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Saltare la Messa domenicale? Solo se c’è un «serio motivo»

POPE CORPUS DOMINI

Antoine Mekary | Aleteia | i.Media

Toscana Oggi - pubblicato il 10/07/19

So che il catechismo prescrive la partecipazione alla Messa la domenica e le altre festività religiose. A parte la malattia, ci possono essere motivi validi per saltare, a volte, la frequenza? Impegni lavorativi, familiari, di viaggio… Ci possono essere delle situazioni in cui è ammesso non andare alla Messa (magari recuperando in altro momento della settimana) o è sempre considerata una mancanza grave?

Alessandra Ricci

Risponde padre Luciano Santarelli, docente di Teologia morale alla Facoltà teologica dell’Italia centrale.

Ho fatto di recente un’esperienza missionaria in Guatemala, nella regione del Peten, dove in un territorio grande quanto la Toscana e l’Umbria insieme, operano solo venti sacerdoti. La maggior parte della popolazione (più di 500.000 mila anime) vive disseminata in villaggi poverissimi. Il missionario li può raggiungere due, tre volte all’anno, e nell’occasione viene celebrata la Messa in un clima di grande festa. Per il resto è possibile solo la celebrazione della Parola presieduta da un catechista.

La gentile lettrice, che ci chiede in quali casi saremmo esonerati dal precetto domenicale, vive certamente in luoghi dove la Messa festiva è assicurata, ma le chiese sono semivuote perché molta della nostra gente ha perduto la fede (in Toscana solo un battezzato su cinque frequenta l’Eucarestia domenicale).

Ecco perché credo sia importante capire il motivo per cui viene sollevata la questione. La domanda potrebbe essere posta infatti per trovare conferme alla relativizzazione in atto del terzo Comandamento.




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Ora, proprio perché viviamo in un contesto di secolarizzazione, che è necessario ribadire la centralità della domenica. L’uomo di oggi fatica a vivere il giorno del Signore, perché confonde il tempo libero con la festa. La festa genera vicinanza all’altro, il tempo libero invece seleziona spazi e persone per costruire una pausa alternativa al vivere quotidiano. La festa dà senso al tempo feriale, mentre il tempo libero fa evadere la persona per rimetterla a produrre. Solo la festa cristiana libera l’uomo dalle pur legittime preoccupazioni mondane, e gli fa ritrovare il mondo come casa dove abitare con gli altri, per gioire, condividere.

Ed è proprio la celebrazione eucarestia, a cui è doveroso partecipare, che fa la festa. Eucarestia è comunione, è ringraziamento per tutto quello che si è ricevuto, a cominciare dal tempo che non è nostro. Il Signore vuole che la domenica dedichiamo del tempo a Lui, ai familiari, e ai fratelli che sono nella sofferenza e nel bisogno. E il nostro è un Dio geloso che considera una mancanza in questo ambito come adulterio. Non santificare la festa è un peccato grave, cioè mortale.


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Se tutto questo risulta chiaro alla nostra lettrice e la domanda fosse posta, come spero, solo per conoscere con quali norme si manifesta la prudenza della Chiesa, onde evitare quanto Gesù rimproverava ai farisei: «Il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato», rispondo che il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che «i fedeli sono tenuti a partecipare all’Eucaristia nei giorni di precetto, a meno che siano giustificati da un serio motivo» (CCC n. 2181).

Il «serio motivo» può essere in primo luogo stabilito dal vescovo o anche dal parroco (can. 1245). Pertanto quando vi è una ragione seria, permanente che impedisce di partecipare alla Messa festiva, si può chiedere al proprio parroco d’esserne dispensati, oppure che commuti quell’obbligo con un’altra opera, e questi agirà secondo le indicazioni del suo Ordinario, e rispondendo a Dio di quanto ha deciso.


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Il «serio motivo» per essere esonerati dal precetto sussiste anche al di là di una decisione del sacerdote competente. Per determinarlo dobbiamo ricordarci che il Signore, nel giorno che si è riservato, ha la priorità su tutto, ma anche che Dio guarda al cuore, e non vuole che si faccia niente a danno dell’uomo.

Ciò è evidente in caso di malattia, o di anziani che potrebbero compromettere la loro fragile salute, ma se uno ha una piccola indisposizione che non gli avrebbe impedito di andare a lavorare, non lo giustifica dal disertare la Messa. E questo vale anche per l’anziano nel caso godesse buona salute. Anche concedersi un periodo di vacanza è cosa buona per l’uomo, purché non sia vacanza dallo spirito. Per cui non è senza colpa chi programma viaggi e ferie in luoghi dove gli sarebbe impossibile adempiere il precetto festivo.

Ci può essere il caso di chi deve assistere in modo continuato un infermo, o di una mamma che non può lasciare il proprio bambino. Costituiscono validi motivi per essere esonerati dal precetto solo quando la persona, pur seriamente attivandosi, non ha trovato nessuno che possa sostituirla.


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Può anche capitare qualcosa di assolutamente imprevisto. Si è programmato di andare a Messa la domenica sera, ma la chiesa è irraggiungibile perché la strada è stata bloccata, oppure si viene a sapere di un parente che è stato ricoverato in ospedale etc.

C’è chi la domenica deve lavorare. Il caso è esplicitamente contemplato: «Quando i costumi (sport, ristoranti, ecc.) e le necessità sociali (servizi pubblici, ecc.) richiedono a certuni un lavoro domenicale, ognuno si senta responsabile di riservarsi un tempo sufficiente di libertà… Nonostante le rigide esigenze dell’economia, i pubblici poteri vigileranno per assicurare ai cittadini un tempo destinato al riposo e al culto divino. I datori di lavoro hanno un obbligo analogo nei confronti dei loro dipendenti» (CCC n. 2187). Pertanto è difficile che si configuri il caso d’impossibilità assoluta di adempiere il precetto, considerando anche la Messa prefestiva. Se ciò dovesse comunque accadere non si commetterebbe peccato, sempre che a quella persona necessiti svolgere quel lavoro così strutturato.

Qualunque sia il motivo per cui si è eluso la celebrazione domenicale questa non può essere sostituita con un’altra Messa durante la settimana.

Qualora il fedele nutrisse ancora dei dubbi consiglio di portare il caso in confessione, come anche di ricordare i 49 martiri di Abitène, una località nell’attuale Tunisia, che nel 304 hanno preferito, contravvenendo ai divieti dell’imperatore Diocleziano, andare incontro alla morte, piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore. Essi erano consapevoli che la loro identità e la loro stessa vita cristiana si basava sul ritrovarsi in assemblea per celebrare l’eucaristia nel giorno memoriale della risurrezione.

Qui l’articolo apparso su Toscana Oggi

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