Un esempio di notizia positiva, di compagnia fraterna fatta a chi soffre. Una delle tante volontarie della Fondazione Italiana Leniterapia preferisce rimandare le vacanze per non abbandonare i malati proprio ad agosto,uno dei momenti più difficili.
Siamo forse tristemente abituati allo schema nero su bianco delle notizie, le cose peggiori in primo piano, sempre; al punto che il bianco non lo vediamo più, ridotto a sfondo necessario alla lettura del testo.
E questo accade anche quando si tratta di argomenti “nostri”, di battaglie per la vita. E solo Dio sa quanto davvero serva e sia un dovere per ogni retta coscienza gridare, battagliare, polemizzare vivacemente persino per fare scudo anche ad una sola vita messa in pericolo da terribili e collaudate macchine eutanasiche; dobbiamo farlo, non c’è dubbio e con sempre maggior forza, lucidità, ragioni. Così come dobbiamo proporre con nettezza, benevolenza e larghezza il vangelo della vita. E in mezzo a tante tensioni mantenere noi stessi al riparo da tempeste emotive che rischiano di inghiottirci ed esaurirci le forze.
La bellezza (stra)ordinaria che va raccontata
Quella che ho incontrato oggi in una sezione che per identità si sforza di mettere bianco su nero (la redazione Buone Notizie del Corriere) è proprio una storia da mettere in risalto, che notifica a noi il tanto bene silenzioso e costante che innumerevoli persone continuano a praticare e diffondere.
La protagonista è Andrea ed è una donna. Nella Germania dove è nata prima di trasferirsi in Italia il suo nome si usa anche al femminile (bello!). Ha sessantaquattro anni e vive a Firenze; da otto anni è volontaria per la Fondazione Italiana Leniterapia. Leniterapia è un neologismo inventato proprio dalla fondazione: significa curare sempre l’uomo e non solo con le tecniche mediche fino alla fine della sua vita, offrendo al malato e alla sua famiglia o proprio nella fase terminale della sua esistenza tutto ciò che può essergli di vero beneficio, di reale sollievo.
La cura della persona sempre: cure palliative e leniterapia
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Il termine leniterapia è un neologismo creato da FILE e riconosciuto dall’Accademia della Crusca, la maggiore autorità linguistica italiana. Leniterapia è un termine che deriva dal verbo latino “lenire”, incentrato sull’idea di dolcezza e di cura, e costituisce un paradigma scientifico teso a definire un’area di saperi, di culture e di conoscenze relative alle cure di fine vita che oltrepassano l’area specifica della medicina, coinvolgendo le scienze infermieristiche, la filosofia della scienza, la filosofia morale, la bioetica, la teologia, la storia, l’antropologia, la sociologia e anche l’architettura, laddove si occupi di considerare e progettare spazi e strutture adatti alla ricerca di una qualità della vita accettabile per chi soffre e per le famiglie dei pazienti (hospice). (sito FILE)
Che meraviglia di approccio: un fiume che ha corso per tutta la lunghezza del suo viaggio naturale, la vita di un uomo, e prossimo a gettarsi nel mare, si apre come un delta. Le foci sono spesso oasi di vita multiforme. Fuori di metafora e dentro le esistenze reali vuol dire che all’uomo spettano non solo farmaci, interventi, supporti alle funzioni vitali, ma condivisione del senso della vita, del senso della morte, cura per le relazioni, nobilitazione degli spazi a favore di quelle più significative.
In questi casi il prefisso eu avrebbe senso e non associato al dare la morte ma al moltiplicare i benefici della compagnia umana integrale all’uomo che si prepara a lasciare questa vita. Ecco, la sto facendo lunga con considerazioni filosofiche!
Rinuncia alle vacanze estive per stare con chi ha bisogno anche in agosto
Andrea invece non la fa lunga per niente: fa che non va in vacanza per stare vicina ai malati proprio ad agosto, proprio quando sono più soli e la famiglia si allontana per qualche periodo di vacanza. Non prepara le valigie, resta in città e si presenta puntuale nell’hospice di San Felice a Ema.
Avevamo già incontrato questa realtà, grazie all’iniziativa di un’altra volontaria che offre ai pazienti della struttura la bellezza consolante della poesia; ne aveva parlato la nostra collega Silvia Lucchetti.
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«Agosto è il momento peggiore per i pazienti dell’hospice, spesso hanno i parenti in vacanza e hanno più bisogno di compagnia. E’ importante far sentire loro parole di conforto e non lasciarli mai soli. Con loro scambio emozioni, riflettiamo su argomenti da loro sollevati, ascolto i loro racconti di vita. A volte giochiamo a carte, altre volte leggiamo insieme un libro, altre volte ascoltiamo la loro musica preferita, altre volte ancora mi chiedono un gelato e io vado in gelateria a comprarlo». (Buone notizie, Corriere)
Ci andrà due volte a settimana e non pare assumere per questo l’atteggiamento della martire. Sembra più facile pensarla a sua volta arricchita e grata della compagnia a questi fratelli vicini al limite estremo:
«Non è un sacrificio per me, faccio le vacanze in altre periodi, ho un lavoro che me lo può permettere. E poi credo sia importante regalare un po’ di conforto alle persone nel momento tanto difficile della loro vita, e poi vivere a Firenze ad agosto non è così male, la città si svuota ed è piacevole e diversa». (Ibidem)
Sono in tutto sessanta i volontari che la fondazione mette a disposizione per garantire assistenza ai pazienti anche durante l’estate. Il servizio è gratuito “sia negli hospice che a domicilio alle famiglie che lo richiedono”. (Ibidem)
Prendersi cura della persona anche quando non può guarire è fonte di progresso
Riflettendo in questi giorni sull’ennesimo tragico caso di violenza di stato a danno del più debole– mi riferisco all’agonia imposta a Vincent Lambert per condurlo alla morte- ho pensato agli innumerevoli medici e infermieri che non sposano questi protocolli né la mentalità da smaltimento rifiuti e taglio costi che li giustifica. Anche in loro di sicuro c’è una grande sofferenza nel vedere così degradata l’alleanza per la vita con il paziente e la sua famiglia. I tanti medici che in questo periodo hanno in cura tanti altri Vincent avranno sentito in sé come il contraccolpo di una sconfitta, come il peso di un tradimento per una medicina che rinnega sé stessa.
Ricomprendere la medicina dentro un recinto più vasto che consente di guardare la persona fino alla fine, come fanno per esempio questi volontari, è la strada alternativa all’accidia scientifica che decide di buttare chi non può guarire; paradossalmente questi eroi della vicinanza e della tenerezza sono quelli che tengono acceso e rombante il motore del progresso. Il fatto di non poter guarire, per ora, determinate patologie; la certezza di non poter scavalcare il fosso della morte che aspetta tutti, ci consente di continuare a restare accanto all’uomo che soffre finché è vivo e di portargli sollievo ingegnandoci con tutti i nostri mezzi. Che, come succede sempre, vanno a favore di tutti, in parte in maniera materiale e visibile, in parte scorrendo al di sotto delle apparenze nelle gallerie carsiche dello spirito.