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Matteo Viviani: in moto in cima al mondo contro la pedofilia

MATTEO VIVIANI

Matteo Viviani Offical - Facebook

Paola Belletti - pubblicato il 26/07/19

La Iena ha deciso di partire alla volta dell'Islanda, isola tra le più inospitali e affiscinanti della terra, prossima al circolo polare artico. Tutto quello che sta raccogliendo dagli sponsor lo devolve all'Associazione METER che da 25 anni lotta contro l'orrore infernale della pedopornografia.

Il suo viaggio in moto on the road ha già diversi ricordi, è iniziato il 9 luglio scorso. Tutto è documentato da video e post sui social e ogni reazione e condivisione sta generando donazioni dagli sponsor. Che si sono già mostrati all’altezza della situazione quando in un guado un po’ più difficile del previsto è finito in acqua con tutta la moto e l’attrezzatura. E non ha riportato danni a nulla, né smartphone, né sigaretta elettronica, né moto soprattutto. Superata anche una febbre improvvisa con tanto di virus gastrointestinale, ha ripreso alla grande il suo percorso: dal ghiaccio ai crateri, dal freddo pungente a bagni in acque caldissime, in mezzo al nulla.

Ha scelto l’Islanda, grande isola a due passi dal circolo polare artico, per gusto suo personale, per il fascino irresistibile che questo luogo abitato dagli “estremi tra gli uomini” esercita su tanti. E forse per salire fino quasi in cima al mondo e farsi sentire da tutti. Ha qualcosa da gridare.

Questo è il primo video su suolo islandese nel quale Matteo spiega il motivo del viaggio: sostenere Meter, associazione che da 25 anni si batte contro pedofilia, pedopornografia e infantofilia.

Sono termini che tendiamo a lasciare sulla carta, a trattare a distanza come fenomeni da studiare. Lo facciamo, probabilmente, perché sono un sipario che copre una scena per la quale sentiamo di non avere abbastanza stomaco.

Don Fortunato di Noto, che deve avere uno stomaco di ferro e un cuore larghissimo, forte, sostenuto da una Grazia speciale, invece è davanti, non in prima fila a godersi uno spettacolo, più avanti ancora; dietro le quinte a liberare le vittime, a consolare questi piccoli martiri, a distruggere scenografie, reti, orrori trasferiti in video, smerciati in immagini. Trasformati in fiumi di soldi.

Per farlo ha bisogno di sostegno, risorse economiche certo, ma anche che la società civile esca dal torpore.

L’impresa della Iena va ascritta proprio in questa storia di gesta gloriose, quelle che gli uomini retti compiono per salvare gli indifesi, per proteggere le persone più preziose: i bambini. Lo dichiarava anche a Tgcom24 a ridosso della partenza:

Partirò da solo in moto alla volta dell’Islanda per due motivi. Il primo è staccare la spina da tutto. Il secondo, più importante, è spingere gli sponsor che sostengono questo mio viaggio a donare sempre più soldi in favore di Meter, una Onlus che si occupa di combattere la pedofilia e l’infantofilia. (…) Le persone preferiscono pensare che questi problemi non esistono perché sono davvero orribili. Nella realtà i numeri sono impressionanti e quindi più iniziative si fanno per stimolare la lotta a questi reati meglio è. (…) Io documenterò tutto il viaggio sui miei social, sia Instagram che Facebook. L’obiettivo è quello di essere seguito da più persone possibile perché più sarà il seguito e più saranno i soldi che gli sponsor devolveranno a favore di questa nobile causa.

Don Fortunato è pioniere assoluto della lotta alla pedofilia (dobbiamo aggiungere la distinzione allucinante del fenomeno in altre orribili preferenze. Neonati, i NEONATI sono molto graditi, bimbi di pochi giorni che subiscono violenza, stupro, tortura, abusi)

In un’intervista del 2016 proprio realizzata dalla stessa Iena Matteo Viviani Don Fortunato spiega e documenta. Sì, è praticamente impossibile restare concentrati e lucidi sentendo queste cose. Restiamo sui numeri, un esempio, tratto proprio da quella coraggiosa intervista, il coraggio è di entrambi gli interlocutori.

Don Fortunato racconta a titolo di esempio per farci capire il livello del fenomeno che l’interesse per del materiale video e fotografico con soggetti neonati segnalato su una piattaforma frequentata da pedofili in pochi minuti ha ricevuto 23mila contatti. Ventitremila potenziali acquirenti si fanno avanti per comprare una foto, a cinquecento euro.

Cosa ci sconvolge nell’intimo di queste storie al punto da non potervi fermare la mente per più di un attimo? Che l’innocenza sia distrutta, che sia inflitto a dei piccoli innocenti un male tanto grande da non poterne più guarire; che uomini e donne in tutto simili a noi si siano così pervertiti al male non solo da compiere atti simili, ma da compiacersene e cercarne la ripetizione, sistematica, fredda, consapevole. Ci sgomenta perché sembra l’inferno.


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Il fatto che un sacerdote come Don di Noto e tanti suoi eroici collaboratori si confrontino quotidianamente con questo abisso non può che farmi rivolgere a Cristo e alla sua vittoria così tanto nascosta; al suo morire nel peggiore dei modi, al suo lasciar credere al mondo che il male sia più forte. Prima di esplodere nella Resurrezione.

Dare spazio a iniziative come questa della Iena Viviani è utile e doveroso e conferma la percezione tutt’altro che fugace che il volano dell’informazione stia prendendo velocità e faccia arrivare con più peso e più lontano l’operato di Don Fortunato e della sua Meter. Chiunque può gli dia voce, gli offra spazio, lo intervisti, rilanci contributi, doni soldi (Aleteia lo fa da tempo e sempre di più).

Servirà a far tacere la coscienza e a distogliere lo sguardo da tanto male? Può essere e in fondo non c’è niente di sbagliato. Non possiamo resistere troppo a lungo occhi negli occhi con una Gorgone senza esserne pietrificati. Ma anche senza documentarci con dettagli troppo spaventosi abbiamo il preciso dovere come esseri umani di denunciare, combattere, opporci in ogni modo a questo orrore. Viene definita piaga la pedopornografia? Bene, scopriamola, incidiamola, lasciamola spurgare. Il tempo della sutura verrà dopo.

Intanto seguiamo la solitaria di Matteo per la desolata e magnetica Islanda e siamo generosi: mi piace, cuoricini, condivisioni, videoparty. Usiamo al massimo i social per una causa non solo buona ma imperativamente necessaria.

ps: Stamattina riflettendo sulla meta del viaggio di Viviani ho avuto un sobbalzo. Come ho già avuto modo di annoiare diverse persone a me vicine, sto leggendo un’opera interessante e rivoluzionaria (per gli studi sui poemi omerici e le ipotesi sull’origine della civiltà indoeuropea): Omero nel Baltico, di Felice Vinci. Secondo la sua tutt’altro che infondata ipotesi, il primo nucleo ispiratore dei poemi omerici apparterrebbe ad una civiltà nordica, stanziata sul Baltico, durante l’età del bronzo, prima del tracollo climatico che ha reso via via sempre meno abitabili le terre scandinave. In questa ricollocazione geografica delle vicende narrate nei due poemi, ogni riferimento territoriale, ogni descrizione e racconto di viaggi e spostamenti, ogni descrizione del clima e dei metodi di navigazione, ritrova una coerenza che nella collocazione mediterranea non ha mai avuto. Per secoli esegeti, geografi, studiosi si sono inutilmente lambiccati per rintracciare Dulichio, collocare Itaca, spiegarsi il viaggio di Telemaco via terra. Fino agli anni 90, quando questo ingegnere storico per diletto non ha ripreso in mano Iliade e Odissea costeggiando Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e su fino al circolo polare artico. In questa nuova mappa c’è anche l’Islanda: si tratterebbe del mitologico Tartaro, terra di desolazione e morte, di tenebra, di abissi, di calore e gelo. Quello che nel tempo è diventato sinonimo di inferi. Ecco, è come se Matteo Viviani fosse andato in moto da solo ad attraversare “gli inferi” per dire al mondo di non voltarsi dall’altra parte, di tirar fuori i bambini e metterli al sicuro. O semplicemente per ricordarsi che la terra è magnifica e terribile, che la bellezza ci conquista, che i viaggi ci cambiano. E che lassù, così in alto, quasi in cima al mondo, può farsi megafono con le mani e urlare a pieni polmoni: tutti dobbiamo sentirlo. Basta straziare i bambini. Basta.

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