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Bambini, volete vedere un angelo in una grotta? Vi porto al Santuario di San Michele

SANCTUARY, SAINT MICHAEL, COLLAGE

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Annalisa Teggi - pubblicato il 08/07/19

Di ritorno dalle vacanze, una sosta a Monte Sant'Angelo con la famiglia: abbiamo incontrato una volta di più l'Infinito che pianta la speranza dentro la roccia del mondo.

“Fa caldo, mamma” è cominciata così la nostra gita a Monte Sant’Angelo: dopo una settimana di bellissimo mare del Gargano ci siamo inerpicati su per i monti alle spalle di Manfredonia e Mattinata per visitare il luogo dove per quattro volte è apparso l’Arcangelo Michele. È strano, prima senti di dover fare una cosa, poi mentre la fai sei confuso, poi a distanza di giorni ne capisci il senso. Sarebbe bellissimo poter dire che è stato un pellegrinaggio vissuto in pienezza di coscienza e preghiera; in realtà è stato un pellegrinaggio preterintenzionale: noi eravamo accaldati, storditi, neppure troppo silenziosi ma il Padrone di Casa, per fortuna, ha tenuto le redini della situazione guidando i nostri passi e occhi incerti.


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Se c’è una cosa bella della foresta umbra che si affaccia sul mare del Gargano è che i cellulari non prendono affatto; niente Google per documentarsi. Perciò ho chiesto a mia madre – rimasta nella superconnessa Romagna – di registrarmi un messaggio vocale Whatsapp con la storia del Santuario di Monte Sant’Angelo. A spizzichi e bocconi, brevi tratti di connessione fugace, l’abbiamo ascoltato. Ci siamo lasciati alle spalle il mare e siamo saliti su per 13 tornanti. È cominciato tutto così.

Salire per scendere

Può affascinare molto oppure lasciare straniti: il paesaggio montuoso del Gargano è dominato da una dura roccia bianca che si lascia scolpire in forme stupefacenti, qualche pianta verde resiste abbarbicata. C’è un senso di solitudine e pienezza che si fatica a spiegare.

PUGLIA, GARGANO, SEA
Lois GoBe | Shutterstock

In auto i miei tra figli davano segni di insofferenza (“Non era meglio stare mezza giornata in più in spiaggia?”) e io speravo spiccasse presto, dopo l’ennesimo tornante, l’immensità di una basilica degna della potenza di un Arcangelo come Michele. Niente. Dicevo loro: “Sapete, bambini, che Michele era ritenuto dai pagani molto simile a Odino?”. Eccedevo nel decantare meraviglie enormi, nessuna grande chiesa in vista, intanto.




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Arrivati a destinazione, ancora nulla di eclatante intorno; abbiamo chiesto informazioni più volte per non sbagliare. L’aspetto superficiale della chiesa che ci siamo trovati di fronte è molto dimesso, piccolo, spoglio. Sulla porta d’ingresso si leggono parole strane, proprio quasi inconciliabili con l’aspetto dell’edificio:

Questo è un luogo terribile. Questa è la casa di Dio e la porta del Cielo.
MONTE SANT'ANGELO, SAINT MICHAEL, SANCTUARY
vololibero | Shutterstock

I bambini avevano fretta di entrare, per mettersi all’ombra. Li ho visti sparire, quasi inghiottiti; sì, perché – a quanto pare – la porta del Cielo punta in basso e per entrare nella chiesa si deve scendere. Eravamo saliti su una montagna, stavamo in alto a dominare tutta la vista di un panorama mozzafiato a precipizio sul mare, dovevamo visitare il luogo dove era apparso niente meno che un Principe della Milizia Celeste … ed eccoci, scendere 86 gradini per entrare nella grotta venerata.


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L’avrei capito dopo, ma buona parte del pellegrinaggio era già fatta ed era meditare questo paradosso: l’uomo fatica a salire il mistero di Dio, che sta giù nel profondo; l’uomo cerca in alto e nello splendore il divino e quel che vede, quando discerne davvero, è la via che porta a una grotta buia dove Dio si fece piccolo, neonato.

SANCTUARY, SAINT MICHAEL, MONTE SANT'ANGELO
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Terribile e celeste

Il culto di San Michele nel Gargano risale al V secolo, epoca della prima apparizione dell’Arcangelo al vescovo del luogo, San Lorenzo Maiorano. Il vescovo chiese all’Arcangelo di poter convertire i pagani del luogo, San Michele rispose:

Io sono l’Arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra. E poiché ho deciso di proteggere sulla terra questo luogo ed i suoi abitanti, ho voluto attestare in tal modo di essere di questo luogo e di tutto ciò che avviene patrono e custode. Là dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini. Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito.

Ho pregato in quella grotta, ho confessato i miei peccati. E anche se la concentrazione non è stata impeccabile, perché la figlia più piccola scappava ovunque, ho pensato al dialogo tra il vescovo Lorenzo e l’Arcangelo. Questo è un luogo terribile, dice l’iscrizione: degno di una meraviglia così grande che lascia a terra, atterriti. Terribile per splendore e potenza deve esserlo davvero, un angelo: porta una misura eccendente rispetto alle misere capacità umane. Il vescovo chiede una grazia relativamente piccola (convertire i pagani del luogo), San Michele alza di molto la posta in gioca (perdonare i peccati di tutti gli uomini). Il Cielo è pronto a concederci cose molto più grandi di quelle che osiamo chiedere, e non è il mero utilitarismo della pubblicità che ci dice “pensa in grande!”; è invece una sovrabbondanza di Misericordia che tanti testimoni della fede documentano, non ultimo Dante che disse della Madonna:

liberamente al dimandar precorre

Ed è un verso che fa immaginare tutte le schiere celesti come trepidanti sui blocchi di partenza, spinte da una premura atletica di affetto debordante. L’uomo ringrazia Dio erigendo meravigliose cattedrali che restituiscono almeno il parte il bisogno di salire al cielo per ricambiare questo affetto.

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Il Santuario di Monte Sant’Angelo è una basilica celeste, cioé non consacrata da uomo ma direttamente dall’Arcangelo e – curiosamente –  si sviluppa più sotto che sopra: se l’uomo ambisce al cielo, il Cielo che ha il volto di un Padre ama ricordarci attraverso i suoi messaggeri che è sceso giù fino in fondo in mezzo all’umano.


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Fuori, che salita

Uscendo dalla basilica, qualcosa ha cominciato a ribollire nella testa: fare 86 gradini a scendere era stato facile, uscire e farli in salita ha richiesto più lentezza e fiatone. Entrare ci aveva immersi della frescura sotterranea, uscire era catapultarsi nell’afa del meriggio. Faticoso è uscire da un luogo così benedetto, in cui ci si sente protetti come dentro la pancia della mamma. E ho pensato a quanto è arduo “stare fuori”, cioé dentro un mondo in cui ogni angolo di strada sembra complottare a distrarci, a portarci altrove dalla casa di Dio. Accanto a me salivano i miei figli, loro a passi più svelti e spensierati. Anche loro sono destinati ad andare fuori; fuori dalla portata delle nostre braccia di genitori, fuori di casa, fuori dal recinto delle sicurezze. La porta di casa nostra sarà sempre aperta per loro, ma vorrei sapessero, o quanto meno si fidassero, che la porta che abbiamo varcato per visitare il Santuario di San Michele è quella che conta di più: perché è una porta miracolosa che – insieme – accoglie e spalanca. Che sta sotto e punta in alto.


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La storia della Chiesa pullala del paradosso di grotte in cui la speranza si è spalancata. Quando il mondo secolare deve gloriarsi di qualcosa lo fa emergendo, spiccando, ingigantendo. Lourdes, La Verna, il Santo Sepolcro, Betlemme (e chissà quante spelonche, caverne, anfratti dimentico) parlano di un Dio che quando opera meraviglie sta sotto. Così ne parlò Chesterton:

La caverna, per un verso, non è che una buca, o un angolo, in cui i reietti sono buttati come spazzatura; per un altro verso è un nascondiglio di qualche cosa di prezioso che i tiranni cercano come un tesoro.  (da L’uomo eterno)
SANCTUARY, SAINT MICHAEL, MONTE SANT'ANGELO
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Si spinge anche oltre, Chesterton, dicendo che Dio ha minato il mondo con la speranza, l’ha ficcata sotto terra come una bomba benefica. Così, il bene più dirompente muove dal basso. Cosa abbiamo visto? – chiedo ai miei figli. Abbiamo visto un maestoso Angelo del Cielo che se ne sta acquattato in una grotta, capace di contenere l’infinita Misericordia di Dio.

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