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Come mantenere il “Sì” che ho dato a Dio?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 01/07/19

Quando il desiderio iniziale si è indebolito e la fermezza vacilla...

Sembra impossibile che qualcuno possa avere la forza di seguire un’altra persona. Le forze scarseggiano. Il desiderio iniziale si indebolisce col passare del tempo. La decisione tanto solida inizia a vacillare, sorgono i dubbi e la paura.

La chiamata a seguire Gesù ha la forza del primo amore. Seguo colui che il mio cuore ama. Mi commuove il grido di quel giovane a metà del cammino: “Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: ‘Ti seguirò dovunque tu vada’”.

La voce emerge tra la folla. Una voce che si separa da tutte le altre. Non c’è chiamata, Gesù non pronuncia il suo nome. Ma lui vuole seguire Gesù. E grida.

È un desiderio carico di fuoco e di vita. Anch’io voglio seguire Gesù ovunque va. Questa frase ha caratterizzato il mio sacerdozio fin dall’inizio.

Dalla mia ordinazione, sono state le parole che hanno motivato i miei passi. Volevo seguire Gesù, non importava dove. Non mi sarei concentrato sul cammino. Volevo solo andare con Lui.

Nella mia vita non ci sono forse persone al cui fianco vale la pena di stare, indipendentemente da dove vanno?

Con qualcuno è così. È così con Gesù nella storia del mio cammino. Non importa dove, ciò che conta è andare con Lui.

Fin dall’inizio della mia vocazione quel desiderio ha fatto presa nella mia anima. Poi ho avuto paura. Mi terrorizzava l’idea di prendere strade sconosciute che mi allontanassero da qui, dall’ora. Dalle mie radici, dalle mie sicurezze. Dai miei, da quelli che costituivano la mia famiglia.

Ho temuto che mi mancassero le forze per rimanere saldo nel mio “Sì” all’incrocio delle tante strade. Ho dubitato che mi piacesse davvero il nuovo sentiero lungo il quale Gesù mi conduceva.

Mi fanno paura quelle strade nuove che non conosco. Mi spaventano le sorprese, l’ignoto. E allora temo di scoraggiarmi e di perdere la speranza.

Oggi dico nuovamente a Gesù che lo seguirò ovunque vada. Che andrò dietro a Lui perché non voglio restare solo. Come dice una canzone, “Signore Gesù, non lasciarmi mai. Signore Gesù, dà luce ai miei passi”.

Voglio che mi mostri sempre il cammino. Non voglio dubitare né temere. Ma sono fragile e dubito. È la verità. Cerco delle scuse.

A volte voglio fare altre cose prima di compiere un passo nuovo: “Lasciami prima andare a seppellire mio padre. Lasciami prima congedarmi da quelli di casa mia”.

Questi desideri tanto umani sembrano giusti. Ci sono sempre ragioni per seguire i miei passi e non i suoi. C’è sempre un’alternativa, un altro cammino possibile, diverso da quello che mi propone.

Non voglio anteporre i miei desideri ai suoi. Oggi seguirò i suoi passi. Non so se sono capace di lasciare tutto e seguirlo con la prontezza dei discepoli. Accampo scuse per non farlo. Voglio fare le cose coi miei tempi, a modo mio.

Gesù mi dice: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”.

Ho guardato indietro tante volte. Ho guardato con nostalgia il cammino percorso. O ho pensato alle strade che non sono mai arrivato a percorrere.

Erano cammini possibili nella mia vita in qualche momento. Decisioni importanti. Possibili alternative.

Ora guardare indietro mi fa male. Guardo le mie impronte. Non valgo per il suo Regno quando mi riempio di tristezze passate?

La mia povertà mi impressiona. Dico di sì, che seguirò Gesù ovunque vada. Ma poi mi fermo per la paura, per la stanchezza, e cerco di accampare scuse per non andare avanti, per non continuare a lottare.

Dico di sì con le labbra e allo stesso tempo la mia volontà si tinge di dinieghi taciuti. Per paura, per pigrizia, per trascuratezza.

Il mio primo “Sì” pieno di passione e allegria diventa col tempo un “No” rapido e deciso. La mia volontà salda di quel primo amore si indebolisce quasi senza che me ne renda conto.

E quello che sembrava un “Sì” radicale pieno di vita diventa debolezza, vuoto e peccato. Non faccio il bene che desidero e commetto il male che voglio evitare.

Il mio “Sì” non resiste alla forza del vento, all’impeto delle onde, e in mezzo al mio mare ho paura. La mia barca affonda e si infrange contro le rocce.

E io che volevo essere santo. Solo questo. Santo per fare la volontà di Dio. Santo per essere felice su questa terra come anticipazione del cielo.

Santo per illuminare il mondo con il mio sorriso. Con il sorriso di Gesù sulle mie labbra. Per questo ho preso il suo cammino seguendo i suoi passi.

Avrò fatto bene a seguire questa strada? Altre mi avrebbero reso più felice? Quella che sto vivendo è la massima felicità a cui posso aspirare in questa vita?

La santità si gioca nel mio “Sì” rinnovato: “Ti seguirò, Signore”. Oggi lo ripeto. È in quel desiderio ardente della mia anima di bambino.

Azzardo da fare i primi passi. Vinco le mie paure e mi metto in cammino, non importa quanto sia difficile.

Come osserva Seneca, “Non è perché le cose sono difficili che non rischiamo, ma sono difficili perché non rischiamo”.

Corro il rischio di seguire Gesù ovunque vada. Non voglio perderlo quando mi attardo cercando di risolvere prima tante cose.

Penso ai luoghi che Gesù sogna per me. Sono quelli che desidera anche il mio cuore, anche se ora non lo sa.

La sua voce diventa carne sotto la mia pelle. Il suo “Sì” alla mia vita si unisce a quello che pronuncio vedendolo apparire nel mio cuore innamorato.

Voglio stare con Lui ora e per sempre. Ovunque vuole che vada, penso di andare con Lui. Saprà meglio di me cosa mi conviene di più.

Sa quello che mi aspetta. È già stato dove il mio sguardo non giunge.

Non ho dove reclinare il capo. Non importa. È quello che significa seguire Gesù. Confido nel suo amore. Egli sa tutto e vuole che la mia vita sia piena. O che altre vite siano piene grazie alla mia.

Vuole che la mia luce arrivi a molti. Salirò sulla mia barca. Lascerò che mi guidi. Che le onde segnino il cammino. Mi fa paura, ma seguo i suoi passi. Dubito, ma non mi fermo.

Voglio seguire i passi di Gesù, e grido perché protegga i miei passi: “Proteggimi, Dio mio, in te mi rifugio. Dico al Signore: ‘Tu sei il mio bene’”.

Voglio essere suo profeta. Voglio confidare in tutto quello che farà con le mie mani. Dio passa accanto a me e mi chiama.

“Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello.
Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa”.

Eliseo lascia i buoi e diventa profeta. Diventa voce che grida nel deserto. Parola che cambia la vita degli uomini.

La chiamata a seguire Gesù è così. La vocazione che mi porta a seguirlo è così. Una canzone lo esprime bene:

“Voglio essere tuo amico, Gesù, voglio essere tuo amico. Trovare il tuo giogo dolce e il tuo carico leggero e portare ovunque, nel mio corpo e nella mia anima, la tua vita in primavera”.

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