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L’unico sacerdote rimasto in una città invasa dallo Stato Islamico

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Aleteia - pubblicato il 16/07/19
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Ora invita i cristiani rifugiatisi altrove a tornareMosul è una delle città più importanti dell’Iraq e una di quelle che hanno subìto maggiormente gli orrori sanguinosi perpetrati dai fanatici dello Stato Islamico, orda jihadista che ha proclamato un califfato nella regione e ha imposto alla popolazione un regime di terrore che si è prolungato per tre anni, fino alla sconfitta riconosciuta del 10 luglio 2017.

Dalla caduta dei terroristi, un sacerdote ha assunto una nuova e fondamentale missione a Mosul: quella di richiamare i cattolici rifugiati perché tornino a casa. È padre Amanuel Adel Kloo, l’unico presbitero che resta oggi a Mosul.

Nei tre anni di orrore jihadista, la popolazione locale è stata sottoposta alla sharia, la rigida legislazione islamica in base alla quale sono state imposte conversioni forzate all’islam, esecuzioni di massa e rinascita della schiavitù. In uno scenario del genere, “nessuno credeva che i cristiani sarebbero tornati a Mosul”, ha affermato lo stesso padre Kloo in un’intervista alla Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS).



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Il sacerdote ha riferito che solo 30-40 cristiani sono tornati in città, ma ha aggiunto che esiste una numerosa “comunità itinerante” che vi si potrebbe stabilire:

“Circa mille studenti cristiani vengono ogni giorno dalle città vicine all’Università di Mosul. Lo stesso accade con centinaia di lavoratori, molti di quali lavorano per il Governo alla riparazione del sistema idrico e della rete elettrica di Mosul, che sono ancora molto danneggiati”.

Il sacerdote siro-cattolico sta ricostruendo la chiesa dell’Annunciazione, che sarà la prima a Mosul ad essere restaurata e rappresenta per lui una speranza della “rinascita del cristianesimo” in città.

“Le persone hanno ancora paura, ma quando la chiesa e gli altri edifici saranno aperti si sentiranno sicuri e molti torneranno”, ha affermato.

Si spera che la chiesa sia pronta in tre mesi.

Padre Kloo vuol anche costruire alloggi per gli studenti universitari e le persone bisognose, e una scuola cristiana che incentivi le famiglie cattoliche a tornare in città.

Mosul ha circa un milione di abitanti musulmani. Nel 2003 i cristiani erano 35.000, numero drasticamente ridotto a seguito della persecuzione subìta negli undici anni successivi, dall’inizio della guerra per abbattere il dittatore Saddam Hussein.

“Molte chiese caldee sono state chiuse prima ancora dell’invasione dello Stato Islamico, perché un gran numero di persone è andato via da Mosul dopo l’assassinio del vescovo caldeo Raho, nel 2008, e di padre Ragheed. Nel 2014 in città restavano circa 15.000 fedeli di varie chiese: caldei, siro-ortodossi, siro-cattolici e alcune famiglie armene”.

L’invasione jihadista ha peggiorato lo scenario e ha fatto sì che altre migliaia di cristiani abbandonassero la città, visto che chi non fuggiva correva l’altissimo rischio di essere giustiziato o costretto a convertirsi all’islam.

Mosul è sede di due diocesi, ciascuna di una tradizione cristiana. Entrambe hanno accolto di recente i loro nuovi vescovi. A gennaio monsignor Najeeb Michaeel Moussa è stato nominato arcivescovo dell’arcieparchia cattolica caldea di Mosul, a giugno monsignor Nizar Semaan è diventato arcivescovo coadiutore dell’arcieparchia cattolica siriaca di Mosul.

Con informazioni di ACS e ACI Digital.