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La bellezza che salva il mondo è sfigurata

CRISTO CORONATO SPINE

nhauscreative via GettyImages

Paola Belletti - pubblicato il 30/07/19

Perché Cristo è il più bello di tutti ed è così stravolto dal dolore? Cosa significa davvero che la Bellezza salverà il mondo?

Cristo, il più bello tra i nati di donna; Cristo uomo dei dolori, Cristo volto preso a schiaffi, pugni, sputi, peggio.

E’ questa la bellezza che salverà, anzi sta già salvando il mondo? L’orrore dell’uomo abbruttito dalla violenza subìta, sfinito in tutte le membra,  insultato, ridotto a cencio coperto di sangue, sputi, urina? Dobbiamo solo trattenere il fiato e aspettare che risorga o la bellezza abita in Lui anche in quello stato?

E’ qualche tempo che mi torna in mente, a volte in modo più compiuto a volte solo in mezzo a confuse intuizioni e pensieri stanchi, questa domanda. La bellezza di Cristo è differita quando è immerso nella Passione? E’ nascosta, è sospesa? Dobbiamo attendere, ricordarci e sperare solo nella bellezza o invece c’è una bellezza propria, addirittura superiore, in quell’acuto dolore?

Come uomini facciamo spesso a botte con la malattia, le umiliazioni, la sofferenza in tutte le sue forme. Come cristiani ci proviamo; inghiottiamo dolori e prove come una medicina amara confidando nella tempestività dei loro benefici effetti, ci affrettiamo a farle passare. E certamente deve essere anche così: la ripugnanza per il dolore e la morte è segno di salute mentale oltre che del nostro destino immortale; ci dimostra che siamo fatti per la felicità e sì, anche il benessere. Ma essere cristiani non ci chiede mai di trattenere il fiato, di stare in apnea in attesa che qualcosa passi. Dio, il nostro Dio, rivelato in Cristo, è un Dio eternamente presente.

Pensavo a queste cose anche leggendo della piaga che Santa Rita ottenne in dono dal Signore sulla fronte: puzzava orribilmente. Quando morì (e in vita quando andò pellegrina a Roma) iniziò invece a diffondere un profumo meraviglioso e inebriante.

Perché il Signore nell’ora per la quale è venuto e compiendo la propria missione che basterà alla salvezza di tutti fino alla fine dei tempi è diventato così brutto da guardare – lo dice il profeta, tanto da spingere gli sguardi di tutti a fuggirlo? Eppure è esattamente Lui, in tutto, ed è proprio Lui così, in quello stato la vera Bellezza che ci salva.

Ci sono due persone che non tolgono gli occhi da Gesù, forse per gli occhi velati tracimanti di lacrime? Maria sua Madre e Giovanni l’Apostolo. Come avviene questa inafferrabile eppure evidente coincidenza tra dolore e bellezza, tra amore e morte, tra la sofferenza amorosa di chi lo assiste e la chiaroveggenza dei loro occhi? Giovanni e Maria vedono la bellezza di Cristo nella sua verità.




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Nella realtà soprannaturale che la nostra fede ci mostra non esistono forze uguali ed opposte che si fronteggiano ad armi pari; la lotta è impari perché uno è il Signore assoluto e l’altro un principe decaduto che vaga rabbioso cercando di rimediare corone e titoli.

C’è bisogno di luce per uscire da questa oscurità che sembra nascondere tesori; la prendo dalle parole di Sua Em. Joseph Ratzinger quando, ancora cardinale, scrisse un messaggio in occasione della XXIII edizione del Meeting per l’amicizia tra i popoli (il “meeting di Rimini”, ad opera di Comunione e Liberazione), dal titolo: Il sentimento delle cose, la contemplazione della bellezza, 18-24 agosto 2002. Il libretto che mi è provvidenzialmente (vero Giuseppe Signorin?) tornato per le mani in questi giorni è edito da Itaca e si intitola La bellezza, La Chiesa.

Il testo prende le mosse dalla liturgia delle Ore, o meglio dall’esperienza che lo stesso Ratzinger ne fa. Il Salmo 44 è introdotto, in Quaresima e nella Settimana Santa, da due antifone che sembrano l’una l’opposto dell’altra, ma entrambe sono riferite a Cristo.

Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia.

Il Salmo 44 parla delle nozze del Re, della sua bellezza e virtù, della sua missione. Ma lo stesso Salmo, il Mercoledì della Settimana Santa, ci viene proposto dalla Chiesa in un’altra chiave, con un’altra intonazione. Ecco l’antifona che lo apre e chiude, da Is. 53,2:

Non ha bellezza né apparenza; l’abbiamo veduto: un volto sfigurato dal dolore.

Cristo è sempre Cristo, anzi sommamente nel compimento della sua missione di Salvatore e Redentore. Allora, come si fa a tenere insieme questi due lacci? Bellezza e verità non sono tratti distintivi dello stesso Volto?

Nella passione di Cristo l’estetica greca, così degna di ammirazione per il suo presentito contatto con il divino, che pure le resta indicibile, non viene rimossa, bensì superata. L’esperienza del bello ha ricevuto una nuova profondità, un nuovo realismo. Colui che è la Bellezza stessa si è lasciato colpire in volto, sputare addosso, incoronare di spine – la Sacra Sindone di Torino può farci immaginare tutto questo in maniera toccante. Ma proprio in questo Volto così sfigurato appare l’autentica, estrema bellezza: la bellezza dell’amore che arriva “sino alla fine” e che, appunto in questo, si rivela più forte della menzogna e della violenza. (La bellezza. La chiesa, J. Ratzinger, Itaca edizioni, 2005).

Non è semplice resistenza, capacità di assorbire l’urto di uno spettacolo tanto straziante che tiene ritta in piedi sotto la croce Maria Santissima, sua madre.

Maria forse sa già, vede nella fede la verità di tale bellezza, comprende, nel trapasso che investe tutto il suo animo, che la verità dell’amore di Cristo così espressa è la somma bellezza. Per questo, credo, il Signore conserva le Sue preziose ferite per sempre. Sono il segno particolare che lo identificheranno per sempre come il più Bello di tutti.

Possiamo, anzi dobbiamo continuare ad abusare della citazione di Dostoevskij che viene così spesso riproposta a conforto delle nostre speranze:

La bellezza ci  salverà.

Ma con l’avvertenza che ascoltiamo dalle parole del futuro Benedetto XVI:

Ci si dimentica però nella maggior parte dei casi di ricordare che Dostoevskij intende qui la bellezza redentrice di Cristo. Dobbiamo imparare a vederLo. Se noi Lo conosciamo non più solo a parole ma veniamo colpiti dallo strale della sua paradossale bellezza, allora facciamo veramente la Sua conoscenza e sappiamo di Lui non solo per averne sentito parlare da altri. Allora abbiamo incontrato la bellezza della verità, della verità redentrice.

Ecco un nodo che non va sciolto perché ci deve tenere avvinti al Signore: quello che intreccia insieme bellezza e dolore, sacrificio e gioia.




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La scia luminosa che questo paradosso continua irresistibilmente a diffondere nel mondo e che attira tanti cuori, essendo destinata a tutti, è proprio la bellezza delle vite cambiate da Cristo e delle opere che ne sono nate. I santi, le chiese, i dipinti, le sculture, gli ospedali, le scuole le imprese sorte in nome della verità che è Cristo stesso.

Ecco perché, allora, la civiltà che si è diffusa come un rogo appiccato dall’annuncio del Vangelo ha un’estetica del bello così spiccata e invece le ideologie che negano Dio cominciano col canonizzare libertà, forza e ragione e si riducono all’esaltazione del macabro e dell’orrido; non prima di averci abbagliato con false luci e una bellezza rapace, di quella che ci spinge ancora di più all’egoismo e all’ingordigia invece che aprirci, dolorosamente, verso l’alto e verso l’altro.

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