Una casa, gestita da suore, che accoglie solo coloro che hanno la pensione minima e non potrebbero andare altrove. Si sono toccate le generazioni, le età più lontane; i bambini che si impegnavano a suonare, gli anziani che ne godevano come di loro nipoti o bisnipoti.
In questi giorni, come nella vita in genere, si intrecciano in un contrappunto strano e complesso notizie belle, bellissime, brutte, bruttissime.
Sono tornata da poco dal saggio dei “miei” ragazzi. Li chiamo “miei” perché tra insegnante ed allievo di musica si instaura spesso una relazione profonda, ricca, in cui la musica si fa portatrice di valori profondi, e lo scambio è intenso, costante e bidirezionale.
Sono ragazzi diversissimi tra loro, per età, livello musicale, carattere; ma a tutti sono grata per i loro sorrisi, il loro impegno, il loro mettercela tutta e cercare di dare il meglio di sé.
Hanno suonato benissimo, e sono stata profondamente fiera di ciascuno di loro. Ognuno, poi, ha la sua storia: storie liete e storie tristi, storie difficili e storie bellissime. In tutti, la musica è un momento importante della crescita e dell’educazione. Vedere i loro sorrisi radiosi dopo che hanno concluso i pezzi (tutti brani difficili in proporzione al loro livello) è la gioia di aver aiutato dei ragazzi a dare ciò che hanno dentro, ciò che sono e ciò che hanno ricevuto da Dio, dalla vita e dalle loro famiglie.