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È etico o no? Ecco un GPS affidabile per orientarvi nella scelta

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Movimento dei Focolari - pubblicato il 24/07/19

Come una professoressa ha insegnato ai suoi studenti di Scienza, Medicina ed Etica a prendere decisioni al di là dei sentimenti e dei cliché

di Maria Luce Ronconi

Tempo fa ho impartito una materia in un corso di Scienza, Medicina ed Etica al Collegio Marista di Poughkeepsie, nello Stato di York, che ha radici cattoliche ma è laico. Ci occupavamo di temi come la sperimentazione, la ricerca, la manipolazione genetica, la scienza riproduttiva, l’aborto, i bambini disabili, il suicidio assistito e l’eutanasia, solo per menzionarne alcuni.

E lì ho sentito l’intervento dello Spirito Santo…

All’inizio ho presentato le principali teorie etiche tradizionali che gli studenti potevano adottare per le loro scelte, quello che ho chiamato un GPS per guidarli.

La maggior parte degli allievi era imbevuta del punto di vista utilitaristico, per cui la scelta morale è quella che si adatta alla maggioranza o ai sentimenti o ai punti di vista personali.

Prima ho voluto ascoltare attentamente ciascuno, lasciare che dicessero cosa pensavano, per poter accogliere i loro pensieri, per quanto potessero essere strani.

Poi ho detto loro che i sentimenti o quello che provavano erano proibiti nelle nostre conversazioni; era permesso loro solo di pensare.

La terza cosa era che non avrei mai fatto sapere loro le mie idee su quei temi. Volevo che fossero liberi di esprimere i propri pensieri senza vedersi influenzati dall’insegnante. Chiedevo loro solo rispetto assoluto delle idee di ogni persona, e ho parlato dell’arte di amare in termini secolari.

Ma ho posto domande molto provocatorie, come quale fosse il proposito della loro vita, dove volevano trascorrere l’eternità e qual era il valore della sofferenza nella loro vita, visto che si accingevano a svolgere una professione in cui la sofferenza ha un ruolo predominante.

Ho fatto l’avvocato del diavolo, e ho gettato ciascuno in una crisi che ha mostrato come le loro opzioni non si sarebbero mantenute, indipendentemente da quello che mi dicevano.

Col tempo, i risultati sono stati strabilianti. Hanno adorato le lezioni, sono stati come un comitato etico ospedaliero, in cui hanno dovuto responsabilizzarsi delle proprie decisioni, sapendo che avrebbero avuto un impatto sulla vita di persone e famiglie.

Stavano imparando a prendere decisioni solo dopo aver attraversato un processo basato sul pensiero anziché concentrarsi solo sui sentimenti.

Qualcosa dentro di me, però, non mi permetteva di essere in pace. Volevo dar loro qualcosa di più, volevo condividere il mio modo di vedere il mondo, anche in campo etico, anche a un gruppo decisamente non religioso come quello.

Ho chiesto l’aiuto dello Spirito Santo. Solo Lui poteva soccorrermi, e l’idea è nata mentre stavo lavando i piatti. Ho pensato che la mia visione, le mie lenti, attraverso le quali vedo tutto, sono la vita della Trinità, l’amore reciproco tra tutti, la base; il cuore della mia visione del mondo è la vita basata sul dare e ricevere vissuta dalla Trinità.

Ma come potevo farlo in un mondo scientifico secolare senza menzionare Dio?

L’idea che mi è venuta è stata quella di prendere come esempio la natura del DNA: tutto il mondo si muove con la legge di reciprocità.

Se la cellula non condivide il suo DNA, anziché la vita porta la morte. E se il sole decide di muoversi provoca distruzione anziché mantenere la vita in tutte le sue forme.

Ho elaborato la teoria della reciprocità come teoria etica che potrebbe essere adottata come un GPS per guidarci in tutte le situazioni etiche.

Erano affascinati, e molti studenti lo hanno adottato come proprio GPS. Uno di loro ha detto: “È il pezzo del puzzle che mancava nella mia vita, ora tutto ha un senso”.

Alla fine del semestre, uno di loro mi ha chiesto se poteva rifare tutti i compiti perché la reciprocità gli aveva fatto cambiare visione del mondo, dall’aborto all’eutanasia.

L’effetto forse più sorprendente è però giunto da una studentessa che mentre riordinava le sedie ha condiviso con tutti i presenti il fatto che aveva sentito la necessità di tornare alla Chiesa e all’Eucaristia, e ha quasi sorpreso se stessa dicendo che “è stato per queste lezioni, e non sono neanche lezioni di teologia!”

Un altro uno o due anni dopo è venuto a dirmi: “Nella vita ho tutto, ma mi manca la reciprocità che ci ha trasmesso”. Tre settimane dopo è andato a svolgere tre mesi di lavoro volontario nella scola di calcio della ONG Café con Leche a Santo Domingo, vivendo un’esperienza molto positiva.

Un’altra si è sentita incoraggiata ad andare ad aiutare gli orfani a Haiti. Sta per laurearsi in Pediatria e presto compirà il suo settimo viaggio a Haiti.

Molti di loro sono oggi medici e infermieri, e altri lavorano nel campo medico. Ancora mi scrivono dicendo come la teoria etica della reciprocità li guidi nelle loro scelte etiche mediche.

Solo lo Spirito Santo con i suoi doni può avermi aiutato a condividere con loro la luce per vedere le cose con gli occhi di Dio. La mia parte è stata solo il fatto di ascoltare la sua voce – a volte forte, altre volte appena un sussurro – e seguirla.

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