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Piangiamo il dolore della vedova di Mario Cerciello Rega, nostro fratello

funerali vicebrigadiere
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Paola Belletti - pubblicato il 29/07/19
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Oggi i funerali del vicebrigadiere ucciso con 11 coltellate nella notte del 26 luglio a Roma. Ad officiare la cerimonia l’Arcivescovo Marcianò, Ordinario militare per l’Italia.

Grande e composta folla di gente comune ai funerali di stato a Somma Vesusviana

Nella Chiesa di Santa Croce a Santa Maria del Pozzo, a Somma Vesuviana, si sono appena conclusi i funerali di Mario Cerciello Rega, seguiti in diretta dal Corriere e da Repubblica ma soprattutto da un grande numero di persone comuni, accorse per rendere omaggio al vicebrigadiere e per sostenere e consolare i suoi cari. La Chiesa è la stessa nella quale poco più di un mese fa si era sposato con  Rosa Maria, costretta tanto presto al dolore della vedova.

Si erano sposati il 13 giugno, giorno di Sant’Antonio da Padova e anche della morte di Chiara Corbella Petrillo, la giovane sposa e madre che ha offerto con gioia un giorno alla volta la propria vita per i figli e che ha sofferto soprattutto nel lasciare il marito.

Questo giovane vicebrigadiere le somiglia. Amava la moglie, sposata da poco ma con la quale era fidanzato da tempo; amava il prossimo, compreso chi delinque, amava il proprio lavoro. Lo viveva come servizio, potremmo azzardare come vocazione, da quello che testimoniano i suoi superiori, i colleghi, le persone che aiutava. Tra queste anche una mamma. Mario aveva accompagnato personalmente e con la propria auto lei e la bambina che aveva bisogno di essere visitata con urgenza, all’Ospedale Bambin Gesù e aveva atteso tutta la notte, per poi riaccompagnarle a casa. La donna, essendo vedova, aveva telefonato in caserma per chiedere aiuto. Non sapeva a chi rivolgersi e Mario, come era solito fare, non si era tirato indietro ma semmai buttato in avanti, il più possibile vicino a chi ha bisogno. Aveva ricevuto un encomio per quel gesto, che però era uno dei tanti. Un vero e proprio habitus, il suo, quello cercare come un segugio il bene da compiere e i bisogni da servire.

Ora però la vedova è sua moglie e la morte che piangiamo è proprio la sua.

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carabiniere ucciso roma
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Maria Rosa e Mario, una fede in due

Ma come? Aveva chiesto la mano di Rosa Maria nella grotta di Massabielle, erano entrambi tanto devoti alla Madonna, Mario prestava servizio anche come barelliere per i malati pellegrini al santuario tra i Pirenei, modello assoluto di una  chiesa “ospedale da campo”, audace, mai schizzinosa, pronta come due braccia forti a raccogliere e curare feriti e moribondi. Faceva da volontario quel che faceva da carabiniere: lo raccontava poco fa, in Chiesa, al termine della celebrazione, il suo Comandante Generale. Si spendeva per gli altri, soprattutto i poveri. Andava a Lourdes, Loreto, Medjugorie, serviva i pasti alla Stazione Termini, regalava vestiti, i suoi. Chiede rispetto per Mario, il suo superiore, e riconoscenza. Per un cuore spezzato da pugnalate profonde fino all’impugnatura. Non siamo noi con i nostri commenti irrispettosi la dodicesima coltellata!

Morire come si è vissuti

Non si può morire così, non è giusto. Verissimo, tutto questo è ingiusto e disperante. O meglio potrebbe esserlo, senza Cristo. Ma Mario, carissima Rosa Maria –  ti chiedo perdono se mi permetto di parlare del tuo dolore, della lama affilatissima che ti sta trafiggendo- il tuo Mario è morto come ha vissuto, tentando di assomigliare a Cristo.

Virile, coraggioso, mite, una “pasta d’uomo”, dice qualcuno interpellato tra la folla composta che si è radunata per i funerali. Come Cristo si è lasciato spezzare, come Cristo ha amato fino in fondo. Come Cristo è morto ingiustamente e prematuramente.

Rosa Maria gli raccomandava di tornare sempre a casa, sapeva i pericoli, il mestiere di suo marito assomigliava a quello di suo padre, un altro uomo delle forze dell’ordine.

Chi siamo noi per dire alcunché davanti a tutto questo? In effetti, nessuno. O meglio, popolo, come quello che il vicebrigadiere difendeva con fedeltà e spirito di sacrificio, consapevole che poteva diventare il sacrificio estremo.

Non siamo politici, non siamo le istituzioni che è giusto siano presenti e rendano omaggio. Non siamo la bandiera che avvolge il feretro, non siamo colleghi. Eppure siamo fratelli, compagni di viaggio con lo stesso biglietto. Mario sapeva che il problema di questa corsa che è la vita non è come ci si accomoda in carrozza, quanto è confortevole il sedile, se il wifi tiene anche in galleria. Il problema è che si arriva da qualche parte e ci si va morendo. L’unico problema che abbiamo tutti, vivendo, è che morire bisogna. Il cristiano lo sa e quello proprio furbo si esercita ogni giorno a morire come si deve, con continui promemoria. Allora, caro Mario, carissima Rosa Maria, possiamo chiederci insieme come si debba morire?

Facendo quello che la vita ci chiede di fare, fosse una partita a briscola con il nonno o il tentativo di sventare un crimine, ma il cuore teso, il cuore come distratto dall’eterno.

Un paradosso che ci permette di guardare davvero l’altro negli occhi, di amarlo per secondo (dopo Dio) e amarlo davvero, di stringere una sposa senza smania di possesso, di custodire un figlio senza sottrarlo al mondo.

Ho una figlia di 15 anni, battezzata proprio il 13 giugno, per questo mi permetto di avvicinare la nostra vita a questa vicenda, perché solo passando dalla porta di servizio delle piccole cose personali sento che possiamo parlare di un’altra persona con rispetto, evitando di finire più o meno volontariamente su qualche ring a tirarci pugni fatti di opinioni, schieramenti, strategie.

Ebbene, da qualche mese periodicamente entra un po’ in crisi perché non trova nessuno in grado di rispondere in modo soddisfacente alla domanda che la assilla: perché dobbiamo morire?

Non possiamo liquidare questo interrogativo come effetto collaterale dell’adolescenza; passata quella, spariscono anche i punti di domanda. E’ invece il solo e unico quesito che ci inchioda tutti. Fingiamo di essere indaffarati, rispondiamo al telefono o al desiderio di successo o di restare “in forma” per non stare a sentire questa domanda. Ascoltiamola invece e torniamo al solo che possa rispondere e così permetterci di vivere bene, con serietà e leggerezza, drammaticamente allegri.

Gesù è il Salvatore, per questo ha viaggiato dal Padre a noi ed è morto ingiustamente. Per permetterci una vita senza più il mutuo insostenibile del peccato e preparandoci Lui la casa definitiva, bellissima, perfetta. Mario ce lo figuriamo là, nel posto che Cristo è andato a preparargli, in pace.

Rosa Maria Esilio ripete la preghiera recitata il giorno in cui si sono sposati e rinnova le promesse matrimoniali

La moglie ha anche il coraggio e la forza di leggere un testo dove parla del loro amore, della fibra con la quale è tessuta la moglie di un carabiniere e il pianto le incrina appena la voce. Ha una forza leonina, davvero, come recita la “preghiera della moglie del carabiniere”.

PREGHIERA MOGLIE CARABINIERE

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Il testo della preghiera della moglie del carabiniere.

Ripete infine le sue promesse matrimoniali, con voce rotta ma decisa.

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L’arcivescovo Santo Marcianò, la rincuora, la invita a pregare e a confidare nell’intercessione del suo Mario certa che lui sia alla presenza di Dio perché è morto da martire, da vero cristiano, da vero carabiniere cristiano.