare cose migliori di me: Michele aveva appena un mese, stavo prendendo le misure con tutte le novità della sua nascita, ero francamente stanca e preoccupata; una notte, l’ennesima, lui si mise a piangere dopo che era stato allattato e perfettamente pulito. Non capivo perché fosse e rimanesse inconsolabile; lo avevo in braccio e con un tono di voce brusco finii per dirgli: “Insomma chi sei? Cosa vuoi?“. A ben vedere – lo dico a 13 anni di distanza – stavo ponendo a me stessa quelle domande.
A questo proposito, qualche giorno fa ho trovato una perfetta descrizione di quel momento drammatico in questa citazione:
La parte più difficile della nascita è il primo anno che la segue. È l’anno del travaglio – quando l’anima di una donna deve partorire la madre che è dentro di lei. Il dolore delle doglie emozionali del diventare una madre sono di gran lunga superiori al dolore delle doglie fisiche del parto; queste sono le ondate crescenti del tuo cuore mentre spinge fuori l’egoismo e la paura e fa spazio al sacrificio e all’amore. Questa è la nascita privata e silenziosa dell’anima, ma non è meno sacra dell’evento del parto, forse lo è ancora di più. – Joy Kusek [protected-iframe id=”70a70f1b7a18ad3a10ff08c4099f9b18-95521288-57466698″ info=”https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2FostetricaAlessiaViola%2Fphotos%2Fa.2006132432946654%2F2669784196581471%2F%3Ftype%3D3&width=500″ width=”500″ height=”274″ frameborder=”0″ style=”border:none;overflow:hidden” scrolling=”no”]
Dalla depressione alla nascita di un’anima nuova
Ci è voluto molto tempo per dare un nome a ciò che accadde all’indomani della nascita di Michele, ancora più tempo a rassicurare me stessa che quella fragilità non era incapacità a essere mamma. Ci misi l’etichetta di depressione post partum, che senz’altro era appropriata e mi feci aiutare; ma solo molti anni dopo, a tentoni con la mia coscienza e confrontandomi con altri, maturai la conquista emotiva che quella reazione pesante e frustrante non era solo una zavorra nera da legare al mio percorso di madre, era il necessario lato oscuro della luce. Per aspera ad astra – dicevano i latini; ma la coscienza cristiana della Croce aggiunge un tassello in più, una consapevolezza completa al senso del dolore.
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All’essere umano non basta la consolazione che il dolore possa essere superato, perché vorrebbe dire che quella parte di vita sofferta può essere scartata, buttata. Ciò che davvero interpella la nostra ragionevolezza è che il dolore possa essere una gestazione. Come il bambino deve passare per il buio del canale del parto, anche alla madre spetta un medesimo percorso. Ero inconsapevole del grande travaglio emotivo che segue il travaglio fisico della nascita. La Kusek, citata prima, è un’ostetrica che si occupa di seguire le madri in attesa non solo dal punto di vista medico, ma anche emotivo; soprattutto dopo la gravidanza. Ho spulciato sommariamente il suo profilo e il suo sito, non posso dirmi completamente affine al suo pensiero (sul tema contraccezione, che lei sostiene, siamo su fronti opposti), ma il suo modo di descrivere «la nascita privata e silenziosa dell’anima» di una madre è quanto di più corrispondente abbia trovato a ciò che anche io ho vissuto.