La virtù della fede nel matrimonio: aprire insieme il nostro cuore a Dio per camminare sulla via della perfezione.
Con le prossime tre riflessioni cercherò di dire qualcosa sulle tre virtù teologali declinate nel matrimonio. Come sappiamo lo Spirito Santo, prima nel battesimo e poi nel matrimonio, plasma e perfeziona la nostra umanità con il suo fuoco consacratorio e ci rende capaci, seppur in modo limitato ed imperfetto, di amare come Dio.
Come già affermato nell’articolo introduttivo, le virtù servono proprio a perfezionare la nostra umanità, a renderci più uomini e più donne; ci fanno capaci di amare in modo autentico. La virtù della fede serve quindi a perfezionare la nostra risposta alla rivelazione di Dio in Cristo. Per questo è la prima, perché tutto parte dalla rivelazione di Dio all’uomo. Carità e speranza sono conseguenza di questa prima virtù. Dio si rivela e all’uomo è data la grazia di accoglierlo e di conoscerlo attraverso Cristo. Questa è la fede cristiana.
Giovanni Paolo II definisce la fede non come un semplice fidarsi, ma come un aprire il cuore al dono che Dio ci fa di sé stesso, del suo amore. La virtù della fede perfeziona la nostra capacità di accogliere la manifestazione di Dio. La virtù della fede ci permette di innamorarci di Dio. Questa è la fede che lo Spirito Santo ci dona nel battesimo.
Ma cosa accade con il sacramento del matrimonio? La fede resta comunque individuale, non ci è tolta, ma cambia il fine. La mia fede e quella della mia sposa sono finalizzate a ricercare e perfezionare un unico e comune innamoramento verso Dio, in modo sempre più autentico e perfetto, in modo da poterlo accogliere nella nostra nuova natura, nella nostra relazione sponsale che ci ha reso uno. Noi sposi apriamo il nostro cuore insieme, perché non è più la mia storia o la storia di Luisa, ma è una storia comune, una relazione che diviene nuova creazione. La fede nel matrimonio, sintetizzando, perfeziona l’accoglienza dell’uno verso l’altra, perché l’innamoramento verso Dio sia visibile nell’innamoramento verso il proprio sposo o la propria sposa. La virtù della fede ci dona la capacità di accoglierci sempre di più, di accettare l’altro nella diversità, di valorizzare l’altro, di vederne i lati positivi e di sopportarne quelli negativi.
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Gli sposi non possono avere fede in Dio, se non hanno fiducia verso il loro coniuge, o meglio, gli sposi non sono accoglienti verso Dio se non si accolgono vicendevolmente. Io sposo non ho fede, se non ho un amore accogliente verso la mia sposa. Dio nel matrimonio ci dice:
“Se vuoi accogliere me devi accogliere la donna che ti ho messo accanto”. Tutte le volte che non sono accogliente verso la mia sposa non faccio un torto solo a lei, ma prima ancora a Dio, perché non sto rispondendo, non sto accogliendo il suo amore.
Diceva Giovanni:
Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.
Declinandolo nel matrimonio, se non riesco ad amare mia moglie che vedo, che tocco, che è carne, come faccio ad amare Dio? Sono un ipocrita che vive nella menzogna.
La mia devozione, la mia Messa quotidiana, il rosario e la preghiera sono gesti autentici se accompagnati da un costante impegno ad essere accogliente verso mia moglie. Come faccio a entrare in comunione e in intimità con Dio, se non sono capace di una carezza verso mia moglie o di una parola buona?
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Io sposo dimostro la mia fede quando saprò ascoltare la mia sposa nelle sue difficoltà, gioie e sofferenze, quando saprò perdonarla, quando saprò essere per lei un amico e un amante tenero, quando potrà trovare in me chi la fa sentire desiderata e curata. Solo se cercherò di essere tutto questo (non è detto che riesca sempre), allora anche la mia Messa e il mio rosario saranno autentici gesti di amore e di fede verso Dio.
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