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Elise Lindqvist: La Madre Teresa delle prostitute in Svezia

ELISE LINDQVIST
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Vatican News - pubblicato il 04/07/19
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È possibile perdonare? In Svezia, da bambina fu vittima di abusi, e dopo la fuga da casa finì nella rete della prostituzione, per poi cadere nella dipendenza da alcool e droghe. E’ stata vittima di violenze. Oggi, migliaia di persone la chiamano l’“Angelo delle prostitute di Malmskillnadsgatan”, una delle strade del centro di Stoccolma; a volte anche la “Madre Teresa delle prostitute”. Questa è la storia di Elise Lindqvist, e del mistero del perdonoLa domanda nasce spontanea quando la incontri. Com’è possibile? Com’è possibile che questa donna, che fin dall’infanzia in Svezia ha vissuto vicende tanto drammatiche, abbia gli occhi che trasmettono solo una profonda pace e gioia?

Voglio incontrare il Papa

Incontro Elise Lindqvist al suo arrivo a Roma: è venuta per salutare il Papa al termine di un’udienza, nel mese di maggio. Ha un solo desiderio: “Voglio ringraziare Papa Francesco per la sua battaglia contro la tratta degli esseri umani”.

Elise Lindqvist ha la stessa età del Papa: entrambi sono nati nel 1936. Ha anche la sua stessa instancabile grinta, sebbene raccolta in un corpo di appena 1 metro e 50. Per riuscire a dare meglio la mano a Francesco, dopo l’udienza, Elise sale un grandino sulla transenna. “Ho sentito parlare di te”, le dice il Papa, “fai un lavoro meraviglioso!”. Lui si riferisce alle notti trascorse da Elise a dare sostegno e consolazione alle donne di strada a Stoccolma. Da oltre 20 anni le cerca per dare loro sostegno, fare loro da madre e ricordare loro che c’è una vita oltre la strada. E lei questo lo sa bene, perché era una di loro.

Un’infanzia drammatica

Elise Lindqvist nasce in un piccolo villaggio svedese, e dall’età di 5 anni gli abusi sessuali diventano parte della sua vita quotidiana. Lei sottolinea che non era il padre ad abusare di lei, ma persone vicine alla famiglia. Spaventata, ubbidiva, convinta che ciò facesse parte di tutto quello che i bambini dovevano sopportare. “Quando mi dicevano di venire a mangiare a casa loro, sapevo il prezzo che dovevo pagare. Dopo correvo via, con la minaccia che sarei stata uccisa se avessi raccontato”. Il dolore provato da Elise era causato dal non potersi fidare di nessun adulto: era stata abbandonata da tutti coloro che avrebbero dovuto difenderla. Addirittura la madre guardava da un’altra parte mentre gli uomini la portavano in un’altra stanza. A scuola, il maestro mandava gli alunni fuori in cortile per la ricreazione, mentre a lei diceva: “Elise, resta qui!” Suo padre era l’unico che a volte la prendeva in braccio e le diceva: “la mia piccola”. Da tutti gli altri, invece, veniva punita per essere “brutta e stupida”. “Penso che senza quelle piccole manifestazioni di tenerezza di mio papà non sarei sopravvissuta”. Ma con la morte del padre, avvenuta quando Elise aveva 10 anni, la vita diventa per lei ancora più dura. Il nuovo compagno della mamma fa abuso di alcool e aggredisce continuamente Elise. “Un giorno mi punta il fucile addosso, e io, a soli dieci anni, lo supplico di sparare, perché non volevo più vivere”. Ma il fucile è scarico e l’uomo spara a vuoto. “Il Signore mi voleva viva, anche se ancora non sapevo della sua esistenza”.

“Quanto sei bella”

A quattordici anni scappa di casa e arriva in una città, dove una famiglia buona si prende cura di lei. “Quando la mamma della famiglia mi spogliò la prima sera, pensai rassegnata che tutto sarebbe continuato anche qui. Invece, mi spogliò soltanto per lavarmi, e lo fece in modo molto delicato”. Elise, a questo punto della storia, diventa molto seria. “Quello che mi succede adesso, è quello che succede a migliaia di ragazze oggi. I papponi riconoscono le vittime perfette e sanno come acchiapparle”. Nel caso di Elise, si trattò di una donna che un giorno le si avvicinò e le disse: “Come sei bella…”
“Era una bellissima signora. Nessuno fino ad allora mi aveva mai detto ‘bella’, e in un attimo caddi totalmente in suo potere. Avrei fatto qualsiasi cosa per lei. La chiamavo ‘mamma’, e lei mi comprava vestiti e trucchi. Un giorno mi disse che avrei dovuto lavorare per lei, vendendo il mio corpo ai suoi clienti. Avevo 16 anni, e ho ubbidito.”
Elise non sa esattamente quanti anni ha lavorato per questa signora. Si ricorda solo come ha smesso, dopo aver subito una violenza particolarmente forte da parte di un cliente. Tornò dalla sua padrona e le disse che non ce la faceva più a prostituirsi. “Sono stata fortunata. Se oggi una ragazza si rifiuta di continuare a prostituirsi, viene uccisa e il suo corpo sparisce. La mia padrona ha aperto la porta e mi ha buttato giù dalle scale: ‘Non hai più niente da fare qui’”.
A questo punto, Elise inizia a vivere come una senza tetto, prendendo il cibo dai bidoni della spazzatura per strada. “Conoscevo solo rapporti distruttivi, e finivo con uomini violenti. Per consolazione mischiavo alcool e pasticche, e cadevo in una dipendenza sempre più disperata”.

La luce di Gesù

La guardo e vedo un viso che esprime solo pace e gioia. Non c’è traccia del suo racconto drammatico, nessuna amarezza né rancore. “Nel 1994, vengo ricoverata in un centro di recupero. Tutti avevano paura di me. Appena qualcuno si avvicinava, lanciavo dei calci, e se vedevo un uomo, gli sputavo e gridavo parolacce. Conoscevo solo la rabbia”. Elise racconta di come per lei, in questo centro, le persone si comportassero in modo strano. “Tutti sorridevano. All’inizio mi dissi che ero sicuramente finita in un manicomio. Quei sorrisi erano provocanti… Dopo un po’, iniziai a pensare che la ragione di quei sorrisi fosse sicuramente un uso di fantastiche sostanze chimiche, e per questo cominciai a chiedere le ‘pasticche’ che prendevano loro”. Invece, al posto delle pasticche, quelle persone portarono Elise in una cappella e cominciarono a pregare per lei. Diffidente e chiusa, Elise assisteva, ignara di cosa stessero facendo intorno a lei.
“Non sapevo niente di Dio, e della preghiera: per me la Chiesa era un posto di morte.” A un certo punto, avviene quello che lei descrive come un “intervento soprannaturale”. Ho avuto la sensazione fisica di fare una doccia, ma una doccia di luce e di pace. Gesù era l’unico che poteva guarirmi: ero un caso umano impossibile. E così è stato. In quel momento, io sono ‘nata’. E quando oggi mi chiedono quanti anni ho, io rispondo ’25’: 25 anni fa Gesù mi ha dato la vita e ho imparato a camminare nel suo amore.”

Niente guarigione senza perdono

Qualche mese più tardi, quando si era abituata a vedere con occhi nuovi, compiendo i primi passi del suo cammino di fede, il padre spirituale di Elise le confida che deve fare un passo ulteriore: deve perdonare! “Di nuovo, ho reagito presa da una forte rabbia. Come poteva pretendere che avrei dovuto perdonare il male che tante persone mi avevano fatto?” Elise, a questo punto, racconta di come le hanno spiegato che non sarebbe mai potuta guarire se non avesse perdonato. “È stato un processo lungo e doloroso, sempre in cappella a pregare, nome dopo nome. Da ultimo, sono riuscita a perdonare mia madre, che non mi ha amato e non mi ha difeso. Ho capito che non era in grado, e che anche lei, a sua volta, era una vittima”.

ELISE LINDQVIST

fot. archiwum autorki

L’Angelo delle prostitute

Da oltre 20 anni, Elise Lindqvist utilizza la sua drammatica esperienza per aiutare altre donne: “La prima volta che sono uscita di notte, sulla famosa via delle prostitute di Stoccolma, la Malmskillnadsgatan, ho visto me stessa, e ho capito che questa era il posto dove dovevo operare”.

La sua opera consiste nell’essere una presenza materna, costante: una persona che ascolta, abbraccia, porta qualcosa da bere e offre indumenti per riscaldarsi nelle fredde notti invernali.
“Ogni volta che riesco a salvare una ragazza dalla strada, quello è per me il premio più bello, ma la mia presenza serve soprattutto a dare consolazione e coraggio; a far sapere loro che c’è chi le ama, e che non sono sole”, racconta. “Mi chiamano “mamma”.
Il 18 ottobre 2016, in occasione della Giornata europea contro la tratta degli esseri umani, Elise è stata invitata a parlare al Parlamento Europeo. Nel suo discorso ai parlamentari, ha sottolineato le responsabilità delle istituzioni: adottare risoluzioni concrete che bandiscano totalmente la tratta degli esseri umani, dal momento che tutti gli Stati membri sono consapevoli del problema.
“Ho concluso dicendo che tornerò quando compirò 90 anni per vedere se hanno tenuto fede all’impegno preso”.
Attraversando la Piazza alla fine dell’Udienza, le chiedo perché zoppica, e lei risponde di sfuggita: “Mi hanno buttato giù da una scala mobile qualche tempo fa. A certe persone, la mia presenza vicino alle prostitute dà fastidio”.

Qui l’originale di Vatican News