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Rimini, archiviato il procedimento dell’Arcigay contro lo “psicologo no-gender”

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Melissa

Giovanni Marcotullio - pubblicato il 22/07/19

Sergio De Vita è stato deferito al proprio Ordine di competenza, quello degli Psicologi, per aver sostenuto – peraltro da privato cittadino e senza coinvolgimenti riconducibili alla professione – posizioni refrattarie al “pensiero unico” in materia di gender studies. Abbiamo intervistato uno dei suoi legali, l'avvocato Monica Boccardi.

In un comunicato stampa di qualche giorno fa (18 luglio 2019) il Segretario dei Giuristi per la Vita, l’avvocato Filippo Martini, ha dato notizia del felice esito della causa mossa dal presidente dell’Arcigay di Rimini al dott. Sergio De Vita, causa che si è conclusa con l’archiviazione, ossia con il più pieno proscioglimento dalle accuse.

I Giuristi per la Vita hanno ottenuto dal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna il riconoscimento del diritto, tutelato costituzionalmente, ad esprimere le proprie opinioni, per uno psicologo iscritto al suddetto ordine, il Dott. Sergio De Vita.

Il professionista era stato segnalato più volte dal presidente dell’Arcigay riminese Marco Tonti, tra l’altro, per numerosi post pubblicati sui social, nei quali esprimeva a titolo personale, senza mai aver indicato la propria qualità professionale, il suo pensiero, anche politico e di credente cattolico, sul “gender”, sulla violenza di genere, sull’omofobia, sull’educazione alla affettività/sessualità e sulla famiglia.

Sottoposto a procedimento disciplinare con l’accusa di aver violato l’art. 38 del codice deontologico, cioè i principi del decoro e della dignità professionale, è stato pienamente “assolto” dalle accuse, con il riconoscimento esplicito e testuale che “i post pubblicati – esaminati nel loro contesto – non paiono apertamente offensivi o polemici e quanto ivi contenuto rappresenta espressione della libertà di pensiero costituzionalmente garantita”.

Il procedimento è stato quindi archiviato.

L’associazione, insieme al Dott. De Vita, esprime il proprio compiacimento per la correttezza giuridica e morale della decisione, presa a stragrande maggioranza dei consiglieri.

Un grazie sentito ai nostri soci, avvocati Monica Boccardi di Rimini e Francesco Farolfi di Forlì che hanno ottimamente coadiuvato il professionista.

È una vittoria forense che non resta confinata nella vicenda privata, investendo invece il campo della vita sociale e dell’opportunità di esprimere pubblicamente il proprio pensiero. Per questo abbiamo incontrato Monica Boccardi, una delle legali che hanno assistito il dott. De Vita, e abbiamo ragionato con lei del risultato.

Avvocato Boccardi, quella nella causa Tonti Vs De Vita è una vittoria importante, ci spiega perché?

Premetto che non stiamo parlando di una “causa” tra i due soggetti, Tonti e De Vita, ma di una segnalazione al consiglio dell’ordine di appartenenza, da parte del primo nei confronti del secondo, allo scopo di ottenerne la sottoposizione a procedimento disciplinare.

Il procedimento disciplinare, che è stato in effetti aperto (e si è chiuso con l’archiviazione), avrebbe potuto portare all’irrogazione di sanzioni, di varia intensità, fino al caso estremo della radiazione dall’albo.

Si tratta di una vittoria importante, perché stiamo assistendo a numerosi casi di segnalazione di psicologi ai consigli degli ordini professionali, riguardanti la libera espressione del pensiero, quando gli argomenti trattati dai professionisti, anche a titolo personale, riguardano il “gender” (intendendosi con detta parola tutto ciò che concerne sia l’identità di genere, sia l’orientamento sessuale), la famiglia, la religione, la sessualità, la filiazione ecc.

Queste segnalazioni hanno lo scopo di imporre, di fatto, un divieto di espressione del pensiero che non sia allineato con l’ideologia mainstream.

Nel vostro C.S. parlare di “libertà di espressione”: vuol dire che non è una vittoria del solo Sergio De Vita?

Riteniamo che si tratti di un precedente che può servire a dar forza all’eventuale difesa di altri professionisti similmente segnalati: la dichiarazione che la manifestazione di pensiero, laddove non offensiva e non polemica, è libera e costituzionalmente garantita, viene fatta in maniera esplicita e senza infingimenti. Tale libertà appariva messa fortemente in dubbio dal tenore delle segnalazioni ricevute e dall’apertura del procedimento disciplinare, nonostante una nostra prima memoria, di risposta alle segnalazioni stesse, che affermava l’aver agito proprio nell’esercizio di tale diritto.

Come avete fatto a ottenere giustizia?

La delibera di apertura del procedimento indicava (in verità in modo non del tutto chiaro) le criticità ritenute sufficienti per procedere. Le abbiamo sottoposte ad analisi approfondita, sotto ogni profilo astrattamente rilevante deontologicamente, dimostrando che non vi erano violazioni del codice deontologico, ma soprattutto che si trattava di opinioni personali assolutamente lecite, in quanto sorrette da argomentazioni logiche, scientifiche, giuridiche, dottrinali (laddove inerenti la religione del professionista) sufficienti ad escludere ogni possibile biasimo.

Perché c’è bisogno di spendere tante energie e tante professionalità per tutelare cose che sembrerebbero così ovvie?

Perché, come anticipato, vi è il tentativo di ridurre al silenzio le voci di dissenso e di buonsenso che si oppongono all’ideologia che si vuole imporre, per la quale, ad esempio, è omofobo dichiarare che i bambini hanno bisogno di mamma e papà…

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ideologia gender
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